Calabresi di Talento, Pietro, il pastore laureato inventore del collare antilupo che suona come una zampogna

  • Postato il 25 agosto 2025
  • Notizie
  • Di Quotidiano del Sud
  • 3 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Calabresi di Talento, Pietro, il pastore laureato inventore del collare antilupo che suona come una zampogna

Share

La storia di Pietro Orlando, il pastore laureato che ha inventato il collare antilupo che suona come una zampogna: a 5 anni vinse una capretta in una riffa oggi ne ha 150


Anche la BBC voleva intervistarlo. Ma Pietro Orlando, il pastore che si è laureato nel luglio scorso all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, aveva appena perso suo padre e non c’era cosa più importante in quel momento, che vivere il suo dolore. In solitudine. Perché Pietro non cerca la notorietà, anzi, è il silenzio del suo Aspromonte a rapirlo più di qualunque altra cosa. Ma la sua storia e il suo collare antilupo ispirato al suono della zampogna, già brevettato e depositato, hanno fatto il giro del mondo.

Ha 25 anni, vive a Bova Marina nella Calabria grecanica, ama la sua terra, le sue 150 capre dell’Aspromonte e la saggezza dei vecchi di cui si nutre con avidità. Si sveglia alle 4 del mattino d’estate e un’ora più tardi in inverno e non c’è giorno in cui non si prende cura dei suoi ruminanti. Ma è il lavoro che vuole fare, che ha sempre voluto fare, da quando, a cinque anni, ha vinto una capra durante una riffa di paese. «Mi ricordo ancora il peso che scrissi sul biglietto: 13,365 grammi, e l’ho vinta per un solo grammo – racconta -. Era bellissima, tutta colorata, era una Rodina capula e un mio lontano cugino anziano mi disse che stava per partorire e infatti da lì a pochi giorni fece due capretti».

LA SVOLTA NELLA VITA DI PIETRO, IL DONO DI UN TERRENO

È bella, agile e selvatica la capra dell’Aspromonte, con le corna a forma di lira, e non poteva che accendere di passione il cuore di un bambino curioso, che iniziò a chiedere consigli a pastori esperti come Domenico Stelitano e a suo figlio Pietro, abile ebanista, che lo iniziò con risultati sorprendenti anche all’arte dell’intarsio.

Ma la svolta arrivò tre anni dopo quando a soli otto anni, nella letterina di Natale, Pietro chiese come regalo a suo padre Salvatore, ferroviere, un pezzo di terra per poter pascolare le sue capre. La singolare richiesta suscitò dapprima l’ilarità di tutti, anche di mamma Angela che lo ha sempre seguito con particolare attenzione, ma qualche mese dopo a quel figlio unico, già saggio e talentuoso, molto bravo a scuola, venne dato ciò che desiderava di più.

Pietro ritornò poi alla carica con il padre per avere altre capre ma Salvatore temeva che il figlio abbandonasse la scuola per fare il pastore a tempo pieno e prese tempo. Ma anche questa volta quel ragazzo caparbio dimostrò al genitore che i suoi timori erano del tutto infondati perché agli esami di terza media ebbe un punteggio altissimo e così dovette comprargli dieci capre, rigorosamente dell’Aspromonte.

LEGGI LE ALTRE STORIE SUI TALENTI CALABRESI

PIETRO, IL GRECANICO, IL COLLARE ANTILUPO E LA VITA DA PASTORE

«Ciò che mi attirava di più – spiega Pietro – erano anche le tradizioni legate alla pastorizia. Pensiamo alla nostra lingua, il grecanico oggi sono in pochissimi a parlarlo e i pastori sono tra questi. C’è poi la tradizione dell’intarsio del legno, i collari fatti a mano, e la bellezza e l’asperità del territorio. Noi saliamo a 0 a 1000 metri sul livello del mare in venti minuti, e solo la capra dell’Aspromonte è in grado di muoversi con agilità su questi pascoli fatti soprattutto di dirupi. Ma è proprio questo paesaggio così pieno di ostacoli a conferire ai nostri prodotti un aroma e un sapore unici».

E Pietro sa bene di cosa parla considerato che anche quando andava ancora a scuola al Liceo Scientifico, si svegliava alle 4, andava a mungere le sue capre, faceva la ricotta, il formaggio, li portava a casa, faceva una doccia e andava a scuola. Nel pomeriggio portava le sue capre al pascolo e studiava con profitto.

UNA VITA DEDICATA AD UNA PASSIONE

«Non mi è mai pesato fare questa vita – puntualizza -. Certo, non è che la sera avessi tanta voglia di uscire. Anzi, alle 20 ero già a letto». Papà Salvatore, intanto, quando Pietro compì 16 anni, gli comprò altre trenta capre e fu in questo periodo che il ragazzo vide in azione i lupi contro il suo gregge. Ma la sua presenza riuscì in qualche modo a intimorirli. L’anno dopo, però, sotto i suoi occhi, i lupi riuscirono ad uccidergli sette pecore (il gregge si era allargato agli ovini), e da quel momento in poi cominciò ad interrogarsi in che modo poteva affrontare questa emergenza.

«Mi confrontai con gli altri pastori – ricorda Pietro – e compresi che con il passare degli anni – soprattutto a partire dal 2000 – la presenza del lupo era diventata sempre più minacciosa in tutta Italia. Il lupo dovrebbe mangiare gli ungulati selvatici ma se c’è il bestiame – da buon opportunista qual è – cerca di approfittare della situazione. Fu con il mio compagno di scuola Domenico Campanella di Brancaleone che durante l’alternanza scuola lavoro, dovendo pensare ad una start up innovativa, mi venne in mente di realizzare un collare antilupo».

PIETRO E LE PREOCCUPAZIONI DA PASTORE: IL COLLARE ANTILUPO PER PROTEGGERE LE SUE PECORE

«Io avevo già letto che gli ultrasuoni potevano dare fastidio a questi animali ma nella letteratura scientifica non c’erano pareri concordanti su questo aspetto. Comunque realizzammo il collare con il repellente e arrivammo alle finali regionali e abbiamo avuto l’accesso per le finali nazionali ma finita l’alternanza scuola lavoro, non c’erano i fondi necessari per presentare il nostro progetto e tutto si fermò».

Pietro, però, non abbandonò l’idea e con l’aiuto del padre decise di andare avanti. Era lui a costruire i collari di legno e insieme a Salvatore inseriva i processori all’interno. Nel 2019, sempre spinto dal padre, partecipò con il suo collare antilupo al concorso della Coldiretti “Oscar Green”, e fu premiato alle finali regionali a Lorica. A Roma, alle finali nazionali, non vinse il primo premio ma fu chiamato sul palco con i vincitori perché la giuria popolare gli aveva riconosciuto il giusto merito.

Dopo il Liceo Scientifico Pietro si iscrisse alla Facoltà di Scienze e tecnologie Agrarie e intanto frequentava anche il Conservatorio di musica dove aveva studiato sia pianoforte che fisarmonica. In un secondo momento, attratto com’era dalla Zootecnia di montagna, decise di passare a Scienze forestali e ambientali. Ma ci fu un evento doloroso che mise a dura prova il giovane pastore: la morte improvvisa di suo padre Salvatore, che per lui era un riferimento importante anche sul piano lavorativo.

LA SFIDA DI GESTIRE L’AZIENDA DI FAMIGLIA

«Con la morte di papà ho dovuto prendere in mano l’azienda e fare tutto quello di cui prima si occupava lui – spiega Pietro -. Mio padre era il mio motore e non è stato facile per me andare avanti soprattutto i primi tempi. Ma dopo essermi sistemato ho cercato di recuperare il tempo perduto e sono riuscito a laurearmi nel corso di laurea triennale nei tempi stabiliti».

«Le persone che vivono in campagna non si perdono mai», sottolinea Pietro, e nonostante la dura prova alla quale è stato sottoposto e la sua giovane età, è riuscito a non rinunciare ai suoi progetti e a coltivare i suoi sogni. Anche grazie ai consigli degli anziani, come il prozio Giovanni, che dopo la scomparsa di Salvatore lo ha accolto, sostenuto e guidato, ma è stata soprattutto sua madre Angela a fargli sentire con la sua preziosa presenza, che anche da solo sarebbe stato capace di andare avanti.

PIETRO, GIOVANE PASTORE, SI LAUREA CON LA TESI SU “L’IMPORTANZA DEL COLLARE ANTILUPO NELLA GESTIONE DELLA CAPRA DELL’ASPROMONTE AL PASCOLO

Il 9 luglio scorso Pietro Orlando ha completato i suoi studi con la laurea Magistrale – 110 e lode – e una tesi dedicata a suo padre su “L’importanza del collare antilupo nella gestione della capra dell’Aspromonte al pascolo”, relatore il professore Francesco Foti e correlatori i prof. Manuel Scerra e Cino Pertoldi dell’Università danese di Aalborg.

La tesi di Pietro è diventata anche un articolo scientifico che grazie ai finanziamenti dell’università danese sarà pubblicata sulla prestigiosa rivista “Animals Mdpi”. «Il Conservatorio ho dovuto lasciarlo – conclude Pietro – ma suono tanti strumenti tra cui il flauto, l’organetto e la zampogna, tutti e tre i tipi, quella “a paru”, “a chiave” e “la moderna”. Per questo devo ringraziare Sergio Di Giorgio che tra l’altro ha pubblicato un libro di grande interesse: “Nella mente della zampogna. Riflessioni sull’esperienza del traguardare”. Ed è stata proprio la zampogna ad illuminarmi sul collare antilupo. Un giorno che suonavo al pascolo li ho visti intimoriti e ho compreso che proprio quei suoni avrebbero potuto darmi la soluzione».

Share

Il Quotidiano del Sud.
Calabresi di Talento, Pietro, il pastore laureato inventore del collare antilupo che suona come una zampogna

Autore
Quotidiano del Sud

Potrebbero anche piacerti