C’è alternativa alla lana animale. Ecco i filati vegetali che sostituiscono la maglia
- Postato il 13 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Sascha Camilli*
Ora più che mai, la Terra ha bisogno che facciamo scelte migliori. Che si tratti di capi per stare al caldo nelle fredde giornate invernali, di abiti sofisticati per attrarre l’attenzione o di attrezzature tecniche per allenarsi, è tempo di rivedere la questione della lana animale.
Numerose indagini sotto copertura hanno rivelato che gli abusi sulle pecore nell’industria della lana sono una pratica abituale e diffusa nel settore. Ma l’abuso degli animali non è l’unico problema legato alla lana di pecora. Nonostante gli sforzi pubblicitari dell’industria per promuovere la sua sostenibilità, le prove dimostrano che, come per tutti i prodotti di origine animale, essa ha un impatto ambientale allarmante. Per esempio, le pecore emettono grandi quantità di metano (un potente gas serra che riscalda l’atmosfera).
Comunque, ci sono anche buone notizie. Oggi non è più necessario scegliere tra fibre animali e sintetiche derivate dal petrolio. Le lane ricavate dalle piante, e non dagli animali o dalla plastica, stanno guadagnando terreno nel mondo della moda. Ecco alcune delle migliori scelte per stare al caldo e fare acquisti ecologici e cruelty-free.
Cotone biologico
Il cotone biologico è spesso coltivato con acqua piovana, quindi non richiede un uso intensivo di acqua. Inoltre, viene coltivato senza pesticidi o fertilizzanti chimici. Una ricerca del Center for Biological Diversity e Collective Fashion Justice ha dimostrato che per coltivare il cotone è necessaria una superficie 367 volte inferiore rispetto a quella necessaria per la produzione di lana di pecora. Il cotone spesso e confortevole può essere perfetto per riscaldarsi in inverno, utilizzato in maglioni, berretti, guanti e cappotti.
Canapa
La canapa cresce senza bisogno di fertilizzanti chimici o pesticidi e ha un consumo di acqua significativamente inferiori rispetto alla lana. Inoltre, immagazzina più CO2 di quanta ne emetta. La Commissione Europea indica che un ettaro di canapa può assorbire fino a 15 tonnellate di CO2, paragonabile a quella immagazzinata da una foresta giovane.
Nota per la sua versatilità, la canapa può essere utilizzata in una vasta gamma di prodotti, dagli abiti alla maglieria [in foto].
Tencel Lyocell
Questo materiale deriva dalla cellulosa della polpa di eucalipto. Viene prodotto con un processo a ciclo chiuso, il che significa che l’acqua e le sostanze chimiche utilizzate nel processo vengono riutilizzate per ridurre al minimo gli sprechi. Marchi di tutto il mondo scelgono il Tencel Lyocell per una vasta gamma di prodotti.
Fibra di banana
L’azienda innovativa Bananatex ha vinto un premio PETA Fashion Award per il suo lavoro con le piante di banana Abacá, che non richiedono acqua o sostanze chimiche aggiuntive e contribuiscono ai progetti di riforestazione nelle Filippine. Il resistente tessuto di Bananatex è stato utilizzato per borse e scarpe, ma anche giacche e altri capi di abbigliamento vegano.
Birra
Tandem Repeat, azienda vincitore di un premio PETA Fashion Award quest’anno, ha creato un morbido filato ricavato dagli scarti dei birrifici. Questo materiale è biodegradabile, non lascia tracce nell’ambiente e utilizza molta meno energia e acqua rispetto alla lana e ai sintetici, senza alcuna forma di crudeltà verso gli animali.
Cashmere di soia
Il cashmere ricavato dalle capre è uno dei tessuti più dannosi per l’ambiente: le capre al pascolo mangiano l’intera pianta con la radice, lasciando aree prive di vegetazione in parti del mondo già in gran parte desertificate, come la Mongolia. Un’alternativa è il cashmere ricavato dalla soia, un tessuto morbido e biodegradabile, oltre ad essere ipoallergenico e traspirante.
Ortica
Risorsa vegetale di uso comune fino al secondo dopoguerra, quando è stata soppiantata dal cotone, il tessuto di ortica unisce la sensazione lussuosa della seta alla morbidezza del cashmere. È anche biodegradabile, offrendo un vantaggio ambientale rispetto sia alla lana che ai sintetici.
Alghe marine
Per creare la fibra, le alghe marine vengono raccolte delicatamente ogni quattro anni, lasciando intatta la parte inferiore della pianta per consentirne la rigenerazione. Le alghe marine vengono poi combinate con cellule vegetali all’interno di un sistema organico a ciclo chiuso che impedisce il rilascio di solventi nell’ambiente.
Bambù
Questa fibra erbacea a crescita rapida è rigenerativa, rinnovabile e richiede un uso minimo di pesticidi e fertilizzanti. Le foreste di bambù gestite in modo sostenibile aiutano a filtrare l’anidride carbonica e a reimmettere ossigeno nell’atmosfera. Il bambù proveniente da foreste non soggette a deforestazione è prominente nell’abbigliamento sportivo e sta comparendo sempre più spesso nella maglieria etica.
Kapok
La lana di kapok proviene dall’albero di kapok o ceiba, il quale cresce nel sud-est asiatico. La fibra di kapok offre una sensazione morbida e setosa unita a una consistenza soffice. Un chilo di kapok genera 5,51 chilogrammi di CO2, rispetto agli 89,1 chilogrammi di CO2 equivalente per ogni chilogrammo di lana di pecora.
Asclepiade
L’asclepiade, o Calotropis, è originaria del Nord America e dell’India. Le sue fibre di semi piumate possono essere utilizzate per creare lana vegetale sostenibile. Mentre le pecore richiedono grandi quantità d’acqua, diverse specie di asclepiade prosperano nelle regioni aride e non richiedono irrigazione.
Alcune lane vegetali sono antiche quanto il tempo, mentre altre rimangono un concetto nuovo nel settore della moda, ma con la crisi climatica che richiede un’azione urgente, è essenziale che tutti noi utilizziamo il nostro potere di consumatori per incoraggiare un numero maggiore di marchi a passare a queste fibre vegetali ecologiche e prodotte in modo consapevole. Dai maglioni di cotone ai vestiti in Tencel Lyocell fino agli abiti in canapa, le lane vegetali stanno guadagnando terreno e con ogni ragione, gettando le basi per un futuro della moda più gentile e più verde.
*Sascha Camilli è responsabile dei progetti di pubbliche relazioni presso People for the Ethical Treatment of Animals (PETA). È anche autrice di Vegan Style: Your Plant-Based Guide to Fashion, Beauty, Home and Travel.
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