Passaporti, più tecnologia e meno code. Ecco come cambiano i viaggi

  • Postato il 31 agosto 2025
  • Di Panorama
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Dopo uno sfinente volo internazionale, l’urgenza insopprimibile è lasciare l’aeroporto. Ma anche se si ha avuta l’astuzia di viaggiare con parsimonia, di non spedire il bagaglio, una tappa resta comunque obbligatoria: il controllo del passaporto.
In sempre più Paesi, inclusi i principali scali italiani, sono stati introdotti gli «e-gate», i varchi elettronici che, quando non s’inceppano, evitano la sosta allo sportello davanti a un ufficiale umano.
La frontiera è il riconoscimento facciale, che rende il transito alla frontiera più fluido. Dalla fine dello scorso anno, per esempio, i visitatori di Singapore scansionano il loro documento all’arrivo e, alla partenza, non devono presentarlo. Il volto fa da lasciapassare verso l’area dei decolli.

Mentre la tecnologia avanza, ci sono ambiti in cui il passato resiste, la carta schiaccia ancora il digitale. Succede per la concessione dei visti e degli stessi passaporti, dominio della burocrazia tra bollettini, contrassegni amministrativi e retaggi assortiti di un’epoca che fatica a tramontare.
Il risultato sono intasamenti, attese e una scarsa certezza su quando verrà consegnato quanto richiesto. Un’inchiesta di Altroconsumo pubblicata a dicembre rilevava picchi vicini ai sei mesi per aggiudicarsi un appuntamento in questura.

L’Italia ha compiuto un passo in avanti con Poste Italiane, che accelera la fase iniziale: si consegna la documentazione presso gli sportelli abilitati (i dettagli su Poste.it) e si ottiene una ricevuta in cui è indicato l’ufficio di polizia che gestirà la richiesta.

Dubai e il centro visti del futuro

Fuori dall’Europa, nell’avanzatissima Dubai che al futuro ha dedicato un museo, sono andati oltre. Hanno inaugurato un luogo che sembra un aeroporto avveniristico, dove si arriva per prepararsi a volare, però senza il trolley al seguito.
È il centro richiesta visti di VFS Global (Vfsglobal.com), società specializzata nel supportare le missioni diplomatiche e i governi, aiutandoli a gestire i servizi consolari e l’ampia galassia di obblighi amministrativi legati ai viaggi.

Opera con 3.600 filiali in 158 nazioni, è partner di 69 Paesi (dell’Italia dal 2004), non prende mai decisioni finali ma mette chi deve farlo – i rappresentanti delle autorità pubbliche – nelle condizioni ideali, sfoltendo le imprecisioni e le omissioni compiute dai cittadini desiderosi di partire per studio, lavoro o turismo. In sostanza, s’impegna affinché le domande siano compilate a regola d’arte e provviste dell’intera documentazione a corredo.

Lo dimostra una visita al centro di Dubai, il più grande al mondo, inaugurato da pochi mesi e in grado di gestire 10 mila applicazioni al giorno, nel pieno rispetto della privacy, grazie anche al supporto dell’intelligenza artificiale nell’elaborazione dei dati. È un mosaico di stanze, ognuna con bandiere, grandi fotografie e piccole tracce del Paese che si vuole raggiungere.
Si entra su appuntamento, si accede al livello prescelto, che per i più esigenti include lounge esclusive (come in aeroporto), dove sbrigare la burocrazia degustando un pasto o una bevanda calda.
Si può essere prelevati e riaccompagnati a casa da un autista o, per i più viziati, svolgere tutto a domicilio. In sede c’è un set fotografico, se si è dimenticata la fototessera, aree per stampe e fotocopie, l’occorrente per non maledirsi mai, essere certi di poter smarcare il necessario in una breve fetta di tempo.
La comodità, evidente, è subordinata a un tariffario variabile: si parte dall’equivalente di meno di 10 euro di commissioni per un visto base, il resto è a parte. Compresa la possibilità di farsi assistere nella compilazione o accedere al centro fuori dagli orari di picco.

Viene immediato il paragone con la sanità privata, che supplisce alle inadeguatezze di quella pubblica, spalancando a pagamento la porta di esami e visite: «Ritengo che il raffronto non sia del tutto appropriato» obietta Folco de Luca Gabrielli, ex ambasciatore italiano a Singapore e in Malesia, oggi responsabile account Italia presso VFS Global. «Contribuiamo» sottolinea «a decongestionare il sistema pubblico, rendendo l’intero processo più snello, ordinato ed efficiente, a beneficio dell’utenza nel suo insieme». Come dire: chi sceglie la corsia preferenziale, rende più sgombra la strada principale.

Esternalizzare i passaporti in Italia?

Diverse nazioni europee, tra cui il Regno Unito, i Paesi Bassi e la Lituania, hanno esternalizzato a VFS Global i servizi per il rilascio dei passaporti destinati ai cittadini residenti all’estero. Dovremmo fare lo stesso anche da noi, tramite centri locali ad hoc? «Delegando le attività amministrative di routine a un partner esterno affidabile» risponde Gabrielli «le autorità italiane potrebbero ottimizzare le operazioni e concentrarsi maggiormente sulle responsabilità principali, come la verifica dell’identità e le approvazioni finali». Con un esito misurabile: la riduzione dei tempi di attesa, vecchio cruccio tricolore.

Di sicuro, con un modello simile, richiedere un documento per viaggiare non sarebbe una scocciatura. Se non un piacere, diventerebbe un’incombenza da affrontare con il cuore più leggero.

Autore
Panorama

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