A Genova i primi diplomati doula d’Italia: “Verso una nuova cultura della morte”

  • Postato il 17 giugno 2025
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Genova. Genova ha scritto una pagina importante nella storia della cura e dell’accompagnamento alla fine della vita. Al Centro Studi Edoardo Vitale di via Lanfranconi 1/7, si è celebrata la cerimonia di diploma delle prime doule del fine vita d’Italia: trentatré corsisti che hanno completato con successo un percorso formativo biennale, profondo e multidisciplinare, pensato per offrire strumenti concreti e umani nella gestione della sofferenza che accompagna la perdita. Non si tratta di un traguardo qualsiasi. Questo corso è il primo nel suo genere in Italia: non solo per la sua impostazione olistica e scientifica, ma anche per l’ampio riconoscimento istituzionale ottenuto. Il percorso formativo si è svolto con l’alto patrocinio dell’ICB (International Chair in Bioethics – Department of One Heatlh, Bioethics and Tecnological Research), è stato accreditato dagli Ordini professionali di psicologi, medici, infermieri e assistenti sociali, ha ricevuto il sostegno dell’Istituto Italiano di Bioetica e della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT), ed è stato accreditato dall’Università di Genova (UNIGE) per la formazione sanitaria continua delle professioni sanitarie (50 ECM).

Chi è la doula del fine vita?

Il termine “doula” deriva dal greco antico e tradizionalmente si riferisce a una figura femminile che offre sostegno, cura e assistenza durante la gravidanza, il parto e il post-parto. Negli ultimi anni, però, la figura della doula si è estesa anche ad altri passaggi cruciali della vita umana: in particolare, al fine vita, momento altrettanto delicato, carico di bisogni emotivi, fisici e spirituali. La doula del fine vita non è un’operatrice sanitaria né una figura religiosa, ma un’accompagnatrice empatica e competente, in grado di stare accanto a chi si avvicina alla morte e alle sue famiglie. Il suo ruolo è quello di creare uno spazio di ascolto, presenza e cura non giudicante, aiutando le persone a orientarsi tra emozioni complesse, paure, rimpianti e desideri non detti. Può facilitare il dialogo tra pazienti, famiglie e professionisti sanitari, supportare la pianificazione anticipata delle cure, e prendersi cura degli aspetti pratici ed emotivi del morire.

Un percorso completo per un tema urgente

Il corso biennale promosso dal Centro Studi Edoardo Vitale ha coinvolto psicologi, medici palliativisti, filosofi, infermieri, antropologi, giuristi ed esperti in etica, proponendo un approccio integrato alla morte e al morire. Le studentesse hanno affrontato moduli sull’assistenza al dolore fisico e alla sofferenza esistenziale, la comunicazione in contesti di crisi, il lutto e la sua elaborazione, le cure palliative, i diritti dei pazienti e le dimensioni culturali e spirituali della fine della vita. Tutto questo è stato possibile grazie alla volontà e al sostegno della presidenza di So.crem. ETS Genova, presieduta da Ivano Malcotti, che insieme a tutto l’organo direttivo ha creduto e investito in questo progetto pionieristico. Un ruolo fondamentale è stato svolto anche dalla professoressa Linda Alfano, psicologa e psicoterapeuta, che in qualità di responsabile del settore formazione ha progettato e strutturato l’intero percorso formativo, dando vita a un programma coerente, rigoroso e profondamente umano. L’Italia, come molti Paesi occidentali, sta affrontando un profondo cambiamento demografico e culturale. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle patologie croniche e degenerative, e il crescente dibattito pubblico su eutanasia, accanimento terapeutico e diritto a una morte dignitosa rendono evidente quanto ci sia bisogno di figure ponte, capaci di mediare tra cure, relazioni e scelte etiche.

Verso una nuova cultura della morte

La cerimonia di diploma è stata un momento di grande emozione e orgoglio. I diplomati – provenienti da varie regioni italiane e con background diversi, molti già impegnati nei settori della cura – hanno ricevuto l’attestato con consapevolezza e determinazione. Questo risultato non è solo un traguardo personale per loro, ma anche un segno dei tempi: un’indicazione chiara che si sta aprendo uno spazio culturale, sociale e professionale in cui morire bene, con dignità e accompagnati, diventa un diritto concreto, e non un’utopia. In un’epoca in cui la medicina ha compiuto straordinari progressi tecnici, ma spesso fatica a rispondere ai bisogni emotivi ed esistenziali delle persone, la figura della doula del fine vita si propone come testimone di una nuova umanità. Un’umanità capace di guardare la morte non più solo come una sconfitta, ma come una fase importante della vita, da attraversare con rispetto, presenza e cura.
Autore
Genova24

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