23enne con problemi psichiatrici rinchiuso in Albania e rimpatriato in Algeria. Interrogazione Pd a Piantedosi

  • Postato il 4 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Oltre a vantare come un successo i pochi rimpatri eseguiti dopo i recenti trasferimenti nel centro di Gjader, in Albania, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dovrà rispondere a un’interrogazione parlamentare sull’espulsione di un 23enne algerino che, a causa dei problemi psichiatrici di cui soffre, non poteva nemmeno essere trattenuto in un centro per il rimpatrio. Al contrario, il lavoro del suo avvocato è stato ostacolato e alla fine, dopo il solito paradossale rientro in Italia, è stato rimpatriato in Algeria dove, a quanto pare, sarebbe stato incarcerato.

A.A. era arrivato in Italia da minorenne. Di recente, non avendo mai ottenuto un permesso di soggiorno, si trovava nel cpr di Macomer, in Sardegna, in seguito a un decreto di espulsione. Da lì, senza essere stato informato di nulla, il 9 maggio scorso viene trasferito in nave nel cpr di Gjader. Dei suoi disturbi psichiatrici se ne accorge anche la parlamentare del Pd Debora Serracchiani, che ne dirà nella relazione sulla visita al centro, denunciando i tanti episodi di autolesionismo nel centro: una media di tre al girono. Come già in altri casi, il certificato di idoneità sanitaria che aveva permesso il trasferimento del giovane algerino dall’Italia all’Albania risaliva all’8 gennaio 2025, non rispettando la prescrizione dell’USMAF (Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera) che richiede un certificato rilasciato entro le 72 ore precedenti il trasferimento. Ma per i primi dieci giorni a Gjader, A.A. non ha alcun contatto con un legale. Il primo colloquio avviene solo il 19 maggio. Al legale Gennaro Santoro il giovane racconta di aver manifestato l’intenzione di richiedere protezione internazionale e di essere stato dissuaso dal personale di Polizia.

L’indomani Santoro riceve copia del fascicolo sanitario del giovane, che conferma la presenza di disturbi psichiatrici. Lo stesso giorno, per protesta, A.A. inghiotte dei vetri, come riportato nel registro degli eventi critici del centro. Santoro sollecita immediatamente le autorità competenti per una nuova valutazione sull’idoneità a permanere nel centro e per il riesame del trattenimento. Passa una settimana prima di avere aggiornamenti: la visita per la valutazione dell’idoneità, inizialmente prevista per il 26 maggio, viene rinviata al 28 maggio a causa di un problema amministrativo relativo ai dati anagrafici inseriti nella richiesta. Quando finalmente la Commissione vulnerabilità dell’USMAF certifica che non è idoneo alla vita in comunità ristretta è già troppo tardi. Nel frattempo A.A. era già rientrato in Italia e, il 27 maggio, rimpatriato in Algeria. Non solo: Santoro viene informato dell’esito della visita solo il 29 maggio e poi, dopo altro insistere per sapere se il giovane è stato condotto in un centro clinico per persone vulnerabili, sarà la Questura a dirgli dell’avvenuto rimpatrio.

“Qualora emergano disturbi psichici o altre vulnerabilità risulta illegittima la prosecuzione del trattenimento ed è necessario disporre la collocazione della persona interessata presso centri di accoglienza destinati a persone vulnerabili ai sensi dell’art. 17 del D.lgs. n. 142/2015”, ricordano nell’interrogazione a Piantedosi e al ministro della Salute, Orazio Schillaci, le parlamentari del Pd Rachele Scarpa e Debora Serracchiani. Inoltre, non risulta che sia mai stata data conoscenza del decreto motivato che ha giustificato il trattenimento di A.A. nel cpr albanese, né se sia stato sottoposto preventivamente, come previsto, a una visita medica che accertasse la sua compatibilità sanitaria con il viaggio aereo di rimpatrio. Santoro depositerà nei prossimi giorni un ricorso per denunciare le irregolarità della procedura e un’azione legale per chiedere il risarcimento danni e il visto di reingresso in Italia per A.A. Che si sia trattato di una terribile svista? Secondo i dati citati nell’interrogazione, “emerge una sistematica violazione della prescrizione dell’USMAF in merito all’attualità dei certificati sanitari di idoneità al trattenimento, che risultano frequentemente datati”, e quindi non conformi alla legge (art. 3 del “Decreto Lamorgese”). Ancora: “In base ai dati ottenuti tramite accesso civico effettuato dalla scrivente e dall’eurodeputata Cecilia Strada, si apprende che nei primi 40 giorni di riapertura del Centro di Gjadër un numero significativo (ovvero n. 16) di persone è stato dichiarato inidoneo al trattenimento per ragioni sanitarie”.

Ai due ministri si chiede se sono a conoscenza dei fatti e se intendano “adottare provvedimenti volti ad assicurare la tutela della salute psicofisica delle persone trasferite e trattenute nei CPR situati sul territorio albanese, evitando il trasferimento di soggetti che, già durante la permanenza nei CPR italiani, abbiano manifestato evidenti segni di vulnerabilità. Nel frattempo, Piantedosi tira le somme del “modello Albania” che il governo continua a magnificare nonostante tutto. “Attualmente nel Cpr di Gjader ci sono poco più di 40 persone in attesa del completamento delle procedure di espulsione”, ha detto nel corso di un’intervista a Sky. “Dall’inizio dell’attivazione sono state trasferite circa 100 persone, di cui 36 poi liberate da decisioni della magistratura. Ad oggi il 45% delle persone trattenute, senza l’intervento della magistratura, sono state rimpatriate, in tutto sono 32 le persone rimpatriate”.

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