Affreschi di storie nella Storia, ce ne parla Valentina Castellan
- Postato il 27 ottobre 2025
- Cultura
- Di Quotidiano Piemontese
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TORINO – Immaginate di visitare il Museo di Antichità di Torino e sentirvi chiamare. Vi girate e di fronte a voi c’è il busto bronzeo di Lucio Vero. Lui è lì, immobile e imperturbabile, è stato per un sacco di tempo chiuso in una cassa nelle campagne di Marengo ed ora comprensibilmente ha voglia di parlare e di raccontare.
Così vi mettete buoni buoni con le orecchie ritte ad ascoltare Lucio Vero che vi racconta dieci storie, ognuna delle quali ispirata ad un oggetto. E’ l’incipit, invero affascinante, di Affreschi, oggetti di storie e di Storia, Buendia Books, con cui Valentina Castellan ci porta in giro per il mondo e per il tempo.
Uno scarabeo è la scusa per parlarci dell’antico Egitto, il tempio di Atena a Ortigia ci porta nella vita di un pescatore nella Magna Grecia, i bronzi di Riace servono a ipotizzare la storia di chi li ha realizzati, un trofeo sportivo ci accompagna nel mondo dei circoli canottieri del Po e così via per dieci oggetti e dieci storie. Sono storie che non raccontano l’oggetto ma il mondo a cui quell’oggetto è legato, un tuffo nel passato e nella Storia con sguardo attuale o passato, ma sempre appassionato.
L’intervista con Valentina Castellan
Dieci oggetti, dieci storie che ci portano a spasso per la Storia. Come sono nati questi racconti?
I racconti sono nati dalla commistione della mia passione per l’archeologia, che risale proprio ai tempi della mia fanciullezza, e quella per la filosofia, anch’essa piuttosto precoce: attraverso gli oggetti archeologici ho potuto viaggiare nel tempo e nello spazio e “dimostrare” che le paure, i dubbi, le speranze, il rapporto con il divino, la difficoltà di fronte alle scelte appartengono a ogni donna e uomo, ragazza e ragazzo in qualsiasi epoca e in qulasiasi luogo. In fondo l’oggetto archeologico ci apre proprio un varco spazio-temporale, ci permette di immaginare storia su chi l’ha forgiato, posseduto, ritrovato: per me questo è stato di grandissima ispirazione.
Gli oggetti non sono i protagonisti delle storie, sono lo spunto per parlare di periodi storici lontani e di persone, uomini e donne di altre epoche. Cosa hai voluto raccontare?
Ho voluto raccontare dei momenti cruciali nella vita delle persone o di piccole comunità, quelli in cui una scelta piuttosto che un’altra può fare una grande differenza; o anche quei momenti in cui qualcosa che hai avuto lungamente sotto gli occhi, improvvisamente, si disvela; oppure, parafrasando John Lennon, quello che accade mentre stai facendo altri progetti: a volte, infatti, il fato appare imperioso a scombinare tutti i piani. Spesso poi i miei racconti si interrompono piuttosto di netto, per lasciare al lettore la possibilità di immaginare un prolungamento della storia, o comunque per permettergli di sostare un poco su quanto ha appena letto e magari pensare come avrebbe agito al posto del protagonista o che cosa avrebbe provato in quello stesso frangente. Mi interessa, insomma, che la lettura dei miei racconti non si esaurisca tutta nelle parole che ho scritto io, ma possa innescare qualcosa che va oltre.
Come hai scelto gli oggetti e le storie?
Devo dire che ho avuto l’imbarazzo della scelta, perchè sono abituata a osservare gli oggetti storico-archeologici o quelli artistici pensando quasi sempre alle storie che custodiscono: quindi, una volta scelto di seguire questo filo conduttore, un sacco di oggetti e di storie possibili si sono affacciati alla mia coscienza. A quel punto ho voluto selezionarli in modo da avere una certa distribuzione temporale e spaziale, e poi, sulla base delle storie che mi sembravano più curiose o significative. Bisogna aggiungere, però, che si tratta in tutti i casi di oggetti che ho potuto vedere di persona in periodi diversi della mia vita, e che hanno destato in me sensazioni molto forti (inquetudine, ammirazione, curiosità).
Con le tue storie si viaggia molto. Ci porti nell’Antico Egitto, in Magna Grecia, in Sudamerica, nella Francia della Rivoluzione. Ogni angolo del mondo ha una storia da raccontare?
Credo proprio di sì. Sono molto affascinata dalle differenze culturali presenti sul nostro pianeta, che si riflettono in differenze nei costumi, nelle forme sociali e di espressione artistica; credo però che alcuni sentimenti profondi dell’animo umano siano pressochè invariati ovunque ci si trovi e in qualunque epoca, e che dunque, raccontarli, possa avere un valore unversale.
L’apertura e la chiusura però sono a Torino. Da Marengo a i circoli canottieri sul Po. Com’è il tuo rapporto con la città?
Torino, col suo carico di storia, è di certo stata importante nell’accendere la mia passione per l’antichità: anche se non possiamo “competere” con molte altre città d’Italia, ogni volta che intravedo le Porte Palatine provo un profondo senso di ammirazione e quasi commozione; non potrò poi mai dimenticare una gita di classe al Museo Egizio, quando avrò avuto sì e no otto anni, in cui facemmo un magnifico laboratorio di produzione di un foglio di papiro e rimasi incantata davanti alla parrucca di Merit e dai suoi oggetti di uso comune (mi sembrava di vederla truccarsi e acconnciarsi, indossare i suoi abiti e gioielli per poi uscire per le strade dell’antico Egitto); e poi il museo di antichità, con reperti di epoche molto lontane, tra cui le le barche dei palafitticoli trovate nel lago di Avigliana e lo scintillante tesoro di Marengo; fino arrivare alla storia barocca e poi ottocentesca-primo novecentesca, con gli edifici, sempre bellissimi, dei circoli canottieri sul Po. Torino è una città che offre grande ispirazione e che, anche se ci abiti da tutta la vita, non smette mai di stupirti (almeno a ma continua a fare questa impressione).
Ci sono un oggetto o una storia che sono rimasti fuori da questa raccolta?
Purtroppo sì! Le mie note sul telefono, sul computer e qualche appunto cartaceo sono lì a testimoniare che le idee che ho avuto sono state ben di più di quelle che ho tradotto in racconti: se con l’editrice Francesca Mogavero valuteremo che ci sia spazio per farle emergere, altri oggetti, più o meno preziosi, sono lì pronti a raccontarci nuove storie.
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