A Elly Schlein hanno rotto il gps di orientamento politico: un’operazione che viene da lontano
- Postato il 29 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Luca Sommi chiede a Paolo Rossi cosa pensa della sinistra italiana e il geniale giullare di scuola milanese (nato a Monfalcone) gli risponde che ormai non segue più la politica in base alla tradizionale cartellonistica destra/sinistra, bensì secondo gli indicatori post-Covid sopra/sotto.
Suggerimento contromano che nessuno dei diretti destinatari prenderà in considerazione; in particolare chi ne avrebbe più bisogno, tipo la smarrita nella politica italiana Elly Schlein, a cui hanno lesionato il personale gps di orientamento politico. Sebbene non si sappia se l’operazione destabilizzante sia opera dell’ucraino che ha sabotato il gasdotto Nord Stream o del manipolo di guastatori nostrani, rintanati nei meandri del Pd e più noti con l’appellativo di “cacicchi”.
Comunque si tratta di un’operazione che viene da lontano, finalizzata a disarticolare i modelli di rappresentazione che accompagnarono l’uscita dalla catastrofe annunciata del 1929 e guidarono la ricostruzione europea del secondo dopoguerra. Dunque la lunga egemonia liberal-socialista del pensiero keynesiano, che proponeva un assetto progressista di democrazia partecipata e inclusiva. L’alleanza borghesia produttiva e lavoro organizzato sindacalmente, vigente nel cinquantennio che va dalla fine degli anni venti ai roaring Seventies. Un periodo di capitalismo amministrato durante il quale le grandi ricchezze mordevano il freno, predisponendo gli apparati comunicativi per divorziare da welfare e democrazia, demonizzando le politiche pubbliche e promuovendo campagne anti-tasse. La fase preparatoria all’avvento dell’attuale cinquantennio contro-rivoluzionario thatcheriano–reaganiano e dei loro seguaci.
La nuova stagione dell’Occidente in cui i valori dominanti diventano avidità e cinismo. L’accrocco ideologico NeoCon e NeoLib tradotto nell’apoteosi del più sfrenato individualismo, accompagnata dal trompe-l’oeil che “la società non esiste”. Quella che Warren Buffet, uno dei massimi plutocrati al mondo, definisce “la guerra civile dei ricchi contro i poveri”, che determinerà il passaggio dall’economia di mercato al turbocapitalismo fino all’attuale economia artificiale governata dai fondi privati speculativi.
Una colonizzazione della società opera dei Big Three Vanguard, Black Rock e State Street, tra loro interconnessi, che canalizzando la liquidità prodotta dell’evasione fiscale stanno comprandosi lo Stato sociale a pezzi, attraverso le privatizzazioni; “oltre al controllo – scrive l’economista dell’Università di Pisa Alessandro Volpi – delle principali società del pianeta, a cominciare da Apple, Microsoft e da gran parte delle prime cinquanta realtà quotate allo S&P”. Sicché nell’anno record 2022 i fondi registrarono attivi per 44mila miliardi di dollari, un quinto del Pil mondiale.
In Italia i fondi, oltre alle partecipazioni in Snam, Terna, Leonardo, Stellantis (e chi più ne ha più ne metta), stanno trasformando i monopoli naturali pubblici delle multi-utilities – per prima la sanità – in dividendi, alla faccia dalla qualità delle prestazioni. Una concentrazione di potere che manda in brodo di giuggiole una destra che nel proprio Dna reca marchiati a fuoco i valori di autoritarismo e gerarchia, con particolare appeal sulla psiche di una scoperta arrampicatrice sociale quale Giorgia Meloni.
Ma tale sudditanza psicologica è da tempo dilagata anche sull’altro fronte; da quando lo storico Tony Judt smascherò l’antesignano del thatcherismo a sinistra Tony Blair: “a lui non piacciono le privatizzazioni, a lui piacciono i ricchi”. Mutazione genetica che rende indistinguibili le storiche componenti dello schieramento politico.
Un minestrone che ha trovato gli chef nei vertici della sinistra italiana, da D’Alema a Prodi, da Veltroni a Franceschini. Gente cresciuta nel mantra di stare dalla parte della storia la quale, preso atto che il proletariato non era più agente del cambiamento, pensò bene di rintanarsi nel campo dei vincitori: la finanza.
Ma questo vale per la trepida Elly? Per lei – semmai – si può parlare di sindrome di Stoccolma: l’identificazione in coloro da cui avrebbe dovuto liberare il Pd e che l’hanno presa in ostaggio, conculcandole il thatcheriano “non ci sono alternative”. Da qui il peso elettorale attribuito a banderuole che rappresentano solo se stesse, quali Calenda e soprattutto Renzi. Il credito a una palese renziana-berlusconiana come la sindaca di Genova Silvia Salis. Quella che se ne frega della città che l’ha eletta perché si presume avversaria per diritto di generone romano di Meloni nel 2027. Ma prima bisognerà far fuori Schlein. Missione a cui si direbbero delegati i suoi sequestratori.
Una fine per mancanza di orientamento nello scenario politico e di percezione del proprio vero target di riferimento, a causa di un gps mentale in tilt. Che poteva riparare un poeta oggi dimenticato – Bertolt Brecht – quando scriveva alla Paolo Rossi: “chi sta in alto dice: si va verso la gloria/chi sta in basso dice: si va verso la fossa”.
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