48 ore a San Teodoro: una fuga rigenerante tra mare, storia e leggenda

  • Postato il 24 giugno 2025
  • Viaggi
  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è un angolo di Sardegna dove il tempo si dilata e il respiro si fa più profondo. Un luogo dove il turchese del mare si fonde con il profumo dell’elicriso selvatico, e ogni sguardo è una cartolina. Se siete a Milano, Roma o in qualsiasi altra città, stretti nella morsa di quest’insolita afa di giugno, bastano più o meno di sessanta minuti di volo per atterrare a Olbia e trovarsi catapultati in un mondo parallelo.

È mattina presto a Milano, l’asfalto bolle già sotto i piedi e l’aria è quella densa e appiccicosa che solo giugno sa regalare. In città le temperature sfiorano i 35 gradi, e l’idea di un altro weekend in terrazza tra ventilatori e zanzare non è un’opzione. Poi un pensiero: un volo per Olbia dura appena un’ora. In meno tempo di quanto ci si impieghi per attraversare la città all’ora di punta, potresti ritrovarti immersa nei profumi di mirto e timo selvatico, con i piedi a mollo nelle piscine naturali di Molara. Così parte l’idea di una fuga a San Teodoro, nel cuore della Gallura più bella e segreta, quella che oggi sfida la Costa Smeralda per charme, ma lo fa senza clamore.

Un viaggio che comincia prima del decollo
L’aeroporto di Olbia è piccolo e funzionale. In meno di venti minuti di auto, si arriva al Veraclub Amasea Veratour, nascosto tra i cespugli di lentisco e le curve basse della costa. Ad accogliere gli ospiti ci sono le bouganville in fiore e la brezza del mare, ma anche un’ospitalità all’italiana che sa di casa, ma con tutti i comfort per staccare davvero la testa dalla routine. “A livello generale, il 43% dei nostri ospiti torna ogni anno, in Sardegna questa tendenza è ancora più accentuata”, spiega Stefano Pompili, Ceo Veratour con orgoglio. E non è difficile capirne il motivo. L’Amasea è una struttura elegante ma discreta, a misura d’uomo – come da filosofia Veratour – con circa 150 camere distribuite in piccole unità circondate da una vegetazione lussureggiante: ogni dettaglio, dai servizi alla cucina mediterranea d’eccellenza, è pensato per un benessere autentico. C’è la spa per un massaggio rilassante, il miniclub per far divertire anche i più piccoli e un’animazione coinvolgente ma mai invadente. Non c’è ostentazione, ma armonia. Non c’è la ressa dei grandi resort, ma una familiarità gentile. Un posto dove il lusso è fatto di silenzi, tramonti sul mare e cocktail al mirto da sorseggiare sulla spiaggia mentre anche l’ultimo raggio di sole va a nascondersi dietro l’orizzonte.

L’oro blu di Molara
Al largo della costa si trova Molara, un frammento di paradiso galleggiante. Si staglia proprio di fronte ed è impossibile non riconoscerla con le sue pareti rocciose modellate dal vento che in certi punti ne ha fatto delle grotte. Un tour in barca qui è d’obbligo: l’acqua è così limpida da sembrare filtrata. Le sue piscine naturali sono famose per la trasparenza surreale dell’acqua, una sfumatura di turchese che lascia senza fiato. Solo il rumore delle onde, qualche gabbiano e i ronzi delle barche in lontananza rompono il silenzio. Nuotare tra i pesci nelle calette protette, accessibili solo in barca, è un’esperienza che resta nella pelle. L’intera zona è parte dell’Area Marina Protetta Tavolara – Punta Coda Cavallo, nata nel 1997 e oggi gestita da un consorzio che coinvolge San Teodoro, Olbia e Loiri Porto San Paolo. “Abbiamo 44 km di spiagge e circa 105 km di territorio, c’è sia mare che montagna, e la spiaggia del villaggio Amasea rientra nella zona tutelata”, spiega la sindaca di San Teodoro Rita Deretta, orgogliosa di un territorio che coniuga turismo sostenibile e biodiversità. Delfini, cernie, saraghi, tartarughe marine: il mare qui è un acquario a cielo aperto.

Tavolara: tra regni e leggende
Ma la vera regina di questa fuga sarda è lei: Tavolara, l’isola-monolite che si staglia all’orizzonte con la fierezza di un tempio preistorico. Sette chilometri di lunghezza, uno di larghezza, mille storie. Tavolara non è solo un paradiso per escursionisti e sub: è anche il regno più piccolo del mondo. Un luogo sacro di roccia e vento, dove la leggenda incontra la storia. Qui, a metà Ottocento, Carlo Alberto di Savoia nominò re Giuseppe Bertoleoni, pastore corsaro, fondando il regno più piccolo del mondo. Da allora, la famiglia Bertoleoni ha mantenuto una monarchia simbolica che ha fatto il giro del mondo, finendo persino nei ritratti appesi a Buckingham Palace. Oggi, Tonino Bertoleoni – pescatore, pastore, ristoratore – ne è l’ultimo sovrano simbolico: a 93 anni ma se arrivate in barca potrebbe capitarvi di vederlo proprio accato al molo, con il cappello, i calzoni corti e le maniche della camicia rimboccate, intento a tenere pulita la sua spiaggia. La salita a Punta Cannone, la vetta dell’isola, è un’esperienza mistica. Tra capre selvatiche, ginepri fenici e silenzi assoluti, la montagna ti spoglia del superfluo. In cima, il mondo sembra lontano e la vita più semplice. In basso, il piccolo cimitero reale, dove riposano i sovrani e i giusti tra le nazioni, racconta una Sardegna dove la bellezza si fonde con la memoria. Visitate la tomba reale e noterete che accanto accanto ai “re”, riposano anche due “Giusti tra le Nazioni”: lo storico e senatore Girolamo Sotgiu e sua moglie Bianca Ripepi. I loro nomi sono incisi a Yad Vashem, a Gerusalemme, per aver salvato famiglie ebree dalle persecuzioni nazifasciste a Rodi, rischiando la propria vita. Si sente davvero il respiro della Storia.

San Teodoro: tra vip, natura e comunità
La nostra base per questa fuga da sogno è San Teodoro, un comune da 5.000 abitanti che in agosto ne ospita fino a 100.000. Nonostante i numeri, conserva una forte identità locale. È un borgo che cresce senza tradirsi, popolato tutto l’anno da una comunità attiva. “A febbraio qui c’è la messa la domenica, il Comune è aperto, i bambini vanno a scuola. Non ci spegniamo mai”, racconta la sindaca Deretta. Una cittadina che beneficia direttamente di un turismo gestito con sapienza: “L’imposta di soggiorno, che abbiamo introdotto nel 2021 e che l’anno scorso ha generato 2 milioni di euro, la reinvestiamo per i turisti. Ad esempio, abbiamo messo il trasporto locale gratuito per tutti, che collega le varie frazioni e spiagge”. E si guarda al futuro: “Stanno partendo i cantieri per i primi 5 chilometri di piste ciclabili proprio nella zona di Capo Coda Cavallo, un intervento da 3 milioni e mezzo di euro”. E San Teodoro è anche sempre più meta di élite: da Cristiano Ronaldo a Giorgio Clooney e Stefano Dominicali, dai politici ai reali in cerca di anonimato, tutti trovano qui qualcosa che la Costa Smeralda ha perduto: discrezione, autenticità, libertà. Spiagge come La Cinta – 4 chilometri di sabbia fine, con la laguna retrostante dove si allevano ostriche e pesce – parlano di una Sardegna che sa coniugare turismo e tutela. Più a sud, Cala Brandinchi (soprannominata “Tahiti”) conquista con il suo bianco abbagliante e la vista su Tavolara. E a Capo Coda Cavallo, il panorama è talmente perfetto da sembrare finto: isole sparse come diamanti sul velluto blu del mare, torri di avvistamento e baie nascoste. In primavera esplode di colori, in autunno si ritira e si mostra più intima. Ma in estate, con l’aria ferma delle città che toglie il respiro, diventa una cura.

48 ore di meraviglia: cosa fare
Due giorni possono sembrare pochi, ma bastano per spegnere il rumore e riaccendere l’ascolto. Ecco un itinerario suggerito per sfruttare al massimo un weekend rigenerante:

Giorno 1
Volo mattutino da Roma o Milano (durata: 50-65 minuti)
Check-in al Veraclub Amasea, pranzo e pomeriggio relax in spiaggia
Aperitivo al tramonto, cena tipica vista mare e passeggiata in centro a San Teodoro

Giorno 2
Escursione in barca a Molara, Tavolara e Capo Coda Cavallo
Bagno nelle piscine naturali
Passeggiata sull’isola di Tavolara con visita al cimitero storico
Pranzo in villaggio, relax in spiaggia o attività
Un ultimo cocktail al tramonto e cena in terrazza
Partenza serale

Insomma, il bello di questa zona è che già due giorni bastano per staccare davvero la spina. Due giorni bastano per staccare davvero la spina. E se poi volete prolungare la fuga, meglio ancora: l’Amasea vi aspetta con i suoi ritmi lenti, la sabbia finissima sotto i piedi e un’ospitalità made in Italy che si fa ricordare. Perché questa non è solo una vacanza. È un ritorno a sé stessi, tra mito, mare e memoria. E tutto comincia con un volo di un’ora.

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Il Fatto Quotidiano

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