Sanità in Basilicata: Liste d’attesa, la cura che ammala

  • Postato il 1 novembre 2025
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Sanità in Basilicata: Liste d’attesa, la cura che ammala

L’Unione sanità convenzionata punta il dito sul paradosso del settore in Basilicata: Liste d’attesa, la cura che ammala. «La Regione riconosce l’emergenza ma taglia le risorse e crea il problema».


C’è qualcosa di profondamente stonato nella gestione sanitaria lucana degli ultimi mesi. Da un lato, la Regione Basilicata riconosce l’emergenza delle liste d’attesa e vara la delibera di giunta regionale 513/2025 per finanziare prestazioni “straordinarie”. Dall’altro, pochi mesi prima, con la dgr 473/2025, aveva già tagliato risorse proprio dove servivano, producendo quelle attese interminabili che ora dice di voler combattere. È come se si volesse curare una ferita con la stessa lama che l’ha inferta: quella della burocrazia. Le liste d’attesa non nascono dal nulla. Sono la conseguenza di una programmazione malata, di scelte che hanno distribuito i fondi non dove servono, ma dove “si è sempre speso”.

La delibera 473 ha di fatto tradito la logica dei fabbisogni, condannando la Basilicata alla spesa storica del 2014 — una decisione che ha tagliato fuori i territori più produttivi, più innovativi e più vicini ai cittadini, colpendo in particolare quelle strutture che avrebbero potuto assorbire domanda e ridurre i tempi di attesa. Se le risorse fossero state allocate sui fabbisogni reali e non sui ricordi contabili, oggi la Basilicata avrebbe meno attese e più cure. Ma la Regione ha scelto di finanziare la storia invece di finanziare la salute.

LA DELIBERA 513: UNA “TOPPA MAL CUCITA” SENZA FONDI NUOVI

Quando le conseguenze della 473 sono esplose, è arrivata la soluzione — purtroppo, una toppa mal cucita. Così è nata la delibera 513/2025, presentata come il rimedio per abbattere le liste d’attesa. Ma a guardarla da vicino, la toppa non copre lo strappo: lo evidenzia. Innanzitutto, i fondi non sono nuovi: si tratta di residui non spesi per le liste d’attesa dell’anno scorso, che ora si tenta di utilizzare in fretta e furia per evitare sanzioni ministeriali. Non è una strategia: è una corsa contro il tempo. Non un piano di governo, ma un piano di sopravvivenza amministrativa. Il rischio paradossale è che non si riescano nemmeno a individuare i pazienti cui erogare le prestazioni: se così fosse, si rischia di assistere a una nuova stagione di caos, con pazienti abbandonati e strutture ingiustamente penalizzate.

E come se non bastasse, l’elenco delle prestazioni finanziabili rivela un’assenza che grida all’incredibile: Tac e Risonanze magnetiche con mezzo di contrasto. Prestazioni salvavita, fondamentali nei percorsi oncologici, cardiologici e neurologici, indispensabili per diagnosi tempestive e per il monitoraggio terapeutico. In molti casi, la differenza tra una TAC con contrasto e una senza è la differenza tra diagnosticare una malattia o lasciarla avanzare.

IL PIANO NAZIONALE DISATTESO SULLE PRESTAZIONI SALVAVITA

Qualcuno ha provato a giustificare questa esclusione richiamando Agenas, sostenendo che l’Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali non ha inserito tali prestazioni tra quelle monitorate nella piattaforma nazionale. È vero — ma è un argomento che potrebbe non reggere. Il compito della Regione è sì di rispettare la lista di prestazioni che Agenas ha individuato per il monitoraggio, ma anche e soprattutto quello di rispettare il Pngla 2019–2021 attualmente ancora vigente (Piano nazionale di governo delle liste di attesa), che governa la sanità pubblica e chiede di garantire i livelli essenziali di assistenza. Soprattutto perché è la stessa delibera 513, che nel suo testo, cita proprio il Pngla 2019–2021 come riferimento normativo. Ebbene, quel Piano include chiaramente Tac e Risonanze con mezzo di contrasto tra le prestazioni critiche da monitorare e garantire. Se la Regione lo richiama formalmente ma poi lo disattende, non è una svista: è un travisamento. Una scelta che contraddice se stessa e che tradisce lo spirito di assistenza che vorrebbe assicurare ai suoi cittadini.

LE CONSEGUENZE PER I PAZIENTI: “LA LISTA D’ATTESA È UN CONTO ALLA ROVESCIA”

Basterebbe parlare con un qualsiasi medico — e ancor più con un radiologo — per capire quanto sia pericoloso per i pazienti omettere queste prestazioni. Ogni giorno, nei reparti e nei centri diagnostici, TAC e Risonanze con contrasto permettono di salvare vite, di scoprire tumori, aneurismi, ischemie, recidive, calibrare terapie salva vita. Negare o ritardare questi esami significa negare la possibilità stessa di guarire. Significa trasformare la lista d’attesa in un conto alla rovescia. È proprio vero: le liste d’attesa non si risolvono con delibere frettolose. Si riducono solo se si programmano le risorse sui fabbisogni reali, se si valorizzano le strutture che funzionano, e se si ascoltano i pazienti e gli operatori invece di ignorarli. Il tempo della cura non può essere sostituito dal tempo dell’attesa. E la Basilicata, ancora una volta, sembra aver confuso la medicina con la burocrazia. Michele Cataldi Presidente Unione sanità convenzionata

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