Buonfiglio presidente del Coni, nello sport italiano non cambia nulla: è la vittoria di Malagò

  • Postato il 26 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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È finita un’epoca, ma in fondo non è finito proprio nulla. Dopo 12 anni di Giovanni Malagò, il mondo dello sport italiano non cambia. Il nuovo presidente del Coni è Luciano Buonfiglio, 74 anni, storico n.1 della canoa, boiardo fra i boiardi, benedetto proprio da Malagò. Governerà per i prossimi quattro anni, con Diana Bianchedi, l’altra delfina di Malagò, vicepresidente vicaria, e il grande capo al loro fianco, non solo politicamente in giunta (dove lui siede di diritto in qualità di membro Cio), ma anche proprio fisicamente al primo piano di Palazzo H, dove è già pronto un ufficio per il vecchio presidente, che da qui potrà continuare a supervisionare il suo amato Comitato Olimpico. Un trionfo.

Da ormai una settimana il vento sembrava dalla parte di Buonfiglio e alla vigilia era dato come favorito. Nelle urne il successo è andato al di là di ogni aspettativa: eletto già al primo turno, con 47 voti, margine ampio sulla fatidica soglia dei 41. Mentre l’avversario Luca Pancalli, che confidava in almeno una quarantina di preferenze all’ultima conta, si è fermato ad appena 34, tradito da molti nel segreto dell’urna. Zero per l’eterno Carraro, i cui consensi alla fine evidentemente sono confluiti su Buonfiglio, con l’accordo di confermare come segretario generale Carlo Mornati (la proposta di Carraro; Buonfiglio invece avrebbe voluto Miglietta).

È la vittoria dello sport sulla politica. Respinto il tentativo di invasione del governo, che dopo aver occupato militarmente la società Sport e salute, archiviata l’era Malagò, avrebbe voluto cambiare aria anche dentro Coni. Pancalli doveva vincere in quanto candidato gradito al ministro Abodi, spinto dal capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli, che più di tutti gli ha tirato la volata elettorale, voluto insomma da chi oggi comanda nello sport e tiene in mano la cassaforte. Invece alla fine, nonostante un risultato comunque importante (34 voti non sono pochi), forse ha pagato proprio quello, essere etichettato e visto come il candidato della politica che voleva prendersi lo sport, sempre geloso della sua autonomia.

È soprattutto la vittoria della casta. I boiardi, prima di qualsiasi altro ragionamento, hanno scelto uno di loro. Buonfiglio, storico n.1 della canoa, è soprattutto questo, mentre Pancalli che viene dal mondo paralimpico era percepito quasi come un alieno. Chiudendosi a riccio, turandosi il naso e ingoiando una certa dose di invidia (tanti altri oggi avrebbero voluto essere al posto di Buonfiglio, che ha avuto solo l’astuzia di muoversi per primo e bruciare i colleghi rivali), hanno votato un anonimo burocrate federali. Forse proprio per questo il più adatto a garantire i loro privilegi, non toccare nulla dell’ordine costituito, che è ciò che fondamentalmente importa alle Federazioni.

Ovviamente è la vittoria di Malagò. È riuscito a veicolare su un candidato modesto tutto il suo straordinario prestigio e consenso costruito negli anni, perdendo per strada molti meno voti di quel che si potesse pensare in questo clima da fine impero e con tutta la politica contro. La dimostrazione ulteriore che questo era e rimane il suo regno. E che se avesse potuto ricandidarsi avrebbe stravinto ancora una volta con percentuali bulgare. Continuerà a contare, o forse proprio a governare, anche da grande elettore e uomo ombra della prossima giunta, in cui siederà di diritto in qualità di membro Cio, portandosi dietro pure Diana Bianchedi, altra sua delfina.

L’onda malagoniana porta ad una larga maggioranza anche in giunta: l’altro vice è ovviamente un fedelissimo di Malagò, Marco Di Paola (equitazione). Per l’opposizione solo tre rappresentati certi, Tania Cagnotto, Giovanni Copioli e Domenico Ignozza (che ha battuto Sergio D’Antoni, il regista della famosa lettera pro Malagò). Da segnalare anche l’ingresso di Francesco Montini (Polizia) e del meloniano Juri Morico, dell’ente di promozione Opes che è una vera e propria costola di Fratelli d’Italia.

Resta un’ombra sull’elezione. La tagliola delle norme, sempre oscure e capziose, difficili da interpretare. La Legge Madia, che regola gli incarichi del personale in quiescenza (Buonfiglio è pensionato) e potrebbe metterne in discussione lo stipendio. Soprattutto il dlgs 39/2013 che chiude le porte girevoli tra controllato e controllore (quali sarebbero appunto Federazioni e Comitato Olimpico): non è mai stata applicato al Coni, ma nemmeno è mai stato escluso che potesse applicarsi. Lui si dice sereno, forte già di un parere legale positivo: “I professionisti mi hanno ampiamente rassicurato. E per quanto riguarda il compenso ho la mia pensione, non mi cambierebbe la vita”. Del resto chi dovrebbe bloccare la nomina? Il governo, col rischio di fare un altro autogol? L’Anac? Il mondo dello sport ha scelto di stare con Malagò. Pardon, Buonfiglio.

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Il Fatto Quotidiano

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