Anas al-Sharif ucciso due volte: prima da Israele, poi dai media che lo hanno bollato come terrorista
- Postato il 12 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il giornalista di Al Jazeera Anas al-Sharif, 28 anni, è stato ucciso insieme a cinque colleghi in un attacco deliberato da parte di Israele contro una tenda che ospitava i giornalisti fuori dal cancello principale dell’ospedale al-Shifa nella città di Gaza. Dall’inizio della sua campagna genocida, Israele ha ucciso quasi 270 giornalisti e operatori dei media a Gaza.
Secondo uno studio della Brown University, si tratterebbe del “peggior conflitto di sempre per i giornalisti”. Conflitto?
Sempre secondo lo stesso rapporto, il bilancio delle vittime tra i giornalisti, dal 7 ottobre 2023, ha superato quello della guerra civile americana, della Prima e della Seconda guerra mondiale, della guerra di Corea, della guerra del Vietnam, dei conflitti jugoslavi e della guerra in Afghanistan dopo l’11 settembre, messi insieme. Eppure, dopo quasi due anni di genocidio e dopo aver trasformato Gaza nel peggior cimitero di giornalisti caduti in zone di conflitto della storia, alcuni media occidentali, allineati alla versione israeliana delle notizie, riescono ancora a pubblicare titoli e frasi che etichettano Anas al-Sharif come terrorista, o che mettono in dubbio la sua professione di giornalista:
Bild: “Terrorista travestito da giornalista ucciso a Gaza”;
La Repubblica: “…l’eliminazione…del giornalista-terrorista Anas al-Sharif” (termine prontamente eliminato dall’articolo in seguito a numerose reazioni indignate da parte dei lettori);
Un altro quotidiano italiano, seppur meno popolare, Il Foglio, ha intitolato un editoriale: “Giornalista o terrorista? Il caso di Anas al-Sharif”.
Altri giornali, nel loro “dovere di cronaca”, hanno invece deciso di collocare la versione israeliana delle notizie in cima ai loro articoli, addirittura nel titolo:
Fox News: “Israele afferma che il giornalista di Al Jazeera ucciso in un attacco aereo era il capo di una ‘cellula terroristica’ di Hamas”;
Nbc: “Israele uccide 5 giornalisti di Al Jazeera in un attacco aereo, sostenendo che uno di loro lavorava per Hamas”;
New York Post: “Israele afferma di aver ucciso un terrorista di Hamas che si fingeva un reporter di Al Jazeera e altre 4 persone in un attacco aereo mirato”;
Corriere della Sera: “Gaza, il corrispondente di Al Jazeera Anas Al Sharif e cinque colleghi uccisi in un raid. Israele: “Era un terrorista di Hamas”.
Nel 2024, Anas Al-Sharif ha ricevuto il premio Human Rights Defender Award di Amnesty International Australia. Secondo Amnesty International, nel corso della sua carriera di giornalista, Anas Al-Sharif ha dimostrato “straordinaria resilienza, coraggio e impegno a favore della libertà di stampa, nonostante lavorasse in condizioni pericolose”. Come scrive l’organizzazione, gli Human Rights Defender Awards “celebrano l’eccellenza nel giornalismo sui diritti umani e il notevole coraggio e la determinazione dei giornalisti impegnati a documentare la realtà della crisi di Gaza.”
E aggiunge: “In un contesto globale sempre più afflitto da disinformazione e fake news, in cui il giornalismo si è diffuso su nuove piattaforme e i pregiudizi sono diventati parte integrante dell’informazione dei principali media, la necessità di difendere la libertà di espressione e di opinione non è mai stata così importante. Il premio rende omaggio a coloro che hanno rischiato la vita per garantire e difendere l’integrità del giornalismo, proteggendo la libertà di informazione indipendente.”
Chi dobbiamo “ringraziare” per questi ennesimi massacri e attacchi alla libertà di informazione indipendente? Israele, ma non solo.
Se, dopo quasi due anni di genocidio, una significativa porzione dei media occidentali continua a basare le proprie notizie sulla narrativa governativa offerta da uno Stato che usa la fame come arma di guerra, che ha ucciso e mutilato il maggior numero di bambini in zone di conflitto recenti e causato il peggior crollo dell’aspettativa di vita alla nascita della storia recente, il maggior numero di personale sanitario e di personale delle Nazioni Unite, e ha trasformato il diritto internazionale in una farsa, oltre a essersi distinto per aver manipolato sistematicamente i fatti e la storia, allora non si tratta solo di disinformazione, pregiudizi cognitivi o empatia selettiva. Si tratta di propaganda suprematista pro-genocidio.
Il termine si riferisce a una strategia di comunicazione che diffonde e legittima narrazioni in cui alcune popolazioni sono considerate superiori e più meritevoli di tutela e compassione rispetto ad altre, presentando queste ultime come inferiori, disumanizzate o colpevoli delle proprie condizioni avverse. Questo tipo di propaganda non si limita a manipolare i fatti, ma serve a giustificare e rendere socialmente accettabile la violenza di massa, e normalizzare il genocidio della popolazione “inferiore”, riducendo o annullando l’empatia che il pubblico potrebbe provare per essa.
Quello di Anas al-Sharif è stato un assassinio annunciato. Come spiegava la Committee to Protect Journalists il 24 luglio 2025: “Il Comitato…è profondamente preoccupato per la sicurezza del corrispondente di Al Jazeera Arabic da Gaza, Anas al-Sharif, che è oggetto di una campagna diffamatoria da parte dell’esercito israeliano, che egli ritiene sia un preludio al suo assassinio.
Anas al-Sharif è stato assassinato due volte. Prima da Israele, poi dai media che lo hanno bollato come terrorista.
Non credo in nessuna divinità ultraterrena, ma, come scrive il testamento di Anas al-Sharif: “Che Dio sia testimone contro coloro che sono rimasti in silenzio e hanno accettato il nostro massacro, contro coloro che ci hanno soffocato e i cui cuori non sono stati commossi dai resti sparsi dei nostri bambini e delle nostre donne, e che non hanno fatto nulla per fermare il massacro che il nostro popolo ha subito per più di un anno e mezzo”.
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