A Kuala Lumpur il meeting delle nazioni del Sud-est asiatico: l’ingresso di Timor Est è una tappa cruciale

  • Postato il 28 ottobre 2025
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di Aniello Iannone*

Il vertice dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (Asean), in corso a Kuala Lumpur dal 26 al 28 ottobre 2025, segna una tappa cruciale per il regionalismo asiatico. L’evento giunge in un momento in cui il Sud-est asiatico, sospeso tra la pressione delle grandi potenze e la ricerca di una propria autonomia, tenta di ridefinire la propria centralità strategica.

La novità più significativa è l’ingresso ufficiale di Timor Est come undicesimo membro dell’organizzazione, il primo allargamento dagli anni Novanta. Per Dili, dopo 14 anni di attesa, l’adesione è una strategia di sopravvivenza: ottenere legittimità e protezione in un contesto dominato da potenze maggiori. Per l’Asean, invece, è un traguardo simbolico ma anche un test istituzionale. Integrare un’economia piccola e dipendente dal petrolio richiederà flessibilità e capacità di coordinamento che il meccanismo del consenso ha spesso limitato.

Sul piano geopolitico, il vertice è segnato dal ritorno di Donald Trump, alla sua prima missione asiatica dopo il rientro alla Casa Bianca. Washington mira a rilanciare la diplomazia indo-pacifica, presentando l’Asean non come fronte di contenimento della Cina, ma come piattaforma di bilanciamento attraverso l’interdipendenza economica. È un approccio coerente con la logica del bilanciamento attraverso il coinvolgimento, limitare l’influenza cinese non con alleanze rigide, ma attraverso la cooperazione economica e istituzionale. In tal modo gli Stati Uniti cercano di riaffermare la propria presenza senza apparire come forza divisiva.

La Cina, dal canto suo, giunge a Kuala Lumpur in posizione di fiducia. La sua strategia di stabilità attraverso integrazione si concretizza in infrastrutture, credito e connettività, rafforzando la dipendenza economica regionale dal suo sistema di influenza. Tra queste due visioni concorrenti, l’Asean tenta di riaffermarsi come soggetto politico, non solo come spazio di mediazione. La presidenza malese, guidata da Anwar Ibrahim, ha scelto come tema Inclusività e Sostenibilità, riuscendo a portare a casa un risultato diplomatico rilevante: la firma del Kuala Lumpur Peace Accord tra Thailandia e Cambogia, che chiude anni di tensioni di confine. È un segnale della capacità dell’Asean di mantenere una funzione stabilizzatrice, pur nel contesto di una crescente competizione tra potenze esterne. Resta però irrisolto il dossier Myanmar: la “Five-Point Consensus”, pur ribadita, continua a mancare di strumenti vincolanti.

Il vertice si muove lungo tre linee di pressione: economica, strategica e istituzionale. Sul piano economico, l’Asean deve bilanciare le richieste statunitensi di riaprire i negoziati tariffari con la crescente attrazione gravitazionale della Cina. Sul piano strategico, la presenza simultanea di Trump e dei leader cinesi conferma il ritorno del Sud-est asiatico al centro della contesa globale. Sul piano istituzionale, infine, l’ammissione di Timor Est accentua la tensione tra inclusività e capacità decisionale: un regionalismo che si allarga ma fatica a rafforzarsi. Nel migliore dei casi, il vertice potrà produrre risultati concreti, un quadro di cooperazione economica con Washington, un piano infrastrutturale trasparente con Pechino e una roadmap chiara per l’integrazione di Dili. Nello scenario più probabile, prevarranno dichiarazioni solenni e pochi impegni vincolanti. Nel peggiore, le potenze esterne continueranno a dettare l’agenda, confermando la dipendenza strutturale del blocco.

La vera domanda resta se l’Asean saprà trasformare la propria centralità in capacità di azione. Ospitare le potenze globali non basta per orientarle: servono coerenza politica, riforma istituzionale e una leadership collettiva che il blocco spesso invoca ma raramente esercita. L’ingresso di Timor Est diventa così il simbolo dell’Asean stessa, una comunità che cerca protezione attraverso l’inclusione e rilevanza attraverso la sopravvivenza. Il vertice di Kuala Lumpur non cambierà l’ordine indo-pacifico, ma rivelerà molto sul suo equilibrio, se il Sud-est asiatico può ancora essere artefice del proprio destino o se resterà, come troppo spesso in passato, soltanto il suo palcoscenico.

*docente di Politica Indonesiana e del Sud-Est Asiatico presso l’Università Diponegoro di Semarang, in Indonesia

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