Coincidenze

  • Postato il 19 febbraio 2025
  • 0 Copertina
  • Di Il Vostro Giornale
  • 3 Visualizzazioni
pensiero altro 19 febbraio 2025

“Anche se parliamo tanto di coincidenza, non ne siamo realmente convinti. Nel fondo dei nostri cuori riteniamo che l’universo sia migliore, siamo segretamente convinti che esso non sia tanto disordinato e casuale, e che ogni cosa in esso abbia un significato”; è quanto sostiene lo scrittore inglese Joseph Boynton Priestley. Credo che l’osservazione colga un aspetto centrale nell’approccio della nostra specie alla vita, prospettiva dettata da un elemento presente in misura diversa a seconda del contesto socio culturale nel quale cresce il soggetto, ma comune nell’essere umano indipendentemente dal colore della pelle, dall’età o dal genere: il bisogno di credere in un progetto che, comunque, consenta la possibilità di riconoscere un senso nell’esistenza umana e dell’universo intero. La questione non interessa solo i filosofi di professione, è divenuta centrale anche per la ricerca scientifica, ci basti pensare alle posizioni di Einstein e di Hawking che, infatti afferma: “Einstein sbagliò quando disse: “Dio non gioca a dadi”. La considerazione dei buchi neri suggerisce infatti non solo che Dio gioca a dadi, ma che a volte ci confonda gettandoli dove non li si può vedere”. Con assoluta modestia mi sembra corretto far notare che per entrambe i grandi fisici permane una radice concettuale e di “paradigma scientifico”, per dirla con le parole di Kuhn, e mi riferisco evidentemente al fatto che, sia che non giochi a dadi sia che si diverta a nasconderne gli esiti, Dio è presente e si occupa, più o meno amorevolmente, della sua stessa creazione. Profondamente diverso sarebbe concepire l’universo e l’umanità come il risultato di coincidenze del tutto casuali e non volute e determinate dalla volontà di un progettista più o meno dispettoso e attento agli esiti del suo trastullo; non è un caso se la scienza, che troppo sommariamente è spesso indicata come antitetica alla fede, si esprima con parole come quelle appena citate o, per completare il quadro, come quelle di Max Planck: “Tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza che fa vibrare le particelle di un atomo e che tiene insieme il minuscolo sistema solare dell’atomo. Dobbiamo supporre l’esistenza di una mente conscia e intelligente dietro a questa forza. Questa mente è la matrice di tutta la materia.”

Il fatto che la gran parte del mondo scientifico più celebrato sostenga la tesi del grande progetto non ci esime dal diritto di ricercare una possibile e altrettanto lecita visione attraverso un “pensiero altro”: non credo sia lecito sovrapporre la necessità della minuscola logica umana a un verità assiomatica, limitiamoci, piuttosto, a provare a intraprendere il nostro incerto cammino senza il gravame di risposte predefinite che andiamo a cercare, offrendoci la possibilità di incontri inattesi, insomma, ricorrendo alle metamorfosi nietzscheane, a “scendere nell’acqua sporca, purché sia l’acqua della verità, senza respingere rane fredde o caldi rospi”. Mi sembra interessante riportare il conflitto che, almeno a me così pare, abita le parole di Hawking quando afferma che “L’universo può crearsi dal nulla sulle basi delle leggi della fisica” per poi aggiungere che l’obiettivo della sua ricerca è la comprensione della ragione della sua esistenza; anche nel caso si riuscisse a conoscere per intero il “come” sia ciò che ora è il tutto, ciò che è stato nel suo cominciare e divenire e addirittura come si trasformerà, saremmo arrivati alla conoscenza del “come” senza aver fatto nessun passo avanti circa il “perché”! Mi sembra che, ancora una volta, ci si possa riconoscere nell’imbarazzo di Voltaire quando afferma che non gli è possibile concepire il meraviglioso orologio dell’universo senza porre la necessità di un orologiaio.

Non posso che andare col pensiero alle semplici interrogazioni che il pastore del “Canto notturno” leopardiano rivolge a se stesso e alla luna, alter ego dell’orologiaio voltaireiano che possiamo parafrasare così: “Luna, eterna peregrina, dimmi che senso ha la nostra breve vita umana ma anche qual è il senso del tuo “corso immortale”; e ancora: “esiste una ragione per questa “Solitudine immensa? ed io che sono?”. Certo, una possibile risposta potrebbe effettivamente essere che a un certo momento della sua eterna e omnicomprensiva esistenza il perfetto Logos divino abbia deliberato l’inizio di ciò che siamo e di ciò che abbiamo nominato come universo, che un ordine assoluto sia fondamento del tutto, oppure che, come afferma l’oscuro Eraclito nel frammento 81 “d’imbroglioni fu duce Pitagora” e sia solo il caso l’essenza più intima del tutto, insomma, saremmo così solo insignificanti coincidenze delle infinite possibilità del caso: ebbene, se così fosse questo ci ridurrebbe nel nostro valore o assolutamente ci metterebbe al centro del tutto? Per chiarire questa diversa prospettiva vorrei brevemente sviluppare un ragionamento bicipite, senza nessuna arrogante pretesa di proporre alcuna verità che sia rana fredda o caldo rospo, ma solo per soddisfare il più alto bisogno dell’essere umano: impiegare nel modo più libero il proprio pensiero e confrontarsi con i consimili. Ricordo la nascita di un intensissimo amore descritto da Kundera in “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, ebbene, si chiedeva l’autore, e con lui noi ora: l’incredibile catena di coincidenze che hanno determinato l’incontro tra Tereza e Tomas fino al momento, apparentemente insignificante, di un brontolio nella pancia della giovane cameriera che determina una svolta fondamentale nel rapporto, rendono quella relazione insignificante? Banale effetto di un istante biologico particolare? Irrilevante poiché non deliberata consapevolmente? O, al contrario, assolutamente libera poiché concessa all’emozione non controllata da intelligenza, volontà, esperienza, saggezza? Nel secondo caso dovremmo necessariamente riconoscere la volontà di un progettista o accettare l’idea che caso e coincidenze siano gli occhi della libertà?

Gli ultimi interrogativi rimandano alla prospettiva sartriana per la quale “L’uomo non è niente altro che quello che progetta di essere”, ottica nella quale il soggetto si fa carico della stragrande percentuale di responsabilità di tutto ciò che gli accade in quanto artefice della propria esistenza attraverso le proprie azioni. Come non riconoscere il secondo volto del nostro argomentare: se davvero esistesse un progetto con relativo progettista, che percentuale di libero arbitrio rimarrebbe all’individuo? E peggio ancora, seguendo le tracce di numerose religioni, certo non ultima quella cristiana, com’è mai possibile che nella perfezione e nell’assoluta bontà del progetto ogni qualsiasi “deviazione” sia da intendersi tanto più colpevole quanto più libera? Una risposta estremamente razionale la offre il pensiero hegeliano suggerendo di osservare a ritroso il cammino percorso così da poter, se non addirittura dover, riconoscervi una vincolante necessità logica, ma non convince per niente sostenere che tutto quanto accaduto, in quanto accaduto, non poteva che essere ciò che è stato, in questa prospettiva ancora una volta ci ritroveremmo prigionieri del circolo vizioso di un pensiero che sa solo concepire, comprendere e giustificare se stesso. Com’è possibile l’arroganza che suggerisce di avere addirittura la certezza che essere e pensiero coincidano? E poi, il pensiero in senso assoluto esiste senza il soggetto che lo pensa e, inevitabilmente, lo trasforma da pensiero in pensato? I filosofi laureati staranno di certo sorridendo dall’alto della loro conoscenza dei grandi temi ontologici, ma noi, comuni umani pensanti più umilmente possiamo chiederci: nel momento in cui amo sono davvero libero poiché tale sentimento è determinato da circostanze casuali o lo sarei solo nel caso in cui decidessi di amare? È possibile decide di farlo oppure no? Infinite domande e nessuna certezza, intanto sorridiamo alle coincidenze dell’amore.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.

Autore
Il Vostro Giornale

Potrebbero anche piacerti