Sliding doors

  • Postato il 30 luglio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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pensiero altro 30 luglio 2025

“Nel dare forma alla nostra vita, siamo la stecca da biliardo, il giocatore o la palla? Siamo noi a giocare, o è con noi che si gioca?” si domanda Zygmunt Bauman nel suo L’arte della vita. Una formula molto stimolante per suggerire una riflessione, sempre tentando un “pensiero altro”, circa il ruolo del destino nell’esistenza di ognuno di noi. Il primo passo, oserei ricorrere al concetto di propedeutico, per affrontare la questione posta da Bauman credo consista nel tentare una definizione di destino. Riporto quella offerta dal dizionario Treccani: “La parola destino deriva dalla radice di un verbo latino che significa ‘volere, stabilire’, da cui viene anche ostinarsi. Non sorprende quindi che destino indichi l’idea di una predeterminazione delle cose che accadono, percepita come immutabile, quasi come il frutto di una volontà ferma al di sopra delle capacità di azione e comprensione umana”. Nel romanzo “Siamo tutti colpevoli” (BookRoad editore) Vincenzo, un arberesce che vive più o meno isolato nell’entroterra ligure, rivolgendosi a un amico, che lo esortava ad accettare il terribile destino occorso alla sua compagna, replica: “mi stai chiedendo di credere nel destino, ma è un assurdo logico. Il destino è nel passato, non serve crederci, bisogna solo comprenderlo, destino non è ciò che accadrà ma quanto è già accaduto, è per quello che non puoi cambiarlo, ti precede da sempre, da prima della tua nascita”. Le parole di Vincenzo ammiccano al concetto heideggeriano di Geworfenheit che potremmo tradurre con “gettatezza”, in sostanza la constatazione che nessuno di noi ha potuto scegliere quando, dove, da chi nascere e, soprattutto, senza poterne determinare la ragione; siamo stati “gettati” in una predeterminata condizione di realtà, strappati all’Essere per divenire un Esserci, un qui e ora. Ecco a cosa si riferisce Vincenzo, l’essere nati più o meno maschio o femmina, più o meno forti, belli, sani o l’esatto opposto, ovviamente, condizionerà inevitabilmente tutto il corso della nostra vita, senza che si possano in alcun modo modificare le “pre condizioni esistenziali” proprio perché non sono dipese dalla nostra volontà, questo è ciò che potremmo chiamare il “destino nel passato”, ma quanto si reputa essere il “destino nel futuro” ne dipende, certo, eppure conserva margini di libertà del tutto assenti nel primo.

Mi tornano alla memoria le prime sequenze di un geniale lavoro del regista statunitense Richard Linklater dal titolo Waking life; una bimba, dopo aver esortato un amichetto a partecipare a un gioco sul caso e il futuro, pronuncia la frase “il sogno è il destino”, nelle sequenze successive il protagonista conclude un viaggio in treno e, fuori dalla stazione, accetta un passaggio da uno stravagante personaggio che lo accompagna, con un insolito mezzo, verso la prossima tappa, un luogo che è forse già deciso ma che, in realtà, sceglie il protagonista: un altro modo per spiegare cos’è il destino. La parte più interessante, a mio modo di vedere, la si incontra nel breve conversare tra il nocchiere, l’auto è a forma di imbarcazione, e il giovane viaggiatore. Il guidatore afferma che tutti veniamo al mondo forniti di una scatola di matite colorate, chi avrà una scatola con otto colori, chi dodici chi trentasei, ma ciò che conta è come li utilizzerai; la formidabile esortazione del “timoniere” è di colorare senza tener conto della cornice, di varcarla, di non farsi imprigionare da regole o censure che non ti appartengono e che andrebbero a castrare le tue possibilità creative nei confronti dell’opera più importante che potrai realizzare: la tua vita; io almeno l’ho intesa in questo modo. Certo, essere meglio forniti alla partenza del viaggio è un bel vantaggio, ma se non ascolti la voce che ti abita, se non hai il coraggio di darle forma in maniera libera e liberatoria, a poco potrà esserti utile anche un’infinita collezione di pastelli. Insomma, bisogna vedere se nel nostro dar colore creando rimarremo dentro la cornice, se usciremo, se gli accostamenti dei vari colori sapranno vestirsi di inattese sonorità nell’incontro tra le rispettive vibrazioni congenite generndo nuovi alfabeti. Esatto, nuovi personali alfabeti, così che ognuno divenga il racconto di sé realizzato con le parole costruite impiegando i nuovi alfabeti e, mi permetto di chiosare l’affermazione della bimba, se il sogno è il destino ciò che importa è come abbiamo saputo sognare il nostro “destino del futuro” per poi disegnarlo con i colori che il nostro “destino del passato” ci ha consegnato.

Il titolo che ho assegnato a questa breve riflessione è un termine ben noto in ambito psicanalitico ma che è divenuto famoso grazie a un noto film; in esso la chiusura delle porte di una metropolitana hanno impedito alla protagonista di salire sul treno obbligandola a tornare a casa, trovare il compagno a letto con un altra e poi compiere una serie consequenziale di scelte. Il senso della pellicola si chiarisce nella scena finale, ciò che deve accadere accadrà comunque, l’incontro con un nuovo amore avviene nelle due versioni della trama, sia che la protagonista riesca a varcare la sliding door sia che ne rimanga chiusa all’esterno. Non amo questa ipotesi, pur avendo apprezzato il film, mi sento più vicino alla posizione del Vincenzo di Siamo tutti colpevoli, il destino del passato non lo possiamo cambiare, il destino del futuro ne rimarrà condizionato, va bene, ma sarà opera mia la conquista di sempre maggiori spazi di libertà e responsabilità. Ancora una volta il sentimento cardine di ogni esistenza sarà il coraggio, quello di poggiare il prossimo passo dove non avremo certezza che ci sarà terra che sappia sostenerlo ma, per certo, sapremo che sarà vero poiché scelto da noi il più liberamente possibile anche se, in qualche misura, condizionato dal destino del passato. Forse l’invito di Carl Gustav Jung, “Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”, voleva affermare che è importante provare a recidere il cordone ombelicale, quella sorta di condizionante “peccato originale” che ci lega a forze che non possiamo gestire, così da intraprendere il nostro viaggio verso la libertà e la consapevolezza.

Possiamo ora riprendere il pensiero di Bauman e affermare che, se anche non abbiamo scelto il biliardo, la stecca e le bocce, possiamo decidere se giocare e, soprattutto se essere giocatori, gioco o addirittura buca d’angolo. È una questione di delicatissimi equilibri e intrecci tra i due destini ai quali abbiamo accennato, pretendere di giocare a baseball se forniti di stecca da biliardo sarebbe controproducente, ma se ci si atteggia a “buca d’angolo” ci si predispone inevitabilmente a essere infilati da bocce indirizzate da altri o dal “destino” che non farà che assecondare la nostra deliberazione. Non intendo addentrarmi in considerazioni più ampie circa il riscatto dal peccato originale, mi basta osservare che non esiste battesimo che possa divenire lavacro di una colpa non commessa, piuttosto la volontà profonda e chiara di usare i colori dei quali siamo stati forniti senza crogiolarsi in un accidioso lamento circa la nostra mala sorte. Come si dice sostenga il Dalai Lama, nessuno è nato sotto una cattiva stella; ci sono semmai uomini che guardano male il cielo. Mi permetto di sottolineare che abbiamo la possibilità di decidere qual è la “nostra stella” nell’infinitudine del cielo, senza dimenticare il monito kantiano che splendidamente ha chiarito che il cielo stesso perderebbe il suo incanto se privato dello sguardo dell’uomo che ne celebra e ne invera la bellezza. Non so che amare la formidabile e abissale libertà della quale si è appropriato l’essere umano, comprendo bene che questo può spaventare, è un’enorme responsabilità, che vero peccato commetteremmo privando il cielo del nostro sguardo, ma, soprattutto, privandoci della vertigine di scoprirlo specchiato dentro di noi.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.

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