“3I/ATLAS non è una cometa con una chioma, come dice la NASA, ma è un’astronave aliena”: il “Nostradamus vivente” Athos Salomè rivela la sua teoria

  • Postato il 5 agosto 2025
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31|Atlas è un’astronave aliena“, è il monito lanciato da Athos Salomè, meglio noto come il “Nostradamus vivente“. Il trentottenne brasiliano è ormai molto noto per le sue previsioni, tra cui quella del blackout globale di Microsoft, la pandemia legata al Coronavirus che ha colpito il mondo del 2019 e la morte della regina Elisabetta II nel 2022.

Scoperto due mesi fa grazie al telescopio spaziale ATLAS, situato in Cile, 3I/ATLAS è il terzo oggetto interstellare conosciuto a entrare nel nostro sistema solare. Prima ci sono stati ‘Oumuamua’ nel 2017 e la cometa ‘Borisov’ nel 2019. La NASA ha confermato che si tratterebbe di una cometa con una chioma (una nube di gas e polvere) proveniente da fuori il nostro sistema solare.

Per Athos Salamè, tuttavia, questa interpretazione non corrisponde alla verità. Recentemente intervento al Daily Mail, il parapsicologo ha così ammesso: “Si tratta di un veicolo spaziale camuffato da stella. Il travestimento è necessario perché non siamo ancora abbastanza maturi per il contatto, questa traiettoria è troppo matematica per essere naturale”. Il “Nostradamus vivente” ha poi parlato di quella che potrebbe essere la missione dell’oggetto: “Potrebbe attivare sensori, cambiare rotta o persino avviare trasmissioni al di fuori del Sistema Solare. Non si tratta di una coincidenza astronomica, è un’azione coordinata“.

Per il brasiliano, gli esseri umani sono osservati già da tempo e questo è solo l’inizio: “Quante altre sonde sono passate e sono state scambiate per asteroidi o comete? Stiamo solo iniziando a renderci conto che siamo osservati. Non per ostilità, ma per analisi. 3I/ATLAS è solo l’inizio. L’élite scientifica ignora ciò che non capisce. Ma coloro che leggono codici antichi, mappe cabalistiche e registri occulti sanno che da millenni facciamo parte di una matrice di osservazione”. E poi Athos Salamè ha concluso: “Se siamo osservati, la domanda che dovremmo porci non è ‘cosa vogliono da noi?’, ma piuttosto ‘cosa abbiamo mostrato loro?’ E, forse, il silenzio più grande non viene dallo spazio, ma dalla nostra incapacità di comprendere che siamo già parte di qualcosa di molto più grande“.

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