Papa Leone, il credo e la riscoperta di Nicea

  • Postato il 24 novembre 2025
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  • Di Libero Quotidiano
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Papa Leone, il credo e la riscoperta di Nicea

Al cuore del cristianesimo c’è la professione di fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio: è il nucleo del Credo, formula concepita 1700 anni fa, e ripetuta ogni giorno, da allora, nelle celebrazioni di tutto il mondo. Tutto nasce dal primo Concilio ecumenico di Nicea che ha così posto i pilastri, le fondamenta della fede cristiana stessa. E che quasi due millenni di lotte, guerre, scismi, riforme, persecuzioni, non sono riuscite a far crollare. Lo ricorda papa Leone XIV nel documento che porta la data del 23 novembre, a pochi giorni dall’importante e atteso viaggio in Turchia (con la significativa tappa proprio a Iznik, l’antica Nicea) e in Libano, dal 27 novembre al 2 dicembre. Si tratta della Lettera apostolica “In unitate fidei nel 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea” , in cui il Pontefice incoraggia «un rinnovato slancio nella professione della fede, la cui verità» da secoli è «il patrimonio condiviso tra i cristiani», ripercorre la storia del Concilio ed evidenzia il suo «valore ecumenico». I credenti sono dunque invitati a «camminare insieme per raggiungere l’unità e la riconciliazione», lasciandosi «alle spalle controversie teologiche» per «un ecumenismo rivolto al futuro».

Leone XIV tratteggia a grandi linee il complesso lavoro svolto durante il Concilio, in quel fatidico 325, durante «una delle più grandi crisi nella storia della Chiesa del primo millennio», quando imperversava la controversia ariana. I vescovi, convocati dall’imperatore Costantino per ristabilire l’unità nella Chiesa, «espressero» la loro «fede nel Dio uno e unico» e confessarono «che Gesù è il Figlio di Dio in quanto è “dalla sostanza (ousia) del Padre [...] generato, non creato, della stessa sostanza (homooúsios) del Padre”», respingendo, così, «la tesi di Ario». Tra le tante altre dichiarazioni fondamentali venne ribadita l’incarnazione, morte e resurrezione di Cristo, in contrasto alle dottrine gnostiche. Si dichiarò la nascita virginale di Gesù (nacque da Maria Vergine). A tutt’oggi due miliardi e mezzo di cristiani nel mondo- cattolici, ortodossi, armeni, copti, protestanti, evangelici - pronunciano quelle eterne parole del Credo dichiarato a Nicea, e poi ampliato dal Concilio di Costantinopoli nel 381 d.C. Ma quanto consapevolmente? Quanto, nella vita di ogni persona che si professa credente e nella storia universale che stiamo vivendo pesano quelle parole sui cui si è radicata la Chiesa uscita da secoli di persecuzioni e violenze nel tempo dell’impero romano... Il Papa dinanzi alla domanda precisa su «che ne è della ricezione interiore del Credo oggi?», rileva che «per molti, Dio e la questione di Dio non hanno quasi più significato nella vita» e che «i cristiani sono almeno in parte responsabili di questa situazione, perché non testimoniano la vera fede e nascondono il vero volto di Dio con stili di vita e azioni lontane dal Vangelo».

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È accaduto infatti che «si sono combattute guerre, si è ucciso, perseguitato e discriminato in nome di Dio» anziché «annunciare un Dio misericordioso» , onnipotente nell’amore, facendosi testimoni di «un Dio vendicatore che incute terrore e punisce». D’altra parte, si lascia che in molte regioni del mondo i cristiani siano perseguitati e uccisi, nell’indifferenza generale. Tornare a Nicea può essere, dunque, l’occasione per un severo esame di coscienza per i credenti, oltre al forte richiamo all’unità dei cristiani e al superamento delle controversie teologiche. Obiettivo oggi forse meno utopico ma sempre molto difficile da raggiungere, basti solo pensare alle fratture con il mondo ortodosso e alla situazione di crisi creata dalla guerra in Ucraina. Un segnale incoraggiante può essere letto nella conferma che alle celebrazioni previste a Nicea anche il Patriarcato di Mosca farà avere un suo rappresentante. Mentre l’arrivo in Libano del Papa riveste un significato di speranza anche per le tragiche vicende mediorientali.

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Libero Quotidiano

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