Bisognerebbe insegnare come usare gli smartphone, non vietarli: stiamo tornando alla scuola dell’Ottocento
- Postato il 19 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A scuola ho studiato i logaritmi, la loro definizione e il modo per calcolarli. C’era un libretto con le tavole dei logaritmi, indispensabile per fare i calcoli. All’epoca c’erano i fustini di detersivo e una volta mia mamma torna a casa e dentro il fustino c’era una calcolatrice a batteria. Calcolava anche i logaritmi!
Non mi risulta, avendo monitorato la carriera scolastica di mia figlia, che il calcolo dei logaritmi, con le tavole, sia ancora in voga. Quella calcolatrice oggi è sostituita dai cellulari intelligenti. Possono rispondere a quasi tutte le domande, e l’intelligenza artificiale è potentissima nel fornire risposte. La cosa più difficile, però, non è di dare risposte ma di fare domande, e di controllare se le risposte sono corrette o per lo meno plausibili. A scuola mi insegnarono la definizione di logaritmo, e come calcolarlo, ma non mi spiegarono a cosa servivano questi esercizi, e lo stesso per derivate e integrali. Studiare quelle cose era come imparare le poesie a memoria: Ei fu siccome immobile… con tutto quel che segue. Avevano ragione nel dirmi che un giorno avrei capito l’importanza di queste cose, ma me le hanno rese intollerabili, visto che non mi spiegavano perché sono importanti.
Vietare l’uso dei telefoni intelligenti secondo me è una bestialità. Dovrebbero insegnare come usarli. L’ultima volta che ho parlato ad una classe di adolescenti, durante un festival della scienza, ho detto a tutti di mettere il cellulare sul banco. Lì dentro ci sono tantissime risposte. Li ho sollecitati a rispondere ad alcune domande e, a fronte della loro incapacità, li ho sfidati a trovare le risposte nei cellulari. Ne hanno trovate moltissime, e alcune erano contraddittorie. E così hanno potuto cercare ancora. Fino ad arrivare a fonti attendibili e a trovare risposte affidabili. Con un piccolo aiuto da parte mia.
A malincuore ho gettato via la mia enciclopedia e anche i dizionari. Con il cellulare trovo risposte immediate, e posso consultare moltissime fonti. Dopo dieci anni di inutilizzo, ho deciso che non valesse la pena occupare scaffali con opere obsolete. Provate a vendere i volumi di un’enciclopedia… non li vuole nessuno. Ma potete consultare la Treccani con il vostro cellulare. E molto altro. Nel cellulare c’è la più grande biblioteca del mondo. Spesso i volumi sono gratuiti, a volte sono disponibili in versione elettronica, costano poco, e si scaricano in un lampo. Non esiste uno strumento più potente, a parte il computer che, però, non ci portiamo sempre dietro.
A casa ho tantissimi libri, e provo piacere fisico a tenerli in mano, a leggere sulla carta. Ma, se devo consultare un libro per lavoro, la versione elettronica è nettamente superiore. Posso cercare parole, inserire commenti, sottolineare, copiare e incollare altrove parti del testo. Cose che non oso o non posso fare con un libro vero: odio sottolineare e pasticciare i libri. E questa enorme biblioteca mi sta in tasca e la posso consultare quando voglio, se c’è connessione.
Come si fa a vietare uno strumento del genere? L’insegnamento del suo uso corretto dovrebbe essere trasversale a tutte le materie. Stiamo invece tornando ad una scuola tipo quella di Amarcord. Quella che ho fatto io. Con i banchi con la ribalta e le canzoni sui bersaglieri (parlo delle elementari), con l’inchiostro nei calamai, i pennini e la carta assorbente. All’arrivo delle biro ci fu resistenza da parte degli insegnanti: rovinano la mano. Oggi nessuno scrive più a mano, e tutti scrivono come fulmini sulle tastiere. Nessuno ha mai scritto così tanto come oggi. Il problema è che in molti casi si scrivono scempiaggini.
Non è importante come si scrive ma cosa si scrive. E non basta scrivere tanto per imparare a scrivere bene. Ai miei tempi (tempi a cui pare si voglia ritornare) si pensava che leggere tanto avrebbe insegnato a scrivere bene. Leggi la Divina Commedia e i Promessi Sposi, e imparerai a scrivere. Non si insegnavano tecniche di scrittura. Si andava alla cattedra e si ripeteva quel che si era imparato, spesso a memoria. Nessuno ci ha insegnato come si imposta un discorso, come si ingaggia una discussione, come si affrontano le contraddizioni. Cominciammo a farlo con la contestazione, le assemblee, le occupazioni, purtroppo senza l’aiuto della scuola, ma contro la scuola. Il preside chiamava la polizia per sgomberare la scuola occupata. Avremmo avuto bisogno di essere guidati da chi, in teoria, avrebbe dovuto saperne più di noi. Ma non era così. Chi avrebbe dovuto guidarci era stato educato da quella scuola e quello sapeva proporre.
Sono passato dall’Ottocento (penna e calamaio) all’intelligenza artificiale. E ho dovuto imparare a gestirli per i fatti miei, la scuola non mi ha aiutato granché. Le cose non sono molto cambiate. I giovani impareranno ad usare i cellulari senza una guida, e faranno i loro errori. Come li abbiamo fatti noi. Certo che ognuno deve fare la propria esperienza, lo so, ma una guida discreta, che dia qualche suggerimento, può essere molto utile. Il problema è che molti insegnanti non sanno usare pienamente quel che si trova in rete, anche perché soverchiati da una massa di adempimenti burocratici che ignorano gli obiettivi per i quali sono stati escogitati. Il risultato è che non andiamo molto bene nelle valutazioni dell’efficacia della nostra scuola.
Siamo sicuri che la soluzione sia: studiamo a memoria le poesie, e diamo i voti in condotta? Mi aspetto anche il calcolo dei logaritmi e il coro che inneggia ai bersaglieri. Quando passano per via, gli animosi bersaglieri, sento affetto e simpatia pei gagliardi militari! Lo suggerirà Crosetto.
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