Battaglia ai diritti lgbt e ostacoli all’educazione affettiva: il centrodestra accelera in Parlamento

  • Postato il 14 agosto 2025
  • Diritti
  • Di Il Fatto Quotidiano
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In piena estate, mentre il Parlamento si ferma e il Paese rallenta, il centrodestra accelera sulla battaglia contro la cosiddetta “ideologia gender” a scuola. In commissione Cultura corrono tre progetti di legge paralleli – quello del ministro Giuseppe Valditara, quello del leghista Rossano Sasso e quello di Alessandro Amorese di Fratelli d’Italia – destinati a fondersi in un testo unico. Il percorso è lampo: audizioni concentrate tra luglio e agosto, memorie scritte al posto degli interventi, più spazio alle sigle vicine al mondo di Pro-Vita & Famiglia che agli esperti indipendenti. “Questa destra ideologica procede a tappe forzate, ignorando altre urgenze, pur di blindare un impianto ideologico e arrivare pronta all’autunno”, attaccano le opposizioni.

Il cuore della riforma è nel ddl Valditara, già anticipato a fine giugno, che introduce il cosiddetto “consenso informato” preventivo e scritto delle famiglie per qualunque attività che tocchi temi di affettività, sessualità, identità o corpo. Il testo prevede sette giorni di preavviso con programma dettagliato, materiale didattico e nomi dei relatori, e impone che gli studenti senza autorizzazione seguano attività alternative. Un vero e proprio potere di veto, che secondo i critici rischia di bloccare qualsiasi contenuto “non in linea” con i valori delle famiglie. Inoltre viene vietata ogni educazione sessuale nella scuola dell’infanzia e primaria. Gli esperti esterni potranno entrare solo con doppia approvazione di collegio docenti e consiglio d’istituto. “Serve trasparenza, non imposizione culturale”, afferma Valditara.

Il testo di Amorese alza il tiro, estendendo il consenso informato anche alle “materie di natura etica”, oltre a quelle sessuali e affettive. “La libertà educativa delle famiglie è inviolabile”, spiega, ribadendo la necessità di evitare “imposizioni culturali e indottrinamenti”. Il rischio, per opposizioni e associazioni, è trasformare la scuola in un terreno di battaglia dove ogni contenuto può essere bloccato in partenza. Sasso, invece, mette nel mirino le carriere alias, ovvero la possibilità per studenti trans di usare il nome scelto in classe e nei documenti scolastici. Il suo ddl limita questa possibilità solo a chi ha avviato l’iter legale di rettifica di sesso, escludendo chi ancora non ha intrapreso (o non intraprenderà) questo percorso. Un “colpo basso” per associazioni e famiglie, che denunciano come lo strumento – pensato per tutelare studenti vulnerabili – venga svuotato e reso inutile.

Le audizioni si chiudono in pochi giorni, tra cui l’ultima del 7 agosto in sole quattro ore: pochi invitati, molti esclusi. La maggioranza riserva spazio soprattutto a realtà vicine al mondo conservatrice, mentre pedagogisti, psicologi e associazioni LGBTQ+ restano largamente fuori o relegati a inviare memorie scritte. Sasso, che è anche relatore in commissione, non risparmia attacchi all’opposizione e agli esperti chiamati dalle opposizioni: “La sinistra vuole sostituire mamme e papà con attivisti ideologizzati trans e LGBT di estrema sinistra. Diversi sono i casi in cui bambini sono stati sottoposti a lezioni di fluidità sessuale”. Secondo Sasso, questa, è la prova di un “problema nazionale”.

Le opposizioni reagiscono duramente, con crescente preoccupazione non solo per i contenuti dei ddl ma anche per le modalità del confronto parlamentare. Per Antonio Caso (M5s) “è grave e profondamente preoccupante che una discussione così importante venga ridotta a poche ore di audizioni, escludendo molti esperti e ignorando i contributi della comunità scientifica”. Caso sottolinea come la maggioranza “stia costruendo una narrazione monolitica, ascoltando solo chi conferma la propria linea, senza alcun dialogo reale con chi rappresenta la scuola, i giovani e le famiglie”. Irene Manzi (Pd) definisce il quadro “un impianto legislativo retrivo e arretrato, che rifiuta il progresso culturale e sociale raggiunto in anni di lavoro su educazione affettiva e sessuale”. Manzi denuncia “una scelta puramente ideologica” nel respingere sistematicamente le proposte delle opposizioni, mirate a garantire un’educazione inclusiva e basata sulle evidenze. Anche Elisabetta Piccolotti (Avs) rimarca come “la mancanza di trasparenza e di confronto con associazioni, operatori e comunità scientifica sia un grave errore politico, che condanna gli studenti a un’educazione parziale e discriminatoria”. Accusa inoltre la maggioranza di “non voler accogliere le istanze di chi lavora quotidianamente nelle scuole e conosce le esigenze di ragazzi e ragazze”. Il filo conduttore, per le opposizioni, è chiaro: una partita “truccata” a monte, con “un processo che si chiude su se stesso per non mettere in discussione un disegno politico volto a imporre un controllo ideologico sull’educazione”.

Fuori da Montecitorio, il coordinamento Trans Agenda — oltre venti sigle, da Arcigay Rete Trans* ad Agedo — attacca duramente i ddl Valditara, Sasso e Amorese, parlando di un “disegno politico inquietante e regressivo” che vuole riportare la scuola a un’epoca di “censura, controllo ideologico e negazione dei diritti fondamentali”. “Il cosiddetto consenso informato è uno strumento di censura, trasformando le famiglie in guardiani ideologici con potere di veto su temi come sessualità, affetti, identità e corpi. Si vuole vietare l’educazione affettiva e sessuale, anche nei progetti extracurricolari, trasformando la scuola in un luogo di censura preventiva”, si legge nel comunicato. “Il ddl Sasso”, tra i più contestati, “limita le carriere alias a chi ha avviato un iter legale di rettifica del sesso, ostacolando il riconoscimento delle esperienze trans e prevedendo sanzioni disciplinari per docenti non conformi”. “Questi disegni”, denunciano, “violano apertamente diversi articoli della Costituzione, tra cui quelli su uguaglianza, libertà di espressione, istruzione e libertà di insegnamento. Violano anche la Convenzione Europea dei Diritti Umani, in particolare sui diritti alla vita privata e alla non discriminazione”. Per Trans Agenda, la battaglia è chiara: “Rivendichiamo il diritto all’autodeterminazione di studenti e studentesse trans e non binarie, un’educazione basata su evidenze scientifiche e il coinvolgimento delle associazioni LGBTQIA+ nelle decisioni che riguardano le loro vite”. Concludono con un monito: “Non ci faremo ricacciare nell’ombra né piegare dall’oscurantismo. Continueremo a mobilitarci e, se serve, porteremo la battaglia fino alle corti internazionali. La nostra esistenza e libertà non sono negoziabili”.

Per il centrodestra, però, la direzione è chiara. E non è un viaggio isolato: questa stretta si affianca alle mozioni regionali anti-gender, agli attacchi alle linee guida dell’OMS sull’educazione sessuale e all’ultimo ddl sulla disforia di genere. Come dichiarato a ilfattoquotidiano.it da Anna Maria Fisichella, vicepresidente di Agedo, durante l’approvazione del ddl disforia in consiglio dei ministri: “C’è un filo rosso in tutto questo: limitare diritti, chiudere spazi, silenziare identità. Nessuna urgenza, solo un’agenda politica”.

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Il Fatto Quotidiano

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