Trump apre sui dazi: “Con la Ue stiamo discutendo, credo che andrà bene”. Quelli al 30% però al momento restano sul tavolo

  • Postato il 16 luglio 2025
  • Economia
  • Di Blitz
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Donald Trump apre sui dazi. Quelli al 30% restano sul tavolo, “ma stiamo discutendo” perché, assicura il tycoon, adesso l’Europa “ci sta trattando bene”. Poi la previsione distensiva: “Credo che andrà bene”.

Queste parole, il presidente Usa le aveva già sfoderate pochi giorni prima di agitare le tariffe punitive. E a soli quattro giorni dalla lettera recapitata all’esecutivo von der Leyen, i canali tra Washington e Bruxelles sono di nuovo aperti. Gli emissari Ue sono volati oltreoceano con proposte su tutti i fronti: dal compromesso minimo al 10%, rilanciato anche dal Governo Meloni, agli sconti settoriali, fino al tormentato dossier Airbus-Boeing.

Segnali di una volontà politica che la Ue continua a rivendicare, puntando a trovare l’intesa entro il primo agosto. Il conto alla rovescia però prosegue e i primi contro-dazi da 21 miliardi di euro, con aliquote tra il 10 e il 25% per rispondere alle tariffe americane su acciaio e alluminio, in caso di mancata intesa scatteranno il 6 agosto. Poi scatterebbe anche la seconda ondata da 72 miliardi in cui si colpirà l’industria e l’agroalimentare Usa.

Maros Sefcovic
Trump apre sui dazi: “Con la Ue stiamo discutendo, credo che andrà bene”. Quelli al 30% però al momento restano sul tavolo (nella foto Ansa il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic) – Blitz Quotidiano

Dopo l’annuncio di Trump, c’è stato un primo scambio tra Maros Sefcovic e l’omologo Howard Lutnick che è stato definito “neutrale”. Ma, già all’indomani, il capo negoziatore Ue si è impegnato in un nuovo round, stavolta con l’altro interlocutore Usa, Jamieson Greer. Di fronte alle pressioni dell’ala degli intransigenti guidati da Parigi che, per bocca del ministro Jean-Noel Barrot, ha ribadito che l’Europa “non può essere vassalla” degli Stati Uniti, bollando come “un ricatto” l’aliquota al 30%, comunque a Bruxelles prevale la cautela, ritenuta indispensabile il negoziato.

“Non è nostra intenzione attivare alcuna contromisura prima del primo agosto”, è la linea. Sul tavolo dei governi tuttavia ora è planata in via ufficiale la lista formale lunga 200 pagine della seconda tranche di contro-dazi: snellita rispetto ai 95 miliardi ipotizzati inizialmente, ma ancora carica di simboli come carni bovine e suine, suv, pick-up, componenti legati a Boeing (su pressione di Parigi) e l’iconico bourbon del Kentucky, nonostante i timori di Italia, Francia e Irlanda su possibili rappresaglie americane nei confronti delle eccellenze agroalimentari continentali.

In tutto, 158 le voci in meno rispetto all’iniziale lista, con un taglio mirato che risparmia computer, motori, microscopi e strumenti di precisione Usa. Restano fuori dal mirino anche i farmaci, i semiconduttori e le materie prime critiche – come rame e legname – ancora immuni dai dazi di Washington. E un’ulteriore esclusione riguarda i prodotti a uso militare, che Bruxelles ha volutamente lasciato al di fuori del perimetro tariffario anche alla luce delle concessioni messe sul tavolo sul fronte degli acquisti di armi a stelle e strisce. Drastico poi il ridimensionamento delle restrizioni all’export europeo oltreoceano: da 4,4 miliardi a poco più di 94 milioni.

I tecnici Ue sono sbarcati a Washington anche per parlare dello spinoso contenzioso Airbus-Boeing, una disputa commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti che riguarda le sovvenzioni statali concesse ai rispettivi produttori di aeromobili e che va avanti da tempo portando a tariffe punitive reciproche su vari prodotti.

Stati Uniti e Unione Europa puntano a ridurre i dazi, ma sulle modalità per ottenerlo, le distanze restano ampie. Bruxelles punta a rilanciare un quadro sul modello del 1992, con regole multilaterali e paletti agli aiuti pubblici. Washington, invece, preferisce un’intesa bilaterale, più flessibile e lontana dai vincoli condivisi con altri Paesi e con l’odiato Wto. Intanto in Italia il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, definisce “insostenibile andare troppo oltre il 10%”: “Bisogna negoziare senza stancarsi, senza cedere”.

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