“Contiene veleni tossici che alterano gli ormoni e possono danneggiare i bambini”: l’allarme choc negli studi sulla pellicola alimentare
- Postato il 18 agosto 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sembra un gesto innocente: un lembo di pellicola trasparente srotolato con un colpo secco per coprire un piatto di pasta, uno sformato o dei biscotti. Ma quella sottile pellicola che si adagia sul nostro cibo, liscia e invisibile, è davvero così neutra? Di cosa è fatta, e soprattutto, cosa può rilasciare quando entra in contatto con alimenti caldi e grassi? Dietro la sua trasparenza si nasconde un universo artificiale fatto di polimeri, plastificanti e possibili rischi per la salute di cui si parla ancora troppo poco.
Gli studi
La risposta, come spesso accade, non è semplice né univoca. Le pellicole alimentari più comuni in commercio sono principalmente realizzate con due materiali distinti: il cloruro di polivinile (PVC) e il polietilene (PE). Queste due plastiche differiscono significativamente sia per la loro struttura chimica sia per il comportamento a contatto con gli alimenti. Il PVC, grazie alla sua maggiore flessibilità e capacità di aderire efficacemente, è molto utilizzato nella grande distribuzione alimentare perché sigilla meglio i cibi. Tuttavia, per ottenere questa elasticità, richiede l’aggiunta di specifici additivi chiamati ftalati. Queste sostanze sono note per essere interferenti endocrini, cioè in grado di alterare il sistema ormonale umano, con effetti potenzialmente dannosi anche per i bambini e le donne in gravidanza. Proprio per questo motivo, l’Unione Europea ha vietato l’uso di alcuni ftalati nei materiali destinati al contatto con gli alimenti, riconoscendo i rischi che queste sostanze comportano per l’uomo e gli ecosistemi, come confermato dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA).
Anche l’Istituto Superiore di Sanità sottolinea che gli ftalati agiscono come interferenti endocrini, con conseguenze per la salute molteplici, che comprendono alterazioni dell’apparato riproduttivo maschile e femminile, disturbi tiroidei, problemi immunitari, effetti neurocomportamentali e metabolici, tra cui obesità e diabete.
Il polietilene (PE), invece, non richiede l’aggiunta di ftalati per essere lavorato. Tuttavia, anche il PE non è completamente esente da rischi. Una revisione scientifica pubblicata nel 2023 sulla rivista Science of the Total Environment ha identificato 211 sostanze chimiche migranti da materiali a contatto con alimenti, molte delle quali superano i limiti di sicurezza stabiliti dalle normative europee.
La situazione, poi, si complica quando la pellicola alimentare entra a contatto con cibi ricchi di grassi o caldi, poiché queste condizioni facilitano la migrazione di sostanze chimiche dal materiale plastico verso il cibo. In particolare, la pellicola in PVC (cloruro di polivinile) tende a rilasciare una maggiore quantità di ftalati quando viene a contatto con gli alimenti con un alto contenuto di lipidi. Questo perché gli ftalati, a causa della loro liposolubilità, si dissolvono più facilmente quando sono accostati a ingredienti oleosi e grassi.
Inoltre, le alte temperature ammorbidiscono la struttura del polimero, rendendola più porosa e meno stabile, favorendo così ulteriormente il rilascio di queste sostanze.
In sintesi: grassi + calore = migrazione potenziata. È per questo che le pellicole non dovrebbero mai essere usate a contatto diretto con cibi caldi o molto oleosi, soprattutto se non è specificato che siano idonee a queste condizioni.
Coprire con la pellicola un piatto di lasagne appena uscito dal forno o una porzione di sugo caldo, può rappresentare quindi una scelta poco saggia.
Cosa fare, dunque, se vogliamo proteggere il nostro cibo e la nostra salute?
La buona notizia è che esistono alternative naturali e sicure. Le più interessanti, oggi, sono le pellicole riutilizzabili in cera d’api (beeswax wrap) fatte con cotone imbevuto di cera e resina vegetale: aderiscono bene agli alimenti, sono traspiranti e non rilasciano sostanze nocive. Anche i coperchi alimentari in acciaio inox sono un’ottima opzione: resistenti al calore, facili da lavare e completamente privi di plastificanti.
E poi c’è la vecchia e sempre valida scuola popolare: barattoli di vetro con coperchio, piatti capovolti sulle ciotole, strofinacci impiegati per proteggere degli alimenti. Soluzioni che possono sembrare antiquate nell’era degli imballaggi tecnologici, ma che in realtà rappresentano un’alternativa naturale, sicura e sostenibile alla plastica.
Pensiamo al vetro: è inerte, non reagisce con gli alimenti, non rilascia micro o nanoparticelle, è riutilizzabile all’infinito e completamente riciclabile. Usare barattoli di vetro con coperchio per conservare avanzi, zuppe, salse o sughi non è solo una scelta vintage, ma un gesto consapevole che riduce l’impatto ambientale e protegge la salute. Idem per i classici piatti capovolti sulle ciotole: un sistema semplice, economico, a impatto zero, che evita il contatto diretto del cibo con materiali potenzialmente contaminanti, soprattutto quando questo è ancora tiepido o caldo.
Gli strofinacci puliti, in lino o cotone, arrotolati attorno a una pagnotta o appoggiati sull’insalata, assorbono l’umidità in eccesso, lasciano respirare gli alimenti e li proteggono senza soffocarli. Certo, richiedono un minimo di manutenzione – vanno lavati e igienizzati – ma il ritorno in termini di sicurezza, sostenibilità e anche di risparmio economico è davvero significativo. Alla fine, quello che ci insegna la pellicola alimentare è che la trasparenza, quella vera, non sta nel materiale che copre il nostro cibo, ma nelle informazioni che ci aiutano a decidere come nutrire il nostro corpo e proteggere il nostro futuro.
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