“Ci stanno ammazzando come mosche. Paese più spaventato dal femminismo che dal femminicidio”: l’invettiva della sindaca di Perugia
- Postato il 1 giugno 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Questi sono stati giorni terribili. Finché una donna continuerà a essere uccisa perché donna – perché di questo si tratta, nonostante la fatica e le resistenze che fanno i nostri organi di stampa e che fa la nostra società, si tratta di uomini che uccidono le donne in quanto donne – finché ci sarà anche solo una donna che continuerà ad essere uccisa perché donna, non ci daremo pace. Non ci daremo pace come come istituzioni e non ci daremo pace in quanto donne. Nessuno è pronto a confrontarsi seriamente con quello che sta accadendo”. Comincia così la dura invettiva della sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, delegata Anci alle Pari opportunità.
La prima cittadina, in un lungo video pubblicato sui social, analizza con lucidità e precisione l’ormai triste fenomeno dei femminicidi, dopo la morte della giovane Martina Carbonaro, uccisa dall’ex fidanzatino.
“Non è più ‘una ogni tre giorni’. Ci stanno ammazzando come mosche“, accusa la sindaca, osservando che non si tratta di una “tragedia” o di una “sciagura”. “Non possiamo come istituzione, di fronte a un fenomeno così pervasivo e ricorrente, ogni volta in maniera vigliacca, infrontarci a ciò che succede con stupore”, accusa ancora Ferdinandi. “Non c’è più niente di cui scioccarci, sono tutte forme di resistenza con cui la nostra società cerca di rimandare il dolore di questo fenomeno”, prosegue. Un fenomeno che “non appartiene alla devianza“, e con questo “dobbiamo farci i conti”. Il nemico non è esterno, prosegue, ma “è dentro le nostre case”.
“Il femminicidio è figlio di una cultura, di un modello culturale e sociale, che si chiama patriarcato e non è possibile che il nostro Paese sia più spaventato dal femminismo che dal femminicidio. È un modello culturale che va destrutturato pezzo dopo pezzo”, accusa ancora, sottolineando che “non è più il tempo della resilienza, è quello della resistenza”. Bisogna, continua, “opporsi a ogni forma di sopraffazione e di potere che è la radice su cui poi nasce la violenza di genere”.
L’accento va posto sull’educazione, secondo Ferdinandi, che deve partire soprattutto dalle scuole. “Anche lì ci sono resistenze enormi, bisogna entrare, parlarne, educarli alla cultura del consenso – conclude – Perché altrimenti poi si esce nel mondo e quando si dice no, quando non si governano le emozioni, le proprie pulsioni, non è una sciagura che possa accadere qualcosa di così atroce”.
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