2025: Fuga dalle farmacie

  • Postato il 1 marzo 2025
  • Di Panorama
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2025: Fuga dalle farmacie



Abbiamo conosciuto la figura del gettonista per colmare le carenze di medici e infermieri negli ospedali e, in particolare, nei Pronto soccorso. Quello di cui non si è abbastanza consapevoli, però, è che anche un altro settore della sanità è costretto a farne un largo impiego: quello delle farmacie. Si è portati a considerare chi ci lavora come professionisti privilegiati, dai lauti guadagni, immuni da qualsiasi crisi. In realtà, i giovani cominciano ad allontanarsi anche da questo comparto economico. E la conseguenza sono, appunto, le chiamate «a gettone».

A rivelare questo scenario è il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), Andrea Mandelli. «Nel 2023 si è registrato il 20 per cento in meno di laureati in farmacia rispetto a cinque anni fa. C’è una “crisi vocazionale”, permettetemi di usare questa espressione ma è calzante» afferma a Panorama. E va al punto: «Il Covid ha ribaltato le priorità dei giovani, come ha messo in luce un osservatorio qual è il Censis. Nella scelta della futura professione, c’è una maggiore attenzione alla qualità della vita, soprattutto al tempo libero da dedicare alla famiglia o ai propri interessi. E fare il farmacista, come ogni attività nel settore sanitario, comporta un impegno che non può dipendere da riposi domenicali o a Ferragosto e a Natale. La salute non va in vacanza e con essa gli operatori che devono occuparsi dei più deboli e fragili».

Con la liberalizzazione degli orari di apertura sono aumentati i turni di lavoro che dalle 40 ore settimanali sono passate a una quantità imprecisata, visto che comunque le attività restano aperte anche con durata continuata e pure la domenica. Questo è un vantaggio per l’utente ma non si può dire altrettanto per i farmacisti. Il fenomeno dell’abbandono di questa professione è tanto più allarmante a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione. «Al momento le farmacie» spiega Mandelli «sono presenti in modo capillare in tutto il Paese. Ce ne sono 7.200 in Comuni con meno di cinquemila abitanti, 4.400 in località con meno di tremila e 2 mila in quelle con meno di 1.500 abitanti. Circa dieci milioni di persone si appoggiano a farmacie rurali, ma in futuro chissà se il presidio territoriale potrà essere mantenuto». Eppure, in un’Italia dove i disoccupati sono ancora tanti - soprattutto tra i giovani - l’impiego in farmacia è ancora invidiabile. È una laurea che dà immediatamente un lavoro stabile. «Dopo cinque anni, il 75 per cento di chi ha fatto questo studi risulta occupato a tempo indeterminato e il 12,5 per cento con contratti a termine ma di facile stabilizzazione. C’è stato un aumento del numero delle farmacie anche a seguito dei concorsi straordinari, circa un centinaio di unità in più nel 2023. In Italia c’è una rivendita ogni 2.938 abitanti, mentre la media Ue è di una ogni 3.300» sottolinea Mandelli. Secondo i dati diffusi dall’Ente previdenziale dei farmacisti (Enpaf), «oggi la disoccupazione in questo servizio è, di fatto, inesistente, tanto che sia gli esercizi sul territorio, sia il settore pubblico e quello industriale, hanno enormi difficoltà nel reperire personale laureato». Secondo i dati dell’ente emerge che, «al 31 dicembre 2023, i disoccupati risultavano pari all’1,6 per cento del totale degli iscritti, cioè pari a 1.631 su un totale complessivo di 100.298 professionisti associati alla Cassa».

Ma, alla ricerca di una spiegazione per un simile disallineamento nell’occupazione, non è che il lavoro in farmacia sia sottopagato? Nemmeno questa obiezione trova conferma. «Il contratto prevede come primo stipendio al neolaureato 1.700 euro per 14 mensilità» dettaglia il presidente della Fofi. «Sul fronte della formazione universitaria» continua Mandelli «abbiamo cambiato due anni fa il percorso di studio rendendolo più attrattivo, sfoltendo la parte sulla chimica e ampliando l’attenzione a temi attuali come i farmaci da banco e le vaccinazioni». Un altro fattore di allontanamento dalla professione è l’eccesso di burocrazia dell’attività, che poi è quanto lamentato anche dai medici di base. I farmacisti accusano la moltiplicazione degli adempimenti amministrativi che si ripercuotono sul proprio lavoro, con pesanti ricadute anche sui pazienti, in termini di efficienza e qualità del servizio. Dal territorio continuano ad arrivare segnali di difficoltà, anche in zone in cui non ci si aspetterebbero carenze, soprattutto per quanto riguarda le farmacie di comunità. In Veneto, in provincia di Belluno, nelle 75 farmacie attive mancano almeno 20-30 professionisti. «Le strutture sono pesantemente sotto organico» è l’allarme lanciato da Alessandro Somacal, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Belluno che sottolinea anche il problema demografico. «Quando un nostro professionista va in pensione non viene sostituito e il ricambio generazionale è sempre più difficile». A questo si aggiunga «uno stipendio medio non così appetibile a fronte a una richiesta di molte ore di lavoro». Somacal, come altri suoi colleghi, insiste sull’orario pesante che è un disincentivo per i giovani, e chiede un tetto sui tempi di apertura.

Queste problematiche, e la carenza di laureati, alimenta appunto il fenomeno dei «gettonisti» al pari di quanto accade per medici e infermieri negli ospedali, mettendo a dura prova i presidi sul territorio. Si tratta di un modello d’esercizio «a chiamata», quindi non più alle dipendenze di una struttura, con pagamento a ore, attraverso cooperative o aziende, che sta facendo molto discutere nel settore medico. Sono sempre più numerosi coloro che scelgono di «aprire partita Iva» per lavorare in modo più flessibile, coprendo turni notturni, malattie o periodi di picco stagionale nelle località turistiche. Molti optano per la libera professione, così da essere chiamati solo per specifiche necessità. «In provincia si è preferito attivare una libera contrattazione, per cui ogni farmacista viene pagato in modo diverso dai titolari» sottolinea Somacal «così da rispondere alla carenza cronica che ormai interessa il 20 per cento delle nostre strutture». E questo perché un «gettonista» può gestire i tempi dell’impegno e calibrare la richiesta della sua prestazione.

E la retribuzione oraria nelle grandi città? Mandelli riferisce che a Milano, per il turno di giorno, il farmacista «a chiamata» incassa dai 30 ai 40 euro. «Ma bisogna considerare che sono a suo carico la cassa previdenziale, la malattia e non gli viene riconosciuto il Tfr. Quindi non è tutto oro quello che luccica». Mandelli poi sostiene che «l’apertura notturna non ha più la valenza di qualche anno fa. Chi sta davvero male di notte, difficilmente si rivolge alla farmacia ma va direttamente al Pronto soccorso». Il settore andrebbe quindi riorganizzato con un’attenzione al cambiamento della domanda sia da parte dei giovani sia dell’utenza, senza aspettare che il problema diventi drammatico.

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Panorama

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