A2A compra gas e riacquista le proprie azioni: ma non credeva nel Green deal europeo?
- Postato il 5 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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E’ di alcuni giorni fa la notizia dell’acquisto di gas naturale liquefatto (GNL) da British Petroleum da parte di A2A per beneficiare “di una maggiore stabilità e prevedibilità dei prezzi nel medio lungo periodo” fino a coprire il 20% del fabbisogno complessivo di energia di A2A.
L’acquisto è di particolare importanza perché segna una inversione di tendenza strategica della Multiutility bresciano-milanese, passando da leader della transizione ecologica al ritorno al fossile ben oltre le necessità nazionali e le peggiori delle ipotesi climatiche. Infatti:
1) così viene ribadito che, al di là dei proclami, il gas (nel caso oggetto dell’accordo trattasi di GNL) è, e sarà, ancora centrale nella strategia di medio-lungo termine di A2A tanto da arrivare ad impegnarsi all’acquisto su un periodo di 17 anni;
2) è una scelta impegnativa quella di coprire un volume così significativo della propria domanda energetica con GNL, che potrebbe rivelarsi un autogol se dovessero riprendere i flussi di gas via condotta dalla Russia… in 20 anni infatti possono succedere tante cose;
3) sarebbe interessante capire come questo contratto possa garantire maggiore stabilità e prevedibilità dei prezzi in particolare, come è probabile, dovesse essere prevista qualche forma di indicizzazione del prezzo di acquisto;
4) oltre all’accordo per il GNL, le due società lavoreranno insieme per consentire ad A2A di ottimizzare la capacità di trasporto marittimo per una parte del volume gestito. Questo significa che il GNL acquistato da A2A potrà essere destinato anche a terminali di rigassificazione diversi da quelli italiani (pertanto se il mercato asiatico dovesse pagare di più, la nave gasiera potrebbe essere dirottata nel mercato che paga di più il GNL).
Oltre a questa scelta, in questi giorni ha sorpreso anche un’altra decisione di A2A: quella di approvare un piano di riacquisto di azioni proprie fino al 10% (che, se attuato completamente, sarà di oltre 313 milioni di azioni per complessivi 600 milioni di euro). Destinare una parte (consistente) della liquidità aziendale per ricomprarsela dal mercato sottrae risorse agli investimenti verdi e li dirotta verso la finanza.
Perché questa operazione di “buyback”? Chiuso un florido bilancio, non pare ci siano problemi di sostenere le quotazioni del titolo visto che il gigante dell’energia vive di rendite di posizione e si assicura ricchi extraprofitti. Si può spiegare in ottica difensiva da eventuali scalate, incrementando l’influenza dei soci originari. Questo fenomeno è un trend crescente a Piazza Affari che fa parte della più generale finanziarizzazione dell’economia a scapito dell’aspetto industriale e redistributivo (le tariffe elettriche italiane sono le più care d’Europa) della ricchezza. Una tendenza che non dovrebbe appartenere ad una società pubblica come A2A che dice di credere nel green deal europeo.
Il recente black-out spagnolo ci ha insegnato che per avere reti sicure, ben gestite ed intelligenti servono forti investimenti e che il cambiamento climatico sta mettendo a dura prova le reti di distribuzione cittadine. Il black-out di Bergamo di questi giorni dovuto al caldo non può più essere etichettato come “anomalo” ma purtroppo è diventato la normalità: dovrebbe far riflettere l’azionista pubblico sull’opportunità di conferire mandati più stringenti riguardo la sicurezza delle reti cittadine e gli approvvigionamenti energetici.
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