Realismo cristiano e potere politico

  • Postato il 5 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Realismo cristiano e potere politico

Da anni, Luca G. Castellin, storico del pensiero politico dell’Università Cattolica di Milano, studia il teologo protestante Reinhold Niebuhr. Si ricordi, ad esempio, la sua monografia "Il realista delle distanze" (Rubbettino). Da qualche tempo, si sono aggiunte alcune raccolte di scritti da lui curate, come Natura umana e comunità politiche e, da ultimo, insieme a un altro grande esperto di questioni niebuhriane, Giovanni Dessì, "Realismo cristiano e potere politico". Il volume raccoglie dodici scritti che il pensatore americano pubblicò tra il 1934 e il 1963. Alcuni di questi vennero poi inclusi in Christianity and Power Politics (1940) e Christian Realism and Political Problems (1953).

 

Nell’introduzione, Castellin chiarisce come l’espressione “realismo cristiano”, all’apparenza ossimorica, sia per Niebuhr invece cruciale. Il motivo è che senza una corretta antropologia, per come viene fornita dal cristianesimo, l’attitudine realista sia impossibile. L’interpretazione antropologica realista, per Niebuhr, è rinvenibile in sant’Agostino, al cui realismo non a caso dedica un saggio nel 1953. Come ricorda Dessì nella postfazione, Agostino è per l’americano “il primo grande ‘realista’ nella storia occidentale”. Bisogna tornare a lui non solo per rendersi conto che “realismo” e “idealismo” non sono tanto teorie organiche quanto disposizioni o, forse, sensibilità, per usare la terminologia di Christopher Lasch, ma anche perché egli ha fornito un adeguato affresco della realtà sociale. Niebuhr è consapevole dell’ambiguità che contraddistingue l’uomo, mosso, da un lato, da un istinto egoistico e, dall’altro, da una predisposizione altruistica. Al contempo, però, lo è anche di quella tipica della politica, la quale non può muoversi entro un orizzonte di possibilità infinite, quanto piuttosto fare i conti con un mondo plurale e limitato. E’ per questo che essa non può anelare a soluzioni perfette, di stampo utopistico, per questioni complesse: il rischio della tragedia, in tal caso, è dietro l’angolo.

 

L’uomo, afferma Niebuhr in Utopisti moderni (1936), “è un figlio della natura e della finitezza”. E non può esistere teoria che vi sfugga. Dato ciò, prudenza, equilibrio e moderazione costituiscono i poli entro i quali muoversi. Il conflitto, si legge in Idealisti in quanto cinici (1940), non può essere eliminato totalmente, ma solo temperato; la pace perfetta è irrealizzabile come un sogno. Il senso del limite ci può guidare verso l’attenuazione delle incertezze della vita.

   

Reinhold Niebuhr (a cura di L.G. Castellin e G. Dessì)
Realismo cristiano e potere politico
Scholé, 208 pp., 18 euro

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Autore
Il Foglio

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