A un passo dalla Cop 30 l’Ue si spacca su target climatici e sulle flessibilità per i Paesi. E l’Italia punta i piedi: vuole meno limiti ambientali
- Postato il 4 novembre 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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A un giorno dal summit dei leader che precederà la Cop30 sul clima di Belém, ore e ore di discussioni non sono bastate ai ministri dell’Ambiente all’Unione europea per mettersi d’accordo sul target climatico al 2040. La riunione straordinaria del Consiglio Ue Ambiente è andata avanti a oltranza a Bruxelles, per arrivare alla posizione negoziale sulla legge europea sul clima, da cui ripartire per affrontare la trattativa con il Parlamento europeo. Lo scontro non è sul taglio in sé: nessuno vuole toccare la proposta presentata a luglio 2025 dalla Commissione Ue di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040 (rispetto ai livello del 1990), ma i capi di Stato e di governo hanno deciso di allentare le condizioni di mercato e il negoziato si è acceso sulle ‘flessibilità’ contenute in un testo di compromesso della presidenza danese e messe in campo per rendere la traiettoria verso il 2040 meno rigida. Per alcuni Paesi, come Spagna e Svezia, da concedere con parsimonia per non svilire l’ambizione, secondo altri da distribuire alleggerendo il più possibile il peso dei tagli. E tra questi, in prima fila, c’è l’Italia, accompagnata da Francia, Polonia, Bulgaria, Ungheria e Romania. Al centro delle discussioni i tempi e le modalità per il ricorso ai crediti internazionali di carbonio – ovvero progetti di alta qualità extra Ue da conteggiare nel calcolo delle emissioni – e la clausola di revisione ogni due anni proposta dalla presidenza di Copenaghen per accogliere le richieste dei leader Ue. Per un accordo sul target è richiesta la maggioranza qualificata, ovvero 15 Stati membri su 27 che rappresentano almeno il 65% della popolazione. Ma sono venute fuori tutte le divergenze e le tensioni. Prima di cena, la presidenza danese dell’Ue lavorava alla stesura di un nuovo testo di compromesso. Per convincere gli Stati più reticenti, l’ipotesi è quella di inserire il rinvio di un anno – dal 2027 al 2028 – del nuovo sistema di scambio quote di emissione Ets per trasporti ed edifici.
Dietro il target al 2040, la necessità di un obiettivo al 2035 da portare a Belém
Il tempo stringe: il target 2040 sarà la base per aggiornare anche il Contributo determinato a livello nazionale (Ndc) per il 2035, cioè l’impegno del continente nella riduzione globale delle emissioni che l’Unione europea dovrà presentare (ed è già in ritardo) alla Cop30 di Belém, in Brasile. Manca davvero poco considerando che quest’anno il vertice dei leader partirà il 6 novembre, prima dell’avvio ufficiale della Cop. Finora l’Ue ha prodotto solo una dichiarazione d’intenti con un taglio compreso tra il 66,25% e il 72,5% rispetto ai livelli del 1990. Non basta, ma l’Unione europea è spaccata. Lo aveva fatto capire il commissario europeo per il Clima, Wopke Hoekstra, al suo arrivo alla riunione straordinaria del Consiglio Ue Ambiente, che non sarebbe stato facile raggiungere un accordo. Perché la discussione sui target, e ancora di più sulle flessibilità, è lo specchio delle divergenze che negli ultimi anni i Paesi hanno avuto su molte (se non tutte) le tematiche ambientali.
I crediti internazionali di carbonio nel calcolo delle emissioni
Esempio emblematico è stato il dibattito sui crediti internazionali di carbonio. La Commissione Ue aveva proposto di consentirne l’uso dal 2036 per una quota del 3%. Spagna e Germania vogliono mantenere quella proposta, con la stessa quota, mentre Italia e Francia spingono per alzarla al 5% (per Pichetto la quota minima da prendere in considerazione, ndr) anticipandone al 2031 l’entrata in vigore, mentre la Polonia chiedeva di arrivare al 10%, sempre con anticipo al 2031. “Riteniamo che un obiettivo di riduzione così ambizioso deve necessariamente essere accompagnato dalle opportune condizioni abilitanti e flessibilità” ha dichiarato, all’apertura della riunione straordinaria, il ministro italiano Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui la proposta della Commissione sui crediti internazionali “è largamente insufficiente”. “Vorrei sottolineare – ha poi aggiunto – che le indicazioni dei capi di Stato e di governo riguardo ai crediti internazionali sono estremamente chiare: dobbiamo prevedere un adeguato quantitativo di crediti”. E ha chiesto di includere, in nome della neutralità tecnologica e citando le conclusioni del Consiglio europeo “un riferimento ai biofuel sostenibili per il trasporto stradale”. Di fatto, in nottata, la presidenza danese stava lavorando per inserire nel testo anche il riferimento chiesto da Pichetto. “Nel più ampio quadro di rafforzamento delle flessibilità – ha detto – desidero ribadire la nostra richiesta di rimuovere (dalla legge per il clima, ndr) i blocchi normativi che limitano l’uso degli assorbimenti tecnologici. Ogni Stato membro deve poter scegliere liberamente come impiegare tutti gli strumenti a propria disposizione utilizzando tutte le leve disponibili secondo le proprie priorità nazionali”. E ha fatto riferimento ai sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 (Ccs), cattura diretta dall’aria atmosferica con stoccaggio (Daccs), e combustione di biomassa per produrre energia con relativa cattura e stoccaggio (Beccs). Anche la Francia tiene il punto. Per la ministra dell’Ambiente, Monique Barbut, dato che l’Ue oggi pesa per appena “il 6% delle emissioni” climalteranti a livello mondiale, prevedere un contributo più alto dei crediti internazionali di carbonio ai fini del calcolo del rispetto degli obiettivi climatici Ue è in realtà “in linea con la scienza”. E ancora: “Poter investire nelle emissioni dei Paesi del Sud, e in particolare nei Paesi che hanno fonti energetiche ad alto contenuto di carbonio, che dipendono ancora dal carbone e da fonti energetiche come queste, ci permetterà di ridurre i nostri disastri”.
La proposta danese di una clausola di revisione biennale
Per agevolare un’intesa, la presidenza danese aveva proposto di inserire una clausola di revisione biennale sul target e, su pressione francese, un ‘freno di emergenza’ per poter adeguare l’obiettivo climatico nel caso in cui le rimozioni ‘naturali’ del carbonio – ovvero la cattura di Co2 ottenuta attraverso foreste e uso del suolo – si rivelassero inferiori alle attese. La presidenza danese ha anche proposto la possibilità di una verifica della legislazione ogni due anni. Molti Paesi membri sono d’accordo, visti i rapidi cambiamenti internazionali, ma per altri è a rischio la prevedibilità della legislazione, condizione necessaria per gli investimenti. “La nostra proposta di compromesso cerca il giusto equilibrio tra la definizione degli obiettivi” climatici “e la creazione di un contesto che possa garantire che l’Europa rimanga competitiva e sicura” ha dichiarato il ministro danese del clima, Lars Aagaard. Secondo il commissario europeo al Clima, Wopke Hoekstra, però, “menzionare esplicitamente una revisione dell’obiettivo 2040 all’interno della clausola di revisione invierebbe un segnale sbagliato, perché l’incertezza riguardo all’obiettivo e all’architettura sottostante potrebbe spingere gli investitori nella direzione sbagliata”.
Ets per trasporti ed edifici entra nelle trattative sul target climatico al 2040
In nottata, per convincere gli Stati membri più reticenti, la presidenza danese dell’Ue stava lavorando per inserire nel compromesso un riferimento al rinvio di un anno, dal 2027 al 2028, del nuovo sistema di scambio quote di emissione Ets per trasporti ed edifici. Nel corso della giornata la posizione contraria di alcuni Paesi è stata manifestata a più riprese. L’Ets 2 è il sistema di scambio delle emissioni di anidride carbonica che entrerà in vigore nel 2027, estendendo il sistema del carbon pricing, oggi applicato solo alle industrie di alcuni settori, anche al riscaldamento domestico e al carburante per veicoli. “L’Ets 2 potrebbe essere il singolo strumento di politica climatica ad annientare il sostegno pubblico all’azione per il clima in Europa” ha detto Krzysztof Bolesta, segretario di Stato della Polonia al Clima e all’Ambiente.
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