Cittadinanza, non si capisce perché limitare la naturalizzazione per i coniugi degli italiani residenti all’estero

  • Postato il 2 maggio 2025
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“La cittadinanza deve essere una cosa seria”. Lo dice il Ministro degli Esteri Antonio Tajani che, con un Decreto Legge del 28 marzo 2025 e la presentazione di due disegni di legge, intende mettere ordine nelle richieste di cittadinanza che stanno intasando comuni e tribunali italiani.

Come documentato in una recente puntata di PresaDiretta di Riccardo Iacona, l’intasamento è determinato dell’aumento esponenziale delle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis da parte di cittadini stranieri che possono annoverare almeno un avo italiano. Il Decreto Legge limita questo riconoscimento alla presenza di un nonno italiano e lo esclude per chi, per esempio, possa vantare solo un trisavolo e questo appare abbastanza ragionevole nei confronti di persone che non sono mai state in Italia, non hanno nessuna intenzione di venirci e neppure sanno dove il provvidenziale trisavolo sia nato.

Purtroppo la ragionevolezza finisce con il decreto e non si manifesta nel Disegno di Legge n.1450, uno dei due approvati, il 28 marzo, in Consiglio dei Ministri e già assegnato alla 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede redigente, quindi con iter più rapido. Tra le varie modifiche alla legge attuale, il ddl ne prevede una che toglie la possibilità di una naturalizzazione facilitata per i coniugi di cittadini italiani residenti all’estero. Detto in soldoni: mogli e mariti di cittadini italiani residenti all’estero che, dopo tre anni di matrimonio, potevano chiedere la cittadinanza italiana, non potranno più farlo se non trasferendosi in Italia per almeno due anni.

Il tutto in omaggio alla “esigenza generale di assicurare che la cittadinanza sia accordata a fronte di un effettivo legame con la comunità nazionale e non con meri legami di discendenza o di coniugio” e al fatto che “non sarebbe coerente con l’impianto generale dell’intervento normativo in esame garantire la naturalizzazione a stranieri residenti all’estero per il solo fatto del legame coniugale con cittadino italiano, spesso anch’egli residente fin dalla nascita all’estero”.

Peccato che ormai, forse altrettanto spesso, risiedano all’estero tanti italiani che in Italia sono nati, sono vissuti, non hanno trovato lavoro in patria e sono emigrati, mettendo su famiglia e conservando forti legami con l’Italia. Spesso questi italiani sono stati considerati troppo “choosy”, ovvero schizzinosi (copyright ministra Fornero) perché, dopo anni e anni di studi, non sono rimasti in Italia accontentandosi di un impiego precario come lavapiatti, quindi “gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi” (copyright ministro Poletti). Avere poi tra i piedi anche i loro coniugi pareva davvero troppo.

Conviene di più tener d’occhio la discussione che dovrebbe portare alla conversione in legge del Decreto Ammazzatrisavolo. Sulla sua strada si è messo di traverso lo spettro del giro di quattrini generato dalle agenzie private che si occupano, a pagamento, di tutti gli aspetti relativi ai documenti richiesti agli aspiranti cittadini, muniti di avo italiano, sparsi per il mondo. È facile immaginare la pressione per emendare il decreto da parte di chi ha legittimamente costruito organizzazioni con centinaia di dipendenti, ormai vicini al licenziamento, dopo che il lavoro si è improvvisamente fermato e i consolati italiani non accettano più nuove richieste di cittadinanza iure sanguinis.

Pare però che qualcosa si stia muovendo: un indizio si trova sul sito del consolato italiano a Buenos Aires, che segnala con grande risalto: “Ripresa appuntamenti per presentazione istanze per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis e riprogrammazione appuntamenti sospesi nei giorni dal 31 marzo al 7 aprile compreso”.

Del Disegno di Legge che riguarda i coniugi di cittadini italiani pare invece che non importi niente a nessuno: di solito i diretti interessati non si rivolgono ad un’agenzia, la richiesta la fanno direttamente al consolato competente. Non hanno bisogno di aiuto per la lingua, né di ricerche complicate sull’albero genealogico per identificare il trisavolo italiano: infatti il coniuge cittadino italiano è lì, vive con loro e non c’è bisogno di costosi aiuti esterni per trovarlo.

Dunque, che fare? Se il Disegno di Legge non subisce modifiche perché nessuno ha interesse a fare pressioni per ottenerle e invece il Decreto decade o viene emendato in modo più favorevole agli aspiranti cittadini italo-discendenti, non resta che una strada: rinunciare a chiedere la cittadinanza per matrimonio con un italiano, cercarsi un avo italiano, magari a pagamento, tramite agenzia e, una volta trovato (gli italiani sono emigrati in tutto il mondo e sono stati molto prolifici), presentare richiesta di cittadinanza iure sanguinis.

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Il Fatto Quotidiano

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