A Firenze apre un cocktail bar immersivo ispirato ai dipinti di Artemisia Gentileschi
- Postato il 22 agosto 2025
- Arti Visive
- Di Artribune
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Se un turista assetato alla ricerca di un nuovo cocktail bar da provare in città, scegliesse di andare da Artemisia basandosi soltanto sul nome, il rischio di fraintendimento sarebbe piuttosto alto. Per gli appassionati di drink e liquori, infatti, il nome “artemisia” richiama immediatamente l’erba aromatica dell’assenzio, ingrediente chiave del vermouth. Ma per capire che, in questo caso, non si tratta del celebre vino fortificato ma di un nome proprio – e di una persona – al nostro ipotetico cliente basterebbe varcare la soglia del bar dell’hotel Savoy, cinque stelle affacciato su Piazza della Repubblica a Firenze. Qui si troverebbe immerso, letteralmente, tra opere a grandezza più che naturale di Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1652–53), pittrice seicentesca dal talento formidabile e dalla biografia bruciante.
Il nuovo Cocktail Bar Artemisia
Inaugurato di recente, il Cocktail Bar Artemisia è un omaggio visivo e atmosferico all’artista: uno spazio in cui le pareti si animano con scenografie luminose e figure femminili che sembrano uscite da un dipinto. Il progetto porta la firma dello studio C14, che ha curato l’illuminazione scenografica, e di Olga Polizzi, Head of Design di Rocco Forte Hotels, che ha orchestrato arredi, tessuti e materiali con l’intento di evocare un mondo ricco, profondo, narrativo. Le pareti si trasformano, grazie a giochi di luce calibrati, in superfici che ricordano affreschi. I personaggi dei dipinti di Artemisia – Giuditta, Cleopatra, Susanna – diventano parte integrante dell’ambiente, silenziose presenze che dialogano con l’atmosfera, senza mai risultare invadenti.
La forza e la voce di Artemisia
La vita di Artemisia Gentileschi, al centro negli ultimi anni di una rinnovata attenzione critica, è stata segnata da eventi drammatici che hanno plasmato tanto la sua opera quanto la sua percezione nella storia dell’arte. Figlia del pittore Orazio Gentileschi, Artemisia fu vittima a diciassette anni di una violenza sessuale da parte del collega Agostino Tassi. Il processo che ne seguì – pubblico, umiliante, durissimo – culminò nella condanna formale dell’aggressore e nella legittimazione del coraggio di Artemisia, che testimoniò pur sotto tortura. Ma è la sua carriera, non solo il trauma, a fare di lei una figura eccezionale: prima donna a entrare all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, lavorò per le corti europee, ricevette commissioni da grandi famiglie e seppe imporsi in un contesto profondamente maschile. I suoi dipinti mostrano protagoniste femminili potenti, spesso in lotta, sempre consapevoli. Negli ultimi anni, Artemisia è stata riscoperta come pioniera della rappresentazione femminile. Nel 2020 la National Gallery di Londra le ha dedicato una grande mostra monografica, la prima del museo per un’artista donna italiana, contribuendo a spostare il suo nome dal margine al centro del canone. Nel 2025, il Getty Museum di Los Angeles ha presentato il restauro del monumentale Ercole e Onfale, danneggiato nell’esplosione del porto di Beirut, restituendolo al pubblico dopo un accurato lavoro conservativo.
L’omaggio profano del Savoy
Nel bar fiorentino le opere non sono però rappresentate come le si può trovare nei musei. Qui, infatti i dettagli violenti delle tele sono spesso sostituiti con altri più ludici, come se le donne fossero state estraniate dalla loro epoca e (soprattutto) dalla biografia della loro autrice. Può forse sembrare un atto profano – o quanto meno leggero – sostituire le lame affilate che Artemisia metteva nelle mani delle sue protagoniste con coppe Martini o carte da gioco. Un gesto che potrebbe far storcere il naso a chi legge l’opera dell’artista solo attraverso la lente del trauma e della rivendicazione. Ma forse, proprio nella leggerezza di questa trasposizione visiva, c’è la possibilità di liberare Artemisia da quel riferimento onnipresente al suo vissuto tragico, lasciando spazio per una lettura più attenta e formale della sua pittura. Le sue eroine, anche qui, mantengono volti scolpiti nella luce e pose di straordinaria plasticità: una potenza compositiva che merita di essere ammirata anche al di fuori del dramma, in quella dimensione ambigua e sospesa che l’atmosfera di un bar sa evocare.
L’arte liquida: quando il bar diventa tela creativa
Il Cocktail Bar Artemisia si inserisce in un dialogo di lunga durata tra arte e mondo degli spirits. Emblematico il caso di Salvador Dalí, che negli Anni Settanta collaborò con la Distilleria Buton di Torino per decorare le bottiglie del vermouth Rosso Antico: un’edizione limitata, caratterizzata da disegni floreali in blu e turchese, in perfetto stile surrealista, che trasformò il packaging in oggetto da collezione. Ancora prima, il Futurismo aveva già stabilito un legame profondo con il mondo dei liquori italiani. Nel 1932, Fortunato Depero disegnò per Campari la celebre bottiglietta conica di Campari Soda, ispirata a un calice rovesciato: un’icona del design industriale italiano ancora oggi in produzione. I manifesti pubblicitari ideati da Depero, insieme a Giacomo Balla, Umberto Boccioni e Carlo Carrà, definivano la bevanda come simbolo di un’Italia moderna, veloce, dinamica, rendendo la comunicazione visiva parte integrante del prodotto stesso. Nell’ultimo decennio invece sono stati artisti come Maurizio Cattelan (che ha reinterpretato le bottiglie di grappa creando la sua Sgrappa) o il designer Piero Lissoni (che ha firmato l’edizione limitata per il gin premium Ginarte) a continuare a tenere vivo il dialogo liquido tra l’arte e la trascendenza alcolica.
Federico Silvio Bellanca
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L’articolo "A Firenze apre un cocktail bar immersivo ispirato ai dipinti di Artemisia Gentileschi " è apparso per la prima volta su Artribune®.