Afghanistan, i talebani vietano gli scacchi: un segnale tremendo. Di cosa hanno paura?
- Postato il 13 maggio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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In Afghanistan, gli scacchi sono stati vietati. Sì, avete letto bene: vietati. Il portavoce del dipartimento dello sport del governo talebano, Atal Mashwani, ha detto che ci sono “considerazioni religiose” che impediscono di giocare a scacchi. “Secondo la sharia,” ha spiegato, “gli scacchi sono un mezzo di gioco d’azzardo”. Dunque, illegali. Dunque, immorali. Dunque, sospesi fino a nuovo ordine.
Ora, io gioco a scacchi. Non bene, forse. Ma gioco. E non scommetto denaro, né credo di offendere alcun Dio mentre lo faccio. Solo, quando muovo il cavallo, quando penso a una difesa siciliana o sogno un arrocco, sento che la mia mente si muove. Si sveglia. Elabora. Soppesa. E in un paese come l’Afghanistan, dove il silenzio è spesso figlio della paura e la libertà è già stata calpestata sotto i piedi nudi dell’ortodossia, vietare un gioco come questo non è un fatto minore. È un segnale tremendo.
Perché gli scacchi sono più di un gioco. Sono una forma di pensiero. Una geometria dell’immaginazione. Una palestra della mente. E quando un potere politico e religioso decide di spegnere anche questa piccola luce, vuol dire che ha paura non dei pezzi sulla scacchiera, ma del pensiero che li muove.
C’è qualcosa di profondamente tragico in quell’immagine raccontata alle agenzie di stampa da Azizullah Gulzada, proprietario di un bar di Kabul dove si giocava a scacchi davanti a una tazza di tè. Dice: “I giovani non hanno molte attività oggi. Venivano qui ogni giorno, sfidavano gli amici. Non si è mai giocato d’azzardo”. E invece adesso no. La torre resta ferma. Il pedone è muto. Il re giace abbattuto su una scacchiera polverosa.
Ci sono battaglie che si combattono senza sparare un colpo. E ci sono divieti che colpiscono più in profondità delle armi. Non si tratta solo di religione, sia chiaro. In molti paesi islamici gli scacchi sono praticati liberamente, anche con entusiasmo. Non è scritto nel Corano che siano vietati. Alcuni studiosi medievali li difesero. Ma si sa, i talebani preferiscono interpretare la fede come una gabbia, non come una strada. E allora mi viene da chiedere: di cosa hanno paura? Del fatto che un bambino possa imparare a pensare dieci mosse avanti? Che una ragazzo possa comprendere che per arrivare alla regina bisogna rischiare, avanzare, osare?
L’anno scorso avevano già vietato le arti marziali miste. Troppo violente, dicevano. Ma evidentemente la verità è che tutto ciò che mette il corpo in movimento o l’intelligenza in discussione li terrorizza. Così hanno iniziato a cancellare ogni sport, ogni danza, ogni voce. Ora tocca alla mente. Ma la mente, si sa, è difficile da spegnere. Anche quando le luci si abbassano e le parole diventano sussurri, anche allora qualcuno, in un angolo, muove un pedone in silenzio. E ogni mossa, anche la più umile, può aprire la strada a una rivincita del pensiero.
Un giorno, spero, in una Kabul libera, un bambino e una bambina siederanno davanti a una scacchiera e, con un sorriso, diranno: “Scacco al re”.
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