Alla Festa del Cinema di Roma l’anteprima di “Corpo libero”, il primo documentario che affronta a 360 gradi la patologia obesità Il Tirreno
- Postato il 27 ottobre 2025
- Di Il Tirreno
- 2 Visualizzazioni
Alla Festa del Cinema di Roma l’anteprima di “Corpo libero”, il primo documentario che affronta a 360 gradi la patologia obesità Il Tirreno
Percorsi di rinascita, fatti di coraggio, di sforzi e sacrifici, per recuperare il controllo del proprio corpo e della propria vita affettiva e sociale. Sono le storie di persone con obesità raccontate nel documentario “Corpo libero”, prodotto da Telomero Produzioni con il patrocinio dell’Associazione pazienti Amici Obesi e realizzato con il contributo non condizionante di Lilly e presentato in anteprima nell’ambito della ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma. “Finalmente l'obesità è una malattia, dichiarata con una legge - sottolinea Marghertà Colao, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura a margine della proiezione all’Auditorium Parco della Musica - il che vuol dire che se è una malattia c'è il medico che deve fare una diagnosi corretta e poi decidere tutto quello che è la terapia per ogni singolo paziente. Non c'è l’obesità - ribadisce - c'è una persona, un individuo con un problema specifico, tante altre possibili patologie associate e quindi al medico sta il compito di fare per bene la diagnosi e decidere, in maniera precisa per ciascuno, quello che è l'orientamento della terapia”. Un racconto corale per superare stigma e stereotipi e dare coraggio a chi decide di intraprendere con consapevolezza un percorso di cura. “Il modo di affrontare questa patologia è soggettivo - spiega Iris Zani, presidente dell’Associazione Amici Obesi e protagonista insieme ad altri del documentario - tante persone la solitudine la vivono giornalmente chiudendosi in casa e negandosi ogni esperienza di vita. Infatti vanno molto in voga le associazioni che lavorano sul web. Perché? Perché dietro la comodità della tua casa e dietro un monitor puoi interagire con le persone senza uscire, senza vergognarti del tuo l'aspetto fisico. Il nostro agire - prosegue Zani- parte da ogni aspetto della patologia. Innanzitutto dal linguaggio, noi non siamo obesi ma siamo persone che soffrono di obesità. Non siamo la nostra patologia e in questo momento di transizione anche di statuto e di forma societaria abbiamo l'intenzione di cambiare il nome”.
“Innanzitutto è necessario superare lo stigma su questa patologia e dobbiamo continuare a far sentire la loro voce alle istituzioni e soprattutto sensibilizzare la popolazione sull’obesità che è una patologia e va affrontata come tale - avverte Federico Villa, Associate vice presidente corporate Affair and patient access di Italy Hub di Lilly, che ha promosso e sostenuto il documentario - Noi vogliamo offrire sempre più opportunità di cura ai pazienti e ai cittadini che ne hanno bisogno. E’ una patologia, va affrontata nel suo complesso tramite il supporto dei medici e tutti insieme gli attori che compartecipano alla salute pubblica devono lavorare proprio per dare opportunità di cura a questi pazienti nella prossimità e con la vicinanza rispetto al bisogno che questi pazienti hanno”.
All’Auditorium parco della musica erano presenti anche i registi: “Sicuramente il messaggio è che bisogna sempre guardare alle persone che hanno determinati problemi di obesità o di sovrappeso con un sguardo diverso - spiega Donatella Romani, autrice e regista insieme a Roberto Amato - Meno giudicante, meno colpevolizzante, perché fino ad adesso si è sempre pensato che fosse una persona magari pigra che non aveva forza di volontà, ma noi sappiamo che l'obesità è una patologia. Forse la scienza è un pizzico più avanti anche rispetto alla società che deve fare invece un passaggio per diventare un po' più inclusiva e accogliente”. “Nei confronti di una persona obesa - aggiunge Amato - non c'è questa empatia. Si dice sempre, se tu avessi forza di volontà riusciresti a mantenere una dieta e altre cose. I social non aiutano e poi tutti gli haters che ci sono e che nel buio della loro stanzetta sono in grado di mettere cose cattivissime e poi anche la capacità, anzi la incapacità di molti giovani di fare una selezione su quello che trovano sui social e quindi poi vanno nel panico. Mi hanno detto cose cattive perchè sono grasso, perché sono questo, questo e quest'altro e questo non deve succedere”.