6 aziende su 10 non sono pronte a gestire l’invecchiamento dei lavoratori

Il 62% dei manager italiani ritiene che le imprese non siano ancora pronte a gestire una forza lavoro sempre più anziana. E più di un dipendente su tre ritiene che la sua azienda non sia abbastanza attenta alle esigenze dei lavoratori più maturi, come un migliore equilibrio tra vita privata e professionale, ritmi sostenibili, stabilità e sicurezza.

Sono i risultati della ricerca ‘La sfida della longevity’, realizzata da Intoo e Wyser, due società di Gi Group, tramite interviste a centinaia di dirigenti e lavoratori con almeno 50 anni. Una questione che diventerà sempre più urgente nei prossimi anni: secondo l’Istat, entro 20 anni un terzo della popolazione italiana sarà over 65, e già oggi quasi un lavoratore su cinque ha almeno 55 anni.

La gestione degli over 50

Secondo lo studio, solo il 20% dei lavoratori over 50 è a conoscenza di iniziative aziendali dedicate e solo il 12% vi ha partecipato. Le misure, quando ci sono, riguardano soprattutto il prepensionamento, seguito da programmi di formazione, flessibilità oraria, mappatura delle competenze e benessere organizzativo.

“Con l’aumento della vita media e il progressivo innalzamento dell’età pensionabile, assistiamo alla compresenza in azienda di quattro o cinque generazioni”, ha detto Alessandra Giordano, direttrice employability e career development di Intoo. “Questo comporta ridisegnare le politiche gestionali e di sviluppo, dare una lettura più ampia al concetto di wellbeing, interpretare il dialogo tra le generazioni in senso esteso, senza cadere negli stereotipi”.

Secondo Giordano, è necessario “creare le condizioni affinché le competenze strategiche possano essere trattenute, trasferite e fatte evolvere, mantenere alto l’ingaggio dei singoli, indipendentemente dall’anzianità, e quindi rendere l’organizzazione sostenibile e competitiva. Finora abbiamo visto solo iniziative sporadiche, mirate a singoli gruppi. Serve invece una prospettiva più larga e integrata, che possa rispondere ai bisogni e alle specificità di ognuno e, allo stesso tempo, metta le persone in condizioni di lavorare insieme per uno stesso obiettivo, con un approccio di continuo scambio e integrazione”.

La discriminazione legata all’età

Oltre a non godere di iniziative dedicate, i dipendenti più anziani sono anche bersaglio di discriminazione: ne parlano il 69% dei lavoratori senior e il 78% dei manager. Un dipendente su cinque si è sentito escluso o penalizzato a causa dell’età, mentre otto dirigenti su dieci ammettono che l’età è un ostacolo nella selezione di figure manageriali.

Eppure il 70% dei lavoratori intervistati considera la propria età un valore, perché si accompagna all’esperienza. Del resto, se tre manager su quatto sostengono che i dirigenti più giovani sono favoriti per la loro maggiore padronanza degli strumenti digitali, dalla ricerca emerge che sette over 50 su dieci considerano la tecnologia una risorsa fondamentale e il 76% chiede percorsi di formazione per restare aggiornato. Anche l’intelligenza artificiale è percepita come un’opportunità non solo dal 69% dei manager, ma anche dalla metà dei lavoratori senior.

Il bisogno di esperienza

“L’attenzione del dibattito pubblico e aziendale è oggi concentrata su due grandi transizioni – quella digitale e quella ambientale – mentre si tende a sottovalutare una trasformazione strutturale ben più profonda: l’invecchiamento della popolazione e l’impatto della longevità sul lavoro e sulla società”, ha detto Marinella Sartori, amministratrice delegata di Wyser. “Il livello di consapevolezza e maturità organizzativa non è ancora tale da tradursi in politiche e iniziative concrete, in grado di affrontare questa evoluzione. Il ritardo si manifesta non solo nella gestione delle persone e nei percorsi di sviluppo, ma anche su temi come il passaggio generazionale, che coinvolge la maggior parte del tessuto produttivo italiano. Basti pensare che un imprenditore su due, oggi, ha più di 50 anni”.

Per Sartori, “il valore della seniority” continua a rappresentare “un presidio fondamentale. Le aziende continuano ad avere bisogno di figure in grado di offrire visione, esperienza e una capacità decisionale maturata nella gestione della complessità. Integrare queste competenze con lo slancio dell’innovazione è una delle sfide chiave per garantire equilibrio, continuità e competitività”.

La soddisfazione lavorativa degli over 50

Nonostante tutte le difficoltà, il 65% dei lavoratori over 50 si dichiara soddisfatto del proprio lavoro, soprattutto per l’autonomia e le responsabilità conquistate nel tempo. Il 36%, però, è aperto a nuove opportunità, e tra i manager di alto livello il 13% è alla ricerca attiva di un nuovo impiego.

La metà degli over 50 si vede ancora nella stessa azienda in futuro, mentre il 30% spera di andare in pensione o accedere a politiche di prepensionamento. Una prospettiva che non equivale per forza alla fine della carriera lavorativa: secondo l’Istat, nel 2023 erano ancora attivi oltre 260mila pensionati del settore privato, cifra in aumento del 90% rispetto al 2014.

L’articolo 6 aziende su 10 non sono pronte a gestire l’invecchiamento dei lavoratori è tratto da Forbes Italia.

Autore
Forbes Italia

Potrebbero anche piacerti