Volkswagen, tutto da rifare: si riapre il caso Dieselgate
- Postato il 5 ottobre 2025
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- Di Virgilio.it
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Sembrava tutto archiviato, consegnato ai libri di storia dell’automotive come uno dei più grandi scandali industriali del secolo. E invece no: il Dieselgate torna a far tremare Volkswagen. La Corte Federale di Giustizia tedesca ha deciso di riaprire il caso, annullando la delibera dell’assemblea generale del 2021 per “mancanza di trasparenza”. Un colpo di scena che rimette in discussione anni di accordi, risarcimenti e strategie di ricostruzione d’immagine.
Cosa era successo
È il settembre 2015 quando le autorità americane scoprono un fatto che passerà alla storia: milioni di vetture del gruppo Volkswagen montano un software in grado di riconoscere quando l’auto si trova a effettuare un test sulle emissioni e automaticamente ridurre i gas inquinanti emessi. In condizioni reali, però, quei motori diesel rilasciano quantità di ossidi di azoto che superano fino a 40 volte i limiti consentiti.
Il risultato è un terremoto. 11 milioni di auto coinvolte, borse in picchiata, vertici aziendali travolti e un danno d’immagine enorme. Il marchio simbolo dell’affidabilità tedesca si ritrova improvvisamente sotto accusa dall’opinione pubblica mondiale. Nei mesi successivi Volkswagen cerca di rimettere insieme i pezzi. Tra scuse pubbliche, richiami, cause miliardarie e un lento cambio di rotta, il gruppo di Wolfsburg avvia una trasformazione profonda, puntando su elettrificazione, sostenibilità e trasparenza.
Si riapre la vicenda
Proprio mentre l’intero Gruppo Volkswagen sta avviando una marcia indietro su quello che è il percorso di elettrificazione, la ferita torna a sanguinare. La Corte tedesca ha stabilito che la delibera con cui Volkswagen approvò nel 2021 gli accordi di risarcimento non è stata trasparente. In particolare viene contestato che Volkswagen non abbia permesso domande sugli asset patrimoniali degli ex manager né aveva chiarito che l’accordo liberava altri dirigenti da ulteriori responsabilità. In parole povere: tutto da rifare. Il fascicolo è stato rinviato a un tribunale di grado inferiore, che dovrà riesaminare gli atti e deliberare.
Per il Gruppo non è una questione da poco. Finora il Dieselgate è costato oltre 30 miliardi di euro tra multe, indennizzi e spese legali. Una notizia che pesa anche a livello simbolico, proprio ora che Volkswagen stava consolidando la propria identità “green”, cercando di scrollarsi di dosso il passato. La riapertura potrebbe inoltre riportare al centro dell’inchiesta figure storiche come Martin Winterkorn, l’ex CEO che si era dimesso all’indomani dello scandalo e che da allora era rimasto lontano dai riflettori.
Come può influire sui risarcimenti
Il punto chiave è proprio questo: la validità dei risarcimenti approvati nel 2021. In una situazione come questa, l’intero piano di compensazioni potrebbe essere riscritto da zero. Si parla di importi, modalità di pagamento e persino di nuovi soggetti coinvolti. Tutto, insomma, rischia di tornare sul tavolo.
Non è difficile immaginare le conseguenze. Migliaia di investitori e clienti che pensavano di aver chiuso la partita potrebbero vedersi riaprire i conti, mentre Volkswagen si troverebbe nuovamente a gestire una crisi di fiducia in piena transizione verso la mobilità elettrica. A oggi non è chiaro se la vicenda porterà a nuove condanne o se si tratterà solo di un passaggio tecnico. Ma l’impressione è che il Dieselgate non sia ancora finito.
Un caso che ha cambiato l’automotive
Al di là delle aule di tribunale, il Dieselgate ha lasciato un segno indelebile. Una ferita cosi grande apre allo scetticismo, e a pagarne non è stata solo Volkswagen, ma anche il diesel, che ha perso la sua reputazione come simbolo di efficienza, costringendo le case automobilistiche a ripensare strategie e investimenti. Si potrebbe affermare che da quella crisi è nata la spinta decisiva verso l’elettrico: proprio Volkswagen, la protagonista dello scandalo, è oggi tra le aziende che prima hanno scommesso sulla transizione verde, investendo miliardi nella piattaforma MEB e sui modelli ID.
Eppure, il passato non si è ancora cancellato e la sentenza della Corte tedesca rimette sul filo una credibilità costruita con anni, e in pochi giorni messa in discussione.