A Perugia l’ultima mostra del grande fotografo Gianni Berengo Gardin prima della morte
- Postato il 26 agosto 2025
- Fotografia
- Di Artribune
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“Sono stato l’ultimo a fotografare lo studio di Morandi prima che venisse smontato per poi essere ospitato a Palazzo d’Accursio e fui testimone di un’importante scoperta. Spostando un armadio, scoprimmo una piccola porta che rivelo un minuscolo ripostiglio di cui si era persa memoria, pieno di oggetti che compaiono nelle tele del pittore, protagonisti della sua pittura”. Così racconta – o meglio raccontava – Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930 – Genova, 2025) in quella che è oggi la mostra con cui il maestro ligure si congeda da questo mondo. A distanza di poche settimane dalla sua morte, questo progetto, allestito nella Camera Oscura della Galleria Nazionale dell’Umbria, assume i caratteri di un vero e proprio testamento artistico. Il caso ha voluto che anche il tema si confacesse bene alla situazione. Una piccola, raffinatissima, selezione di scatti in bianco e nero che immortalano gli ultimi istanti di esistenza dello studio di Giorgio Morandi, prima che fosse smantellato. Ai tempi della realizzazione delle immagini, Berengo Gardin volle omaggiare il pittore defunto poco tempo prima. Allora il mondo piangeva il maestro delle bottiglie e delle brocche vuote eterne. Oggi il pensiero va al maestro con la Leica.

La mostra di Gianni Berengo Gardin alla GNU di Perugia
Il progetto espositivo nasce come proposta della serie dedicata ai grandi nomi della fotografia che la Galleria umbra porta avanti dall’estate 2024. Come nei precedenti, una ristretta e attenta selezione di immagini esplorano una sfaccettatura del fotografo, concentrando l’attenzione sugli scatti accompagnati da qualche messaggio testuale prorompente. Qui sono le parole – tra le ultime che portano il suo nome – di Gianni Berengo Gardin a guidare la visione. Parole colme di stupore e affetto verso Giorgio Morandi e verso il suo studio, che – nel lontano 1993 – fu incaricato di immortalare. Prima che fosse smantellato per sempre.
Lo studio di Giorgio Morandi documentato da Gianni Berengo Gardin
Così, con il suo solito piglio documentaristico di chi è al servizio del realismo (e non della finzione), Berengo Gardin entrò in punta di piedi nello studio di Morandi. Con la sua Leica, con il suo bianco e nero privo di ogni affettazione – tanto lontano dalle odierne immagini che colgono gli ambienti – dipinse il luogo che per decenni aveva ispirato il maestro pittore. Di più: ne colse gli abitanti. Le presenze “oggettuali” che a tanti sembrerebbero semplici bibelots, ma che per Morandi erano tutto della vita. Le sue brocche, i suoi bicchieri, le ciotole color latte e i vasi di fiori secchi. Un popolo inanimato solo in apparenza, che nascondeva nel profondo l’anima dei suoi cari e della sua famiglia. Nei dipinti dell’artista emiliano la “cosa” diventa viva, sospesa in quelle atmosfere così ovattate e silenziose. Le fotografie di Berengo Gardin raccontano con un altro medium quegli oggetti simbolici, che paiono più animati che mai.






Il ripostiglio segreto in mostra alla GNU
Tra le fotografie esposte spiccano quelle che confessano nel loro titolo un segreto. Il “ripostiglio segreto” che per tanto tempo era rimasto tale, celando alla memoria collettiva centinaia di oggetti che mancavano all’appello. Fu proprio in occasione degli scatti che venne riscoperto. Con la curiosità di un fanciullino pascoliano, pur sempre in modo discreto e puro, Berengo Gardin ci fa entrare anche in quel cantuccio misterioso, illustrandoci i suoi oggetti-abitanti. L’invito della curatrice della mostra, Alessandra Mauro, è a scovare quali di essi sono raffigurati nelle due opere di Morandi esposte accanto alle fotografie.
Le fotografie di Gianni Berengo Gardin in mostra alla GNU di Perugia
Si sarà capito ormai: l’esposizione alla GNU è un’esperienza raccolta, da sorbire in silenzio quasi religioso. Le immagini dello studio che ne immortalano, oltre agli oggetti, anche il mobilio e i dettagli “personali” di Morandi inducono al raccoglimento. Il pensiero va al ricordo di questi due grandi uomini che furono della storia dell’arte. Uno pittore, l’altro fotografo. Entrambi dalla sensibilità singolare, capaci di trasformare il banale della realtà quotidiana in materia dal valore epico. Entrambi eternamente vivi attraverso le loro opere, che insegnano a osservare anche il nostro vivere di tutti i giorni con un atteggiamento attento e vigile. Perché il senso dell’esistenza si può trovare anche negli oggetti banali lasciati lì a impolverarsi nella credenza.
Emma Sedini
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