“Con lui ho capito che il destino è diventare ciò che si è”: Anna Katharina Fröhlich torna a parlare del suo legame con Roberto Calasso
- Postato il 29 ottobre 2025
- Libri E Arte
- Di Il Fatto Quotidiano
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Capelli biondi e mossi, raccolti in cima con due piccole mollette. Lineamenti definiti. Una bellezza che non arretra. Anna Katharina Fröhlich è nata a Bad Hersfeld nel 1971, scrive in tedesco e in italiano, vive a Mornaga, sul Lago di Garda. Con La trama dell’invisibile (Mondadori) ha raccontato, per la prima volta, venticinque anni d’amore con Roberto Calasso, dal loro primo incontro nel 1995 alla Fiera del Libro di Francoforte fino alla sua morte, nel 2021.
Lei nel 1995 ha ventitré anni. È una giovane donna che si muove tra i libri e il rigoglioso giardino della casa sul Garda che cura con la madre. Lui è già l’editore che porta in Italia autori da tutto il mondo sotto il tetto di Adelphi, la casa editrice fondata a Milano nel 1962 insieme a Roberto Bazlen e Luciano Foà. Da quel giorno non si lasceranno più.
Anna Katharina Fröhlich scrive con uno stile intimo e ironico, restituendo il ritratto di un uomo che ha saputo ignorare tutte le convenzioni del mondo letterario e accademico, pur essendone protagonista.
Anna Katharina Fröhlich, qual è il suo primo ricordo, se guarda all’infanzia?
Come attraverso un caleidoscopio vedo congiungersi varie immagini che, appena tento di afferrare, si dissolvono come mercurio: mio padre che mi nutre da un grande barattolo di macedonia, perché il primo piano della casa a Mornaga è sommerso dall’acqua piovana e noi due siamo confinati come in una torre nella mia camera. Poi mi vedo seduta sul seggiolino di una bicicletta su cui mia madre sfreccia sotto i castagni di Francoforte per arrivare a un campo da tennis.
Il 13 ottobre 1995, alla Fiera del Libro di Francoforte, incontra per la prima volta Roberto Calasso. Qual è il primo pensiero se pensa a quel momento?
Non mi viene nessun pensiero. Però mi appaiono alcune immagini di quei primi attimi briosi, eccitanti. Immagini che ho descritto nel mio libro e che devo al fatto di aver annotato il nostro primo incontro nel mio diario.
E invece il primo pensiero quando ci torna ogni anno?
Sono rientrata da Francoforte da pochi giorni. Non ho avuto alcun primo pensiero. Non l’ho mai avuto. Piuttosto, ogni anno, ho sempre tanti sentimenti connessi a tanti ricordi. La fiera non è poi più quel luogo caotico e affascinante che Roberto descrive nel suo ritratto dell’editore serbo Vladimir Dimitrijević che ha conosciuto negli anni Settanta proprio alla Buchmesse. Mi ha sempre inoltre affascinato il pensiero che forse Roberto e io ci fossimo già incrociati in quegli anni quando ero bambina e facevo pubblicità per i libri allo stand della casa editrice del mio padrino. In quel tempo lungo i corridoi, che allora mi sembravano interminabili, non passavano solo Vladimir Dimitrijević, Giulio Einaudi, Siegfried Unseld o Roger Straus ma vagavano scrittori eccentrici in lunghi capotti, cappelli, borse piene di libri e sigari o sigarette sempre in bocca. L’aria era febbrile, calda, altamente divertente e anche sexy in confronto all’aria noiosa e sterile che tira oggi.
Una serie di coincidenze attraversa il vostro legame fin dall’inizio. Quel giorno, a Francoforte, sua madre vuole conoscere Calasso perché interessata a tradurre “La casa della vita” di Mario Praz, pubblicato in Italia da Adelphi. Calasso ha fatto la sua tesi di laurea con Praz.
Cristina Campo parla di “amabili coincidenze”. Gettando però uno sguardo all’indietro il fatto che mia madre volesse tradurre il libro di Mario Praz mi sembra come l’incipit di un susseguirsi di casualità che invece formano un’impressionante catena di coincidenze. A cominciare dai libri che mi hanno circondato sin dall’infanzia, come quelli di Joseph Roth, Alfred Kubin o Robert Walser. Libri fondamentali per Roberto e per Adelphi. Fino alla passione di mio padre per Schubert e Kafka, che furono altrettante passioni calassiane. Oppure alla mia iniziazione, a sette anni, nel fervore religioso dell’India, un paese che ci collegò immediatamente nella nostra prima conversazione e che portò Roberto a chiedermi se volessi tradurre “Ka”, il suo libro sugli dèi e i miti indiani. Il nostro amore era “un’impresa fondata sull’affinità”, come scrisse Roberto a proposito di Adelphi. Un’impresa di mirabili connessioni, di quei bandhu di cui parlano i veggenti vedici, quei fili che legano tutto a tutto.
Che cos’è per lei il destino?
Riprendendo il filo delle coincidenze il destino è sicuramente legato a invisibili corrispondenze e convergenze. In verità non saprei cosa sia il destino, se non il diventare ciò che si è. E il diventare ciò che si è avviene spesso attraverso una lettura, un amore, un luogo o attraverso la conoscenza di un dio. La musica (penso in questo momento al “Trio No. 2, Op. 100” di Schubert) o la lettura di un libro come “L’abbandono alla Provvidenza divina” di Jean-Pierre sono, a mio avviso, vocazioni che seguiamo per diventare ciò che siamo.
Perché La trama dell’invisibile?
La parola trama implica meravigliosamente tutta l’opera di Roberto Calasso. Che rappresenta una fitta narrativa. Un’intricata trama di storie: greca, indiana, europea. E poi storie su cantastorie, scrittori, poeti, pittori, pensatori, visionari, mistici, santi, ballerine, animali. Mentre l’invisibile è ciò attorno a cui ruotano i libri di Calasso. Quella potenza divina su cui Aristotele, nella “Metafisica”, si ruppe il capo: “Se il divino è qualcosa, non può che essere ciò che avvolge l’intera natura”.
Che insegnamento le ha lasciato la grande opera di Calasso e quanto ha pesato sulla sua affermazione come scrittrice?
È un po’ noioso e paludato parlare di insegnamento. Come navi cariche verso porti lontani i libri di Roberto mi portano, ogni volta che li leggo, verso vari orizzonti: l’India e i suoi miti, la Grecia e le sue divinità, la Mesopotamia e le sue tavolette del destino, Parigi e Flaubert, Proust o Baudelaire. Non smetto di ordinare volumi di autori che trovo negli indici della sua opera, di cui ogni libro si apre su innumerevoli altri. Come potrebbero pesare su di me i suoi scritti, da cui traggo sempre qualcosa di essenziale? Forse, agli occhi di chi ci conosceva, vivevo e scrivevo nella sua ombra, anche perché non ho mai vissuto a Milano, ma a Mornaga: un luogo fantastico, nel senso adelphiano, dove ho vissuto una vita un po’ slegata dal mondo, dedicando il mio tempo al lavoro in giardino, alla lettura e alla scrittura, attività che richiedono tempo, concentrazione e dedizione.
Calasso viveva a Milano. Lei a Mornaga. Nella vostra relazione durata venticinque anni ha pesato, o col tempo ha fatto emergere difficoltà, questa distanza?
Di norma la distanza tra due esseri che si amano è salutare perché non nascono nevrosi o ossessioni come in una stretta e qualche volta soffocante vita coniugale. Poi Milano dista solo 135 km da Mornaga: un salto di gatto, come dicono i tedeschi. Appena poteva Roberto veniva sul lago. E quando era possibile lo raggiungevo con Josephine (28) e Tancredi (18). I nostri due figli.
Lei ha detto che scrivere questo libro è stato “un lavoro di lutto”. Cosa voleva dire di preciso?
Un lavoro di lutto perché, come Persefone negli inferi, sono scesa, immergendomi nella lettura dei miei diari, nel passato, riaccendendolo. È stato un lavoro doloroso, un vero lavoro di lutto.
Il suo libro è anche una lunga enciclopedia di nomi, incontri, libri, viaggi, città.
Non lo chiamerei enciclopedia, parola che emana una pesantezza accademica. Il mio libro è un racconto dei primi due anni del nostro amore in cui ho conosciuto, attraverso Roberto, libri nuovi, nomi nuovi, volti nuovi, circostanze e città nuove. E se per caso conoscevo già le città che visitammo insieme le vedevo comunque attraverso uno sguardo nuovo.
Ha paura della morte?
Certo.
Se dovesse essere lei, ora, a fare una domanda a Roberto Calasso, cosa gli chiederebbe?
Non avrei una sola domanda da porgli, ma centinaia. Si tratta quasi sempre di domande su scrittori e sui loro libri. Però, sì, una domanda terribile me la porto dentro. Ma non posso rivelarla.
Mi dica se sta scrivendo qualcosa.
Ho appena iniziato a rivedere la traduzione dal tedesco all’italiano del mio romanzo “Kream Korner” che uscirà in primavera sempre con Mondadori.
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