Ti ricordi… Stefan Schwarz, il “giovane Robert Redford” al servizio della Fiorentina di Ranieri

  • Postato il 18 aprile 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Le dinamiche del calcio, le sue ritualità, per quanto a tratti banali, sono più che il mero risultato ciò che rende questo sport così popolare e i tifosi così attaccati e accaniti. Sentirsi parte di un insieme, di una storia è un aspetto fondamentale in uno stadio, o mentre si tifa una squadra: ma come fanno i protagonisti a entrare dentro quelle storie e a restarci anni dopo? Con le vittorie ovviamente, ma non solo: sudando la maglia, dando il massimo, andando oltre quel professionismo che oggi ti fa vestire una maglia e domani un’altra. E quali sono i “certificati” che determinano l’ “iscrizione” a quella storia? Sono tanti, ovviamente, e uno di questi è il coro: avere un coro dedicato è un sigillo de facto per essere ricordati a lungo.

Aveva un coro dedicato, per esempio, Stefan Schwarz, centrocampista svedese nato il 18 aprile di 56 anni fa, che ha giocato per tre stagioni alla Fiorentina. Papà tedesco con trascorsi nel calcio dilettantistico, Stefan si dedica allo sport fin da bambino: karate e calcio. Sceglie la seconda strada, senza mai però perdere la passione per le arti marziali, e comincia a giocare nelle giovanili della squadra della sua città, e in un torneo viene notato dal Bayer Leverkusen. Si trasferisce a quindici anni: la lingua tedesca lo agevola, ma poi torna a casa, ed esordisce con i blu anche grazie a Roy Hodgson, nel frattempo diventato allenatore. E’ un centrocampista che in campo dà tutto e gli allenatori sanno di potersi fidare di lui sempre, anche spostandolo in altri ruoli: se non nel mezzo, dove è un affidabile frangiflutti che rompe il gioco avversario, sulla fascia dove corre per due. Passa al Benfica: c’è il connazionale Eriksson in panchina, e poi Jonas Thern e Mats Magnusson. Una squadra che vince per due volte il campionato portoghese e una Coppa del Portogallo, e in Coppa Campioni elimina l’Arsenal.

Sarà proprio George Graham, impressionato dalla forza e dal dinamismo del centrocampista svedese, a chiedere il suo acquisto anche se in fase di presentazione il manager non userà paragoni calcistici per descrivere Stefan, ma lo accosterà “a un giovane Robert Redford”. Forse troppo poco per un centrocampista definito “il sesto uomo più duro della Svezia”: la stagione a Londra non sarà molto positiva, non tanto da un punto di vista calcistico, quanto per il mancato ambientamento di Stefan e dalla sua famiglia nella città. Chiederà la cessione nel 1995: Eriksson lo porterebbe alla Samp, Hodgson all’Inter, mentre la Fiorentina con Cecchi Gori cerca colpi più “a effetto” rispetto a un centrocampista di rottura. Vorrebbe Mario Basler il patron, e magari Roberto Baggio, ma mister Ranieri sa che serve anche equilibrio e Schwarz, che aveva avuto modo di vedere come compagno di reparto di Jonas Thern, sia al Benfica che nella nazionale svedese, può fare al caso dei viola.

L’affare, seppur difficile per i tentennamenti dei Gunners, alla fine va in porto per sette miliardi di lire: Ranieri gli chiede sacrificio, per Stefan non c’è problema. Al centro, a sinistra, a volte più offensivo a volte più in copertura: lui corre, a cento all’ora come ricordano anche i tifosi. Recupera palloni, contribuisce a vincere Coppa Italia e Supercoppa Italiana, e alla cavalcata in Supercoppa europea fino alle semifinali col Barcellona, con un gol determinante per superare lo Sparta Praga agli ottavi. Titolarissimo anche con Malesani, alla terza stagione in Italia, dove trova anche i primi gol in Serie A, nonostante giochi perlopiù terzino.

Beniamino del pubblico, ormai trentenne, quando arriva Trapattoni non sentendosi più protagonista preferisce rispondere alla chiamata di Claudio Ranieri a Valencia: ci rimane una sola stagione in Spagna, contribuendo alla vittoria della Coppa Intertoto. Passa poi al Sunderland, firmando un contratto con quella che viene ricordata come una delle clausole più strane della storia: Stefan si dichiarata interessato al turismo spaziale, il club invece, preoccupato per tale “stravaganza”, gli fa firmare un accordo tale da rendere nullo il contratto in caso di superamento dell’atmosfera terrestre. Stefan non va in orbita e resta al Sunderland per cinque stagioni, ritirandosi dal calcio giocato nel 2003. Appesi gli scarpini al chiodo si dedica all‘attività imprenditoriale: è tra gli ideatori della Atlantic Cup, il torneo che si gioca in Algarve tra club di campionati in cui è prevista la pausa invernale e si dedica all’export tra paesi europei e africani. E ovviamente, a distanza di trent’anni, scandire il suo cognome rimanda a quel coro della Fiesole.

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Il Fatto Quotidiano

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