Cari parlamentari-cattolici-non-preti, dire che ‘le armi servono’ è una vera blasfemia

  • Postato il 12 dicembre 2025
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di Fiore Isabella

Cari parlamentari cattolici,

la Vostra risposta alla nota della Cei la considero troppo categorica, anche alla luce di una profezia che non è tanto annunciare il futuro, quanto interpretare la volontà di Dio nel presente, specialmente nei momenti di crisi come quella odierna alimentata da conflitti in cui il cinismo dei potenti della terra non risparmia neppure i bambini. Che cosa c’è di più categorico dell’affermazione: “Siamo politici, non preti. Le armi servono”?

Non so quantificare l’entità del carattere blasfemo di tale affermazione in bocca a politici che si richiamano alla Chiesa e, al contempo, se ne allontanano lanciando un’opa incondizionata alle ragioni delle armi e della guerra. Fortunatamente, la nostra generazione con la guerra non ha avuto contatto diretto; dell’ultima, quella del secondo conflitto mondiale, mi parla ancora mia madre, oggi 98 anni, allora poco più che bambina. Io l’ascolto volentieri perché, a quell’età, raccontare il passato esercita la funzionalità delle sue sinapsi risvegliando tormenti e paure mai del tutto sopite.

Sapete Voi, cari parlamentari-cattolici-non-preti, quali erano le paure della famiglia di mia madre e delle tante famiglie povere del tempo in cui si campava a fatica o si moriva di stenti? Era quella di vedere una pentola di rame, il vomere dell’aratro di metallo di suo padre, anziano bovaro, requisiti dai gerarchi del fascismo e convertiti dall’industria bellica statale in bombe e siluri. Sì, proprio quegli aggeggi infernali usati per ammazzare e non certo per cuocere la verdura e per arare i campi.

Io, diversamente da Voi cari parlamentari-cattolici-non-preti, ho molto apprezzato la nota pastorale dei Vescovi, estremamente critica verso il governo di colei che si professa madre, italiana e cristiana; l’ho apprezzata perché parla di disarmo e di pace, parla di servizio civile obbligatorio e non di ripristino del servizio militare, parla di tavolo della diplomazia e non di campi di battaglia. Mons. Giovanni Ricchiuti, proprio in questi giorni, a proposito della guerra in Ucraina ricorda: “È dall’inizio della guerra che la Chiesa sostiene che la soluzione militare non avrebbe portato la pace, ma peggiorato la guerra. Ora, dopo quasi quattro anni, a che punto siamo? L’Europa e l’Italia avrebbero dovuto seguire altre strade: non le armi, ma il negoziato. Quindi fa bene la Cei a smarcarsi da qualsiasi appoggio alle politiche di riarmo del governo”.

E poi perdonatemi, cari parlamentari-cattolici-non-preti, adesso si vuole reintrodurre il servizio militare obbligatorio e chi lo propone sostiene che il servizio militare educa i giovani. Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, si chiede: “Ma perché bisogna educarli con il fucile fra le mani?”. Appare chiaro che, usando il termine educare in modo improprio, si dà adito a chi confonde l’esercizio all’uso delle armi a quello di educare che vuol dire insegnare a pensare; tutt’altra cosa dell’imparare ad ammazzare. Il pensiero, che porta nel suo Dna lo sviluppo delle capacità critiche, prevede la possibilità di disubbidire – che è una pratica estranea alle logiche militari. Il pensiero libero è la condizione essenziale per essere protagonisti del proprio destino e non sopporta il cedimento all’ubbidienza passiva, così come l’ubbidienza “senza se e senza ma” non tollera alcun ricorso alla pedagogia, tantomeno alla “pedagogia mite” che si fonda sull’interpretazione dell’uomo “ascoltandolo” e non “parlando a lui”.

Cari parlamentari-cattolici-non-preti, a questo punto e con rispetto, Vi chiedo: qual è la differenza tra cattolici preti e cattolici parlamentari? E il Vangelo da che parte sta? Dalla parte di chi ha il compito di predicarlo e praticarlo o dalla parte di chi dice che le armi servono?

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Il Fatto Quotidiano

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