Cento anni fa nasceva Mario Giacomelli, il fotografo dei pensieri

  • Postato il 26 giugno 2025
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A me piace pensare, io fotografo solo i pensieri
(Mario Giacomelli)

Il grande fotografo Mario Giacomelli nasceva cento anni fa, e in questa ricorrenza la sua unicità, la sua poetica, i suoi contrasti e la sua potenza vengono ora celebrati e presentati in due mostre parallele a Milano e a Roma.
Quella di Milano, a Palazzo Reale (curata da Bartolomeo Pietromarchi e Katiuscia Biondi Giacomelli), visitabile fino al sette settembre, è dedicata in particolare alla sua connessione con la poesia. Un’immersione nel suo mondo tra fotografie vintage print, documenti, lettere e altri materiali.

Se in fotografia ci sono i generi codificati, se ci sono i luoghi comuni, se ci sono le regole di composizione, se ci sono le logiche corporative, se ci sono le strategie di mercato, se ci sono salotti da frequentare, se ci sono le macchine fotografiche da cambiare continuamente, se ci sono invidie e competizioni, ebbene, Mario Giacomelli ha sempre svicolato da tutto questo, frantumando, di fatto, le fragili certezze su cui poggia tutto un “sistema”.
Questo non significa che Giacomelli fosse un ingenuo, un illuso, o un contestatore. Era “semplicemente” un poeta, nella vita e nella visione delle cose prima ancora che in fotografia. Le sue fotografie sono dunque l’esito dei suoi stati d’animo, dei suoi dubbi e anche delle sue paure. Dei suoi pensieri.

Foto autorizzate dall’ufficio stampa della mostra “Mario Giacomelli, il fotografo il poeta” a Palazzo Reale (Milano)

Quel giovane seminarista nella serie dei pretini forse pensa “io non ho mani che mi accarezzino il volto”, e quella vecchia donna nell’ospizio percepisce che “verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Serie fotografiche con titoli spesso presi in prestito da poeti e scrittori a lui cari, quasi sempre realizzate a breve distanza dalla sua Senigallia, visto che il suo lavoro “ufficiale” lo costringeva ad aprire ogni giorno la Tipografia Marchigiana, senza la possibilità di allontanarsi per viaggi lontani quanto per lui inutili. I mondi e le storie sono dietro l’angolo, anche questo è un insegnamento che Giacomelli lascia, specialmente a chi s’illude che le occasioni fotografiche crescano al crescere dei chilometri.

Un irregolare, insomma, sanamente anarchico rispetto a regole dettate dall’alto e a trite consuetudini.
Ma resta, insondabile, il suo grande mistero, la sua grande magia: riesce ad arrivare con infinita potenza un po’ a tutti, addetti ai lavori come persone lontane dal mondo della fotografia. Attraversando i generi e le generazioni, le culture e le differenti sensibilità.

Mario Giacomelli è tra i fotografi italiani più conosciuti e collezionati ovunque, proprio lui che si scherniva affermando di non sapere nulla di fotografia. Leggende e racconti si sprecano perfino attorno alla sua mitica Kobell Press, la macchina fotografica che l’ha accompagnato per quasi tutto il suo cammino, sempre più malconcia negli anni e riparata con spago e nastro adesivo, ma per lui insostituibile.

Resta lì, sospesa e irrisolta, la domanda: quale incantesimo ha saputo praticare Mario Giacomelli per avvincere e colpire nel profondo chiunque attraversi il suo cammino fotografico e umano? Come fa a essere istintivamente capito in maniera così trasversale anche se la sua estetica e il suo messaggio non erano impacchettati e infiocchettati per ottenere un facile successo, come invece oggi spesso viene fatto programmaticamente?

È che la forza – quella forza – o c’è o non c’è, e nessuno può darsela né simularla: essere davvero visionari e poeti non è da tutti, ma sicuramente è da Giacomelli.

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Il Fatto Quotidiano

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