Architetti italiani da riscoprire: la breve e intensa parabola di Eugenio Salvarani
- Postato il 16 agosto 2025
- Architettura
- Di Artribune
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Ripercorrendo gli anni della formazione dell’architetto, urbanista e pianificatore Eugenio Salvarani (1925 –1967),originario di Reggio Emilia, appare chiara l’origine di un disegno. Emergono già i germi delle passioni, dei valori, delle attitudini, degli slanci che gli saranno distintivi durante tutta la sua breve ma intensa esistenza. La viva intelligenza e la curiosità intellettuale saranno forza motrice delle sue scelte di vita e delle sue idee progressiste, che a cento anni dalla sua nascita vale la pena conoscere e ricordare.
La storia dell’architetto e urbanista Eugenio Salvarani
Eugenio Salvarani si iscrisse nel 1943 al Politecnico di Milano, frequentando in quegli anni la Casa della Cultura, nonché architetti come Enea Manfredini e Franco Albini e personalità come Irenio Diotallevi e Franco Marescotti. Durante la stagione milanese, maturò l’idea che la professione potesse esprimersi con maggior vigore attraverso l’interprofessionalità e il lavoro di gruppo. Di conseguenza, nel 1947 Eugenio Salvarani, Osvaldo Piacentini, Antonio Pastorini, Franco Valli, Aldo Ligabue, Silvano Gasparini, Athos Porta, Antonio Rossi ed Ennio Barbieri si associarono: nacque lo Studio Cooperativo di Costruzioni Civili. Divenuto dal 1952 Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia, fu la prima cooperativa di intellettuali d’Italia. I primi anni di lavoro nella Cooperativa sono caratterizzati già da una spiccata vocazione per i progetti di natura sociale: dalla dignificazione dei luoghi della produzione e del lavoro, alla ricerca di qualità spaziale nei quartieri residenziali INA-Casa, alle tipologie innovative proposte nel campo dell’edilizia scolastica ed ospedaliera.

I progetti di Eugenio Salvarani in Italia
Nel 1956, in cerca di una maggior autonomia Eugenio Salvarani lasciò la Cooperativa insieme ad Antonio Pastorini. Alla professione di architetto e pianificatore si affiancò all’insegnamento universitario come assistente alla cattedra di Giuseppe Samonà allo IUAV di Venezia, dove Salvarani si era laureato nel 1952, e all’impegno politico nel partito socialista. Emerse in questa fase con maggiore forza l’incontenibilità, l’inquietudine come forza propulsiva. Firmò progetti come lo Stabilimento Max Mara (con A. Pastorini), i condomini in viale della Stazione (con A. Pastorini e V. Pastor), Palazzo Caminati e Palazzo di Vetro in Piazza Cavour (con A. Pastorini), Villa Galaverni (con V. Pastor), si occupò del progetto di variante e della direzione lavori dell’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia (progettato da Enea Manfredini). Nel 1957, anno della sua adesione all’INU-Istituto Nazionale di Urbanistica, il gruppo di Salvarani ottenne il primo premio per il Concorso di Idee per il Piano Regolatore di Venezia, superando gruppi di progettisti illustri quali Astengo, Quaroni, Calabi. Negli anni seguenti i progetti di pianificazione furono molti e impegnativi, localizzati in Veneto ed Emilia-Romagna.
L’impegno di Eugenio Salvarani e la misteriosa scomparsa in Etiopia
Nel 1965 assunse l’incarico di presidente del Comitato Regionale per la Programmazione Economica dell’Emilia-Romagna: sul piano regionale Eugenio Salvarani aveva chiara la percezione dei problemi da risolvere, ponendosi come traguardo il completamento della gamma tipologica industriale, la creazione di una rete tra le Università e il settore produttivo, il riassetto del bacino idrografico del fiume Po attraverso un progetto di navigazione interna. L’entusiasmo condusse poi Salvarani a proporre in Etiopia, in qualità di fondatore e presidente della società Sepitalia, un programma di riassetto territoriale, aggiudicandosi un finanziamento della Banca Mondiale. Tornato in Etiopia a fine settembre 1967 per presentare la relazione definitiva del progetto, scomparve in circostanze mai chiarite il 7 ottobre, in volo da Addis Abeba ad Asmara.










L’eredità architettonica di Eugenio Salvarani
Eugenio Salvarani ci ha lasciato un patrimonio culturale e scientifico importante e dal carattere anticipatore. È possibile ritrovare tra le sue esperienze una fedeltà alle idee e un grande coraggio nel perseguire la loro attuazione. Dalla scala di dettaglio a quella territoriale si ritrovano un metodo e una coerenza di principi, che delineano una personalità che, sostenuta da solidi valori, ha visto in questa professione il potere di cambiare le cose. Nel centenario della sua nascita, l’ultima edizione del Festival Rigenera – PIANO B ha ospitato un pomeriggio di studi a lui dedicato dal titolo Il coraggio delle idee. Dall’architettura alla programmazione economica nell’Italia del dopoguerra. Un evento di straordinario rilievo, organizzato dagli architetti Francesco Salvarani, Valeria Lampariello e dalla sottoscritta, che ha restituito voce e contesto a una figura chiave dell’architettura italiana del dopoguerra. Alla presenza di circa 450 persone, negli spazi dell’università si sono susseguiti gli interventi di illustri relatori.
Un convegno a Reggio Emilia a cento anni dalla nascita di Salvarani
L’ing. Giovanni Manfredini, nipote di Salvarani, ha ripercorso la biografia professionale e umana dell’architetto, ricordandone i progetti più rilevanti e la sua autorevolezza in ambito accademico e culturale; ricercatore in Estetica all’Università di Modena e Reggio Emilia, il dott. Lorenzo Manera ha ricostruito gli anni della formazione umanistica. Il prof. Marco Biraghi, tra i più autorevoli storici di architettura in Italia, ha quindi collocato la nascita della Cooperativa Architetti e Ingegneri nel contesto dell’“architettura sociale” del secondo dopoguerra, approfondendo alcuni dei progetti più significativi, e la dott.ssa Pilar Guerrieri, del Politecnico di Milano, ha proposto una rassegna delle opere della libera professione, analizzandone gli elementi ricorrenti e la coerenza della poetica progettuale. In conclusione, la prof.ssa Maura Manzelle (IUAV) ha messo in luce gli apporti della scuola veneziana nel metodo progettuale di Salvarani, e il prof. Domenico Patassini, già preside della Facoltà di Pianificazione allo IUAV di Venezia, ha illustrato la sua intensa attività come urbanista e programmatore.
Anna Vittoria Zuliani
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