Conclave: mediatore, non capo così vogliono il nuovo Papa
- Postato il 7 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Conclave: mediatore, non capo così vogliono il nuovo Papa
Aperto il Conclave, si va verso l’elezione del successore di Papa Francesco che i cardinali vogliono mediatore e non capo in continuità con quanto creato da Bergoglio
Ci siamo quasi. Chi sarà il successore di Papa Bergoglio? Nel corso dei giorni che hanno preceduto il conclave, questa è la domanda che il miliardo e mezzo di cattolici nel mondo continua a porsi in attesa che la fumata bianca sciolga qualsiasi dubbio e faccia capire che forse tutte le previsioni fatte probabilmente erano sbagliate. È una domanda che negli incontri dei cardinali in Vaticano si è andata arricchendo di particolari e interrogativi, tanto che ora ci si deve chiedere, al di là di chi vestirà di bianco, non solo “chi” sarà, ma “come” sarà il nuovo Papa e come interpreterà il mandato petrino. In questo via vai i porporati sono stati sempre più chiari, lucidi e ficcanti nei loro interventi, soprattutto nell’ultima Congregazione generale, la dodicesima, prima dell’ingresso, oggi pomeriggio, nella Cappella Sistina per il primo voto sul prossimo Pontefice.
Nel corso delle assise è stato espresso un pensiero concreto e decisivo per la scelta del prossimo capo della Chiesa. Si chiede che il Papa sia un “primus inter pares”: un pastore non solitario. E che la collegialità debba essere quel filo rosso che lega il Pontefice ai suoi più stretti collaboratori, cioè il Collegio cardinalizio. Perché il nuovo Papa sarà chiamato ad operare in comunione, a camminare insieme, un costruttore di ponti e maestro di umanità e dialogo in particolare con chi collabora alla realizzazione del ministero petrino. I padri, anche quelli della periferia investiti della responsabilità della porpora da Papa Francesco, chiedono che si faccia un passo avanti nella guida della Chiesa universale. In pratica la sfida è la realizzazione di quella sinodalità fortemente voluta da Bergoglio, ma proprio da lui a volte disattesa.
Luci e ombre di un Pontificato durato dodici anni? No, semplicemente la richiesta di mettere a posto tutte le profetiche iniziative che il Papa argentino ha messo sul piatto, in modo sicuramente creativo, ma forse poco organico. Francesco raramente, in occasione di decisioni importanti da adottare, ha convocato in concistoro il Collegio cardinalizio, se non per le nomine dei nuovi porporati. E’ stato semplicemente se stesso, rispettoso della sua indole e in questo senso rivoluzionario, e forse ce n’era bisogno. Basti vedere i criteri con cui ha scelto i cardinali, scontentando i titolari delle sedi che tradizionalmente, come Milano, Venezia e altre metropoli, erano rette da un porporato e che invece non saranno presenti in questo conclave con un proprio cardinale, ma elevando diocesi che prima erano di mero contorno. Ha imposto un bagno di umiltà, rischiando però l’umiliazione.
Sono tante le riforme che Papa Francesco ha avviato e che devono essere ancora portate a compimento, argomenti da far tremare i polsi e che necessitano di essere affrontate con perizia, competenza e preparazione, con il cuore e con la mente: la riorganizzazione, per ora solo parziale, della Curia romana, la legislazione sulla piaga degli abusi nella Chiesa, la gestione economica della Santa Sede, la cura del Creato e le tematiche collegate a tutela dell’ambiente, il ruolo della donna nella Chiesa, i migranti, la comprensione delle diverse sessualità, il dialogo ecumenico e interreligioso e, non ultimo, il lavoro diplomatico per la pace. In questo momento c’è bisogno di riscoprire l’intervento forte della diplomazia vaticana, per interrompere la folle corsa della comunità internazionale verso rapporti conflittuali senza ritorno.
Francesco lo ha fatto con appelli pressoché quotidiani a deporre le armi e ad aprire la strada del dialogo, ma è stato un protagonista solitario e non ascoltato, in un teatro con un pubblico scettico, che lo ha apprezzato umanamente, ma meno come promotore di una diversa organizzazione politica dei rapporti internazionali. Di fronte a questo panorama è opportuno che l’operare in comunione sia il metro di comportamento più idoneo per la Chiesa cattolica. Il Vaticano deve agire da centro promotore nei confronti della Chiese locali per affrontare e comprendere queste ed altre tematiche e chi ne è la guida deve agire di conseguenza, coinvolgendo e coordinando le periferie in un afflato proficuo. Forse si può dire che Papa Francesco è stato l’uomo solo al comando, ma il traguardo si è rivelato troppo arduo e lontano.
I cardinali elettori sono chiamati ora ad esprimere una preferenza nei confronti di chi, questo è stato chiesto, faccia della collegialità la propria missione. Bergoglio ha fatto dei passi importanti e, in quello spirito di continuità e collegamento che c’è sempre stato tra i vari Pontificati, il successore dovrà necessariamente procedere su una strada precisa e senza passi falsi. I conclavisti oggi cominceranno a guardare i confratelli alla ricerca di chi sia una guida spirituale che offra progettualità in spirito di misericordia, sinodalità e speranza. Alla luce degli ultimi interventi preconclave, queste qualità potrebbero far saltare il banco in un rimescolamento sorprendente tra favoriti e outsider, non dimenticando che il Papa deve essere innanzitutto un capo spirituale, che parla ad un popolo distratto, sempre meno presente alle funzioni domenicali, e confermare nella fede il cordone ombelicale che tiene legati a Cristo.
Un’idea condivisa su chi possa essere il prossimo Papa probabilmente ancora non c’è, o se c’era è svanita, e il conclave potrebbe andare avanti più di quanto si pensi, a meno che non si opti, allo scopo di dare al mondo l’immagine di una Chiesa unita e sicura di sé, una soluzione di transizione. Ma sarebbe un pannicello caldo di fronte ad un’urgenza da affrontare subito: trovare stabilità in una Chiesa all’inseguimento di un mondo in continua trasformazione e che continui però a parlare con il nuovo e anche con l’antico.
Emblematica, in tal senso, la cerimonia ieri dell’annullamento dell’anello del Pescatore di Papa Francesco, in argento placcato in oro. Il nuovo Pontefice ne avrà uno nuovo, durante la messa di inizio del Pontificato, con l’incisione di San Pietro con le chiavi in mano, il sigillo di piombo e le insegne papali. Un simbolo che rappresenta non solo l’autorità spirituale del Papa, ma anche pastore e prosecutore della missione di guida della Chiesa.
Il Quotidiano del Sud.
Conclave: mediatore, non capo così vogliono il nuovo Papa