Chiara Ferragni, a pagare il «Pandoro Gate» sono principalmente i suoi dipendenti

  • Postato il 19 settembre 2025
  • Di Panorama
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E così, ci siamo. Dopo anni di sfarzo, feste memorabili, figli super-style, vacanze in posti da fiaba, Chiara Ferragni entra definitivamente nel cono d’ombra. Un abisso aperto con il Pandoro-gate: vale a dire la falsa pubblicità che spingeva i consumatori di Natale ad acquistare i panettoni Balocco ad un prezzo maggiorato perché una parte del ricavato sarebbe andato in beneficenza. In realtà era tutto falso perché la Ferragni, in base al contratto, incassava e basta. Peccato che ora a pagare il conto saranno i dipendenti.

I numeri del crollo

Nel 2023, quando lo scandalo esplose come un fuoco d’artificio, il gruppo che faceva capo alla Fenice (la cassaforte della Ferragni) contava 27 dipendenti. Non tantissimi ma quelli che servivano. Quando è arrivato il momento dei bilanci si è visto che sotto i vestiti non c’era nulla. Nel 2024, il numero di dipendenti è crollato a 13 (un 50% in meno, per i più matematici), e i conti sono diventati un incubo. Il presidente Claudio Calabi, che si è trovato a tamponare le perdite con il mestolo di un bilancio disintegrato, ha fatto la cosa più semplice: ha cominciato a tagliare le spese partendo proprio dal personale. Un bel colpo d’accetta: dall’ultimo resoconto depositato in questi giorni viene fuori che in organico sono rimasti solo sei persone. In pratica, tre dipendenti su quattro sono stati mandati a casa.

Bilanci da incubo

La perdita di immagine ha aperto un abisso. I ricavi di Fenice, infatti, sono crollati da 12,55 milioni di euro a 1,76 milioni di euro secondo l’ultimo rendiconto. E le perdite? Quasi 3,4 milioni di euro. La Ferragni ha cercato di tamponare la falla immettendo 6,4 milioni di euro di soldi propri. Fondi che, a quanto pare, servono più a tenere in piedi la baracca che a risollevare l’intero impero.

Lo stipendio del presidente

Nel frattempo, Calabi, l’uomo che ha il difficile compito di risollevare la nave che affonda, ha anche fatto una scelta interessante. Dopo aver accettato l’incarico, inizialmente senza stipendio, si è preso il suo compenso. E che compenso! Non parliamo di cifre modeste. Dopo essersi presentato come «volontario» ha deciso che il suo lavoro vale ben 220.000 euro annui, retroattivi da gennaio 2025. E, sorpresona, l’assemblea ha approvato ogni cosa con il voto contrario di Pasquale Morgese, ex socio di Chiara che ora ha avviato una battaglia a colpi di carta bollata.

Le prospettive per il 2025

Calabi, nella relazione al bilancio, spiega che «le previsioni per l’esercizio 2025 restano incerte». Per andare avanti punta su una rinnovata struttura di costi e nuove linee di prodotto. Insomma, la solita strategia: tagliare i costi e sperare in un miracolo. La ripresa, infatti, è legata ai tribunali: 1,78 milioni per contenziosi, 2,45 milioni per potenziali battaglie legali con i clienti, e un piccolo gruzzolo di 320.000 euro per perdite legate alle società controllate. In più, l’ex sede di via Turati, ora abbandonata, ha lasciato in dote un altro 160.000 euro di spese. «Prevediamo che i ricavi possano raggiungere il break-even operativo», scrive Calabi, come a dire: «Noi speriamo che ce la caviamo».

Autore
Panorama

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