Castel D’Azzano: dall’incidente con il trattore nel 2012 (in cui morì un 37enne), allo sfratto e l’esplosione. La vicenda dei fratelli Ramponi

  • Postato il 15 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Si terrà domani, giovedì 15, l’interrogatorio di garanzia davanti Gip di Franco e Dino Ramponi. I due, insieme alla sorella Maria Luisa, sono accusati di strage per l’esplosione del loro casolare di Castel D’Azzano costata la vita a tre carabinieri e che ha provocato il ferimento di 27 persone tra militari, poliziotti e vigili del fuoco. L’audizione della donna 59enne dovrebbe invece avvenire successivamente: è ancora ricoverata in gravi condizioni all’ospedale, in coma farmacologico e intubata. Sarebbe stata proprio lei ad accendere l’innesco – probabilmente una molotov – da cui è partita l’esplosione dell’edificio già saturo di gas. Un folle tentativo di evitare l’accesso alle forze dell’ordine mirato proprio a perquisire il casale e a scongiurare gravi incidenti. Il tutto finalizzato allo sfratto: tra pochi giorni, infatti, quel casolare sarebbe andato all’asta. Ultimo passaggio di una lunga vicenda iniziata con un incidente stradale nel 2012 e terminata tragicamente martedì.

I tre fratelli – descritti dai vicini come schivi, isolati e senza una rete di amicizie al di fuori del nucleo familiare – sostenevano di essere vittime di un inganno che li aveva portati alla rovina. Una vicenda contraddistinta da prestiti e debiti non pagati, ipoteche, aste giudiziarie e minacce: già nel 2024 avevano aperto il gas per evitare lo sfratto. Tutto inizia 13 anni fa. Era il gennaio del 2012 quando una Peugeot centrò un trattore privo di luci e lampeggianti che viaggiava sulla strada da Roncolevà con un carico di rotoballe sul rimorchio. Nell’impatto l’auto andò a fuoco e il guidatore, il 37enne Davide Meldo, morì carbonizzato. Al guida del trattore c’era proprio uno dei fratelli Ramponi. “Mi sono sentita morire, ti torna in mente tutto quanto. Pensavo di avere rimosso certe cose, invece sono riaffiorate con questa vicenda qua”, racconta oggi Valeria Meldo, sorella della vittima.

Da quell’incidente – come ricostruisce il Corriere – iniziò un processo. La responsabilità era di Ramponi e l’assicurazione si rifiutò di risarcire perché il trattore era a fari spenti. I fratelli – agricoltori e allevatori – per trovare i soldi vendettero dei terreni e fu stipulato anche un prestito. Poi però iniziarono a non pagare le rate. Gli interessi crescono e i fratelli iniziano anche a scontrarsi tra loro. Continueranno a ribadire che la firma del prestito non è la loro, ma è stata contraffatta. La banca avvia le procedure legali e arriva la sentenza del giudice che va eseguita. Alcuni campi vengono venduti all’asta. Tocca poi all’altro lotto, quello che include la casa dove vivono. Ma l’esecuzione dello sgombero è complessa. Vengono fatti diversi tentativi e i fratelli minacciano di far saltare in aria il casale. Martedì, proprio per evitare incidenti, viene stabilito un intervento mirato a perquisire il casale. Ma i fratelli dalle minacce passano immediatamente ai fatti.

Secondo quanto ricostruito è Maria Luisa a innescare l’esplosione. È lei l’unica rimasta in quella casa ormai satura di gas. La deflagrazione ha fatto crollare lo stabile e fatto sprofondare il pavimento che ha travolto i militari. La donna rimane su una piccola parte del primo piano ancora in piedi, mentre attorno tutto era avvolto fiamme. Urlava frasi farneticanti a quelli che stavano di sotto. Ma deve la sua vita proprio ai militari dell’Arma, ai colleghi dei tre carabinieri deceduti. Anche se feriti, infatti, si sono inerpicati sulle macerie prendendola in braccio e portandola nel cortile dove è stata affidata al personale del 118 che l’ha portata in ospedale. Ora Maria Luisa Ramponi è piantonata ed è in coma farmacologico per le gravi ustioni riportate nell’esplosione. Quando starà meglio, dovrà anche lei rispondere alle domande del gip.

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Il Fatto Quotidiano

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