A Napoli un’artista fa tornare in vita un antico palazzo del 1400  

Nel cuore di Napoli, nel quattrocentesco Palazzo Como, l’artista Carmela De Falco (Avellino, 1994) trasforma la collezione e i luoghi del Museo Filangieri in un’impalpabile materia d’ispirazione. Le sue opere – da scovare tra le sale – diventano oggetti di meditazione collettiva, intesi a discutere il significato del vero nelle nostre memorie e illusioni.  

La mostra di Carmela De Falco in dialogo con Palazzo Como a Napoli 

L’intensa mostra di Carmela De Falco, curata da Gianluca Riccio e Alessandra Troncone, entra vivamente nella personalità degli spazi ospitanti con opere di delicata presenza, da scovare tra le antiche memorie. Nella cornice del Palazzo – quattrocentesca testimonianza dell’internazionalità partenopea aragonese, in nobile dialogo con il milieu fiorentino – l’artista insinua sculture, installazioni sonore e interventi site specific di pregnante profondità e vitale, intima tensione. Opere di una consapevolezza superiore alla sua giovane età, ben valorizzate dalle scelte curatoriali. La sua ricerca – sempre impostata sulla meditazione riguardo ad ambiguità e paradossalità di micro-mondi e micro-gesti quotidiani – viene abbinata alla pari paradossalità del monumento che la circonda. Palazzo Como, infatti, nel tardo Ottocento fu letteralmente spostato di venti metri per l’ampliamento della prospiciente via Duomo. Un altro parallelismo che si riscontra è con l’ambiguità – il secondo tema prediletto dall’artista – che si associa alla pari ambiguità di un palazzo- museo che è esteriormente rinascimentale, ma internamente apparentemente medievale, con una ricostruzione plausibile ma non veritiera degli ambienti, in linea con le coeve teorie di Viollet-Le-Duc. 

Carmela De Falco, Memomirabilia, Museo Civico Gaetano Filangieri, Sala Agata. Photo Amedeo Bastante
Carmela De Falco, Memomirabilia, Museo Civico Gaetano Filangieri, Sala Agata. Photo Amedeo Bastante

La quotidianità delle opere di Carmela De Falco in dialogo con il Museo Filangieri 

Anche l’attenzione alla quotidianità dell’artista è a suo agio negli spazi del Museo Filangieri. Si può dire che trovi pane per i suoi denti, nel contenuto della Collezione. Questa è infatti ricca – oltre che di dipinti – anche di arti cosiddette “minori” e artigianato. Nonché di oggetti mirabili e memorie da Wunderkammer.  
Inoltre, la sua propensione alla relazionalità prolunga – a distanza di secoli – l’intento del fondatore Gaetano Filangieri. Questi avrebbe infatti voluto aprire un dialogo tra arti minori e maggiori, tra fabbriche, scuole e museo. Avrebbe desiderato mettere in comunicazione cittadinanza e artisti, dimostrando un’attenzione tipicamente illuminista all’educazione delle masse. 

Carmela De Falco, Memomirabilia, Museo Civico Gaetano Filangieri, Sala Agata. Photo Amedeo Bastante
Carmela De Falco, Memomirabilia, Museo Civico Gaetano Filangieri, Sala Agata. Photo Amedeo Bastante

Il percorso della mostra di Carmela De Falco a Napoli 

L’evocazione di presenze-assenze tra le antiche mura, e la paradossalità dei propri criteri di importanza, accolgono immediatamente i visitatori. A ingresso mostra, ecco Camicie identiche (che identiche non sono affatto). Un’opera che monumentalizza il banale, sfidando la percezione, indurendo come marmo in un bagno di resina il cedevole tessuto.  
Salendo poi la suggestiva scala elicoidale, Aperto e Chiuso apre e insieme chiude maniglie di stanze immaginarie (in)esistenti. Il tutto in uno spazio a vocazione di passaggio, quasi a marcare l’ingresso in un’altra dimensione: quella dell’immaginario e possibile. 
La scultura e installazione luminosa Ritratto immerge nel vivo della sala museale principale. È un manichino misteriosamente muto e astante, ma capace di accendere sguardi vivi con gli occhi dei personaggi degli antichi dipinti circostanti, alternativamente illuminati, con intensa suggestione emotiva. 
Doppia cintura e Orologio da polso e Testa o croce, in mimesi con gli oggetti d’arte esposti, sabotano e problematizzano le funzioni quotidiane per cui son nati, ma soprattutto le scelte esistenziali sottostanti. Riflessione ampliata al dominio sociale subdolamente insito in riti tradizionali con Premio e castigo: carbone vero e alimentare, accostati ma indistinguibili, proprio come certe manipolazioni psicologiche. Non a caso, essi sono esposti in vicinanza ad armi vere, o da collezione, e cinture di castità. 

Le opere di Carmela De Falco nascoste nelle sale di Palazzo Como 

Due uccelli che litigano per un pezzo di pane o un uccello nutre l’altro, e Persona che cammina sono quasi invisibili giustapposizioni ai luoghi e alle collezioni museali. Una volta scovate, disorientano con potente, seppur minimale, carisma, attraverso il loro mood surreale e paradossale, e sottili riferimenti a storia e collezioni del Palazzo. 
Si prosegue poi verso un’altra dimensione, ancor più impalpabile, in cui ombre e suoni prendono il posto della materia. L’installazione sonora Dialogo avvolge dell’emotività vocalizzata da due cantanti, assenti in corpo e presenza, ma evidenti in emozioni. La geniale Fuga dalla forma proietta dalle preziose ceramiche del museo, con inchiostro termosolubile, false ombre di veri desideri e ribellioni inconsci, rovesciando convenzioni e violenze antropologiche sottostanti a forme e iconografie storicamente accettate. 
La tappa finale ci apre a livelli superiori, alla necessità di elaborare – come evocato dal titolo della mostra – memorie e valori socialmente presentati come veri e mirabili in scelte critiche.  

Diana Gianquitto 

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Autore
Artribune

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