Cinque artisti emergenti intervistati dal grande artista Roberto Cuoghi. Primo dialogo con Arianna Ladogana 

  • Postato il 7 novembre 2025
  • Arti Visive
  • Di Artribune
  • 1 Visualizzazioni

In occasione della sua mostra alla Fondazione Pascali di Polignano a Mare, Roberto Cuoghi (Modena, 1973) al quale quest’anno l’istituzione pugliese ha conferito il premio dedicato a Pascali e nato nel 1969 su volontà della sua famiglia, ha realizzato un progetto speciale. Rinunciando a esporre anche negli spazi della chiesa sconsacrata Exchiesetta, venue parellela e vetrina su strada nel centro storico di Polignano a Mare, Cuoghi ha infatti invitato in collaborazione con l’artista e direttore del museo Giuseppe Teofilo cinque colleghi esordienti del territorio pugliese a confrontarsi in altrettante mini-mostre personali che inaugureranno fino a maggio 2026, data in cui si concluderà il suo solo show a Polignano a Mare.   

I dialoghi tra Roberto Cuoghi e i giovani artisti 

E in un dialogo aperto che in cinque interviste, raccolte con il sottotitolo Sottovetro (a rievocare la struttura dello spazio espositivo, ma anche una condizione esistenziale) ha pensato per Artribune. Si parte con la prima artista, Arianna Ladogana, che presenta il suo lavoro tra idrofemminismo, questione meridionale, Intelligenza Artificiale e prospettiva postumana. 

Il dialogo tra Roberto Cuoghi e Arianna Ladogana 

Arianna, ti tocca iniziare. Io mi avvalgo della retorica di aiutare i giovani al sud e tu sei la prima artista di un gruppo di cinque, chiamati ad allestire la propria personale nell’Exchiesetta di Polignano a Mare durante tutta la durata della mia mostra alla Fondazione Pascali. L’Exchiesetta è la vetrina della Fondazione che se ne sta poco lontano, dietro gli scogli. È un piccolo spazio nel centro storico e il tuo intervento può essere solo spiato da fuori. Sarà buonismo, ma è stata l’occasione di incontrarci, diversamente non sarebbe successo.  
Oggi credo che essere artista significhi questo. Trasformare la sensibilità in una forma di pensiero condiviso. Il mio lavoro parte sempre da un’esperienza privata, un ricordo, un odore, una voce, la ripetitività di un suono, ma questa dimensione intima è sempre già politica, perché non esiste un dentro che non comunichi con il fuori. Ogni storia personale è attraversata da forze collettive. La nostra interiorità è un ecosistema, un luogo poroso in cui circolano storie di altri corpi.  

Installation view della mostra di Arianna Ladogana nell’Exchiesetta di Polignano a Mare nell'ambito del progetto di Roberto Cuoghi per il Premio Pascali alla Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare. Foto di © 2025 Marino Colucci
Installation view della mostra di Arianna Ladogana nell’Exchiesetta di Polignano a Mare nell’ambito del progetto di Roberto Cuoghi per il Premio Pascali alla Fondazione Pino Pascali. Foto di © 2025 Marino Colucci

Ecco, rimaneggiare la questione del postumano e del naturale/artificiale, attualizzata con antropocene e idrofemminismo, in che misura è voler bene alla Puglia? 
Pensare la Puglia da una prospettiva postumana e idrofemminista significa spostare lo sguardo: non più il territorio come sfondo ma come organismo sensibile, corpo vivo, materia pensante. La pietra, l’acqua, il vento, le alghe, le plastiche, gli algoritmi, tutto partecipa ad un unico respiro. Il naturale e l’artificiale non sono più separabili. Vivo, come tutti, immersa in uno scroll perenne, un flusso continuo di immagini, suoni e pensieri che scorrono sullo schermo. Lo sguardo che porto è influenzato da una sensibilità femminile, o meglio da un female gaze che attraversa e rigenera i codici della percezione. Penso a Rebecca Horn, Louise Bourgeois, Ivana Bašić, Isabelle Andriessen, Giulia Cenci, Anicka Yi, Anna Uddenberg e la DJ Sophie, nelle loro opere riconosco tensione tra organico e sintetico, tra eros e meccanica, tra fragilità e potenza. La loro presenza alimenta il mio modo di pensare la materia, di farne un linguaggio del divenire. Perciò la Puglia per me è questo: un punto di partenza, un mio modo di stare al mondo. 

Installation view della mostra di Arianna Ladogana nell’Exchiesetta di Polignano a Mare nell'ambito del progetto di Roberto Cuoghi per il Premio Pascali alla Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare. Foto di © 2025 Marino Colucci
Installation view della mostra di Arianna Ladogana nell’Exchiesetta di Polignano a Mare nell’ambito del progetto di Roberto Cuoghi per il Premio Pascali alla Fondazione Pino Pascali. Foto di © 2025 Marino Colucci

Arte e cultura al Sud una riflessione nell’ambito del progetto di Roberto Cuoghi

Se la Puglia è un punto di partenza perché non parti? 
Il centro del mondo sono io, ma non io da sola. Il mio desiderio è restare qui, nella mia terra. Per amore. Restare è la mia forma di resistenza, una scelta poetica e politica. Il futuro non appartiene solo ai centri del mondo, ma a tutte le periferie che sognano, che inventano. Voglio che il mio modo di fare arte sia sempre di più condiviso, collaborativo e co-evolutivo. La casa dove sono cresciuta è proprio davanti all’officina di mio padre. Lì vedevo le stesse auto distrutte diventare nuove, come in un salone di bellezza, e questa magia era opera di mio padre. Mia madre ha sempre assecondato le mie follie, anche se sporcavano i pavimenti. Oggi per me è ancora tutto così; vivo circondata dalla natura nella mia casa in campagna di cui utilizzo uno spazio come laboratorio. Nell’officina di mio padre ho il mio forno per ceramica e una postazione per smalti e finiture. A sostenere le mie follie si è aggiunto il mio compagno e non credo che lui sia tanto lontano da essere un altro artista. Quando lavoriamo insieme lui si immerge così tanto nella ricerca di soluzioni da diventare esperto in quella cosa precisa, e così collezioniamo saperi. Per lavorare ad un’idea devo sentirmi bene. Quando mi cade per terra una ceramica e mi arrabbio devo poter uscire e respirare questa aria. Altrove questo dolce equilibrio non ci sarebbe. 

Torniamo allo scroll? Io sono un maschietto e YouTube mi propone ragazze che fanno Yoga in costume da bagno. Se dimostro interesse si aggiungono i fisioterapisti russi alle prese con adolescenti che hanno ancora i brufoli sulla fronte. C’è un canale sudamericano di una giovane madre che ogni mattina sveglia la figlia in canottiera facendole il solletico. Un altro è il quotidiano di una famiglia di baraccati, il padre fa le riprese e non si vede mai, ma ogni giorno, prima di sera, le sue bambine si lavano in una grande bacinella in cortile. Monetizzando gli accessi al suo canale, il padre baraccato fa la spesa al supermercato, ma da una prospettiva idrofemminista a cosa siamo davanti? 
Siamo davanti ad un intreccio di situazioni che riguardano l’oggettivizzazione e la mercificazione del corpo, un certo voyeurismo, il potere dell’algoritmo, il rapporto tra intimità, sguardo e inevitabilmente la questione legata al genere. Inizi la domanda specificando di essere “un maschietto” e tutti gli esempi riportati hanno come soggetto delle donne. L’idrofemminismo, posto che vada concepito come una possibile lente attraverso la quale guardare cose, utilizza l’acqua come metafora per parlare di corpi interconnessi, fluidi e quindi liberi e indipendenti, svincolati dal riconoscersi in un genere. Negli esempi i corpi delle donne diventano desiderabili, sono materia di consumo e, di conseguenza, vulnerabili. Attraverso le piattaforme online il corpo viene estrapolato da un contesto e spettacolarizzato, utilizzato per uno scopo preciso. Produciamo sudore, beviamo, rilasciamo liquidi, ci immergiamo, ci scambiamo saliva. Pensare con l’acqua significa quindi pensare ad un corpo non come oggetto (utile a qualcuno o a qualcosa) ma come parte indispensabile di una rete interconnessa. 

E comunque la colpa è dell’algoritmo. 

Roberto Cuoghi 

L’articolo "Cinque artisti emergenti intervistati dal grande artista Roberto Cuoghi. Primo dialogo con Arianna Ladogana " è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

Potrebbero anche piacerti