“Naomi Campbell mi ha picchiata, me la sono ritrovata addosso. C’era sangue dappertutto. Ho vinto la causa, ma non mi ha chiesto scusa”: lo rivela Yvonne Sciò
- Postato il 14 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Chi ha vissuto gli anni rocamboleschi tra gli 80 e i 90 non può non ricordare il tormentone pubblicitario “Mi ami, ma quanto mi ami?”, con una quindicenne Yvonne Sciò, testimonial della Sip, che poi sarebbe diventata Telecom Italia. Poi la ragazzina più ammirata d’Italia è stata anche tra le protagoniste (per soli tre mesi) del programma cult di Gianni Boncompagni “Non è la Rai”.
“Mi sono pentita di aver rifiutato un contratto lungo: avrei guadagnato tanto, – ha confessato l’attrice a Il Corriere della Sera – ma a quell’età credi negli ideali, i soldi non ti interessano e io avevo paura di chiudermi in una gabbia. Forse è per questo bisogno di libertà che non ho avuto una carriera lineare, ma nella vita non puoi far finta di essere qualcun altro. Dopo, ho fatto una tournée con Mario Monicelli, un film di Nanni Loy con Marcello Mastroianni, ma decisi di trasferirmi a Los Angeles”.
In America poi “provini nei quali partivamo in 400 e poi diventavamo 50. Ho fatto teatro a New York con John Buffalo, il figlio di Norman Mailer, e il video di She’s So High di Tal Bachman, un successo enorme, anche se mi hanno dato due spicci. Ho fatto film e serie che qui non ha visto nessuno, magari piccoli ruoli, ma ne vado fiera. La mia mentore è Fran Drescher, che ha scritto, diretto e interpretato la serie ‘La tata’, venduta in tutti i Paesi: faceva la parrucchiera nel Queens, mi ha sempre detto: devi fare tu, non aspettarti qualcosa dagli altri. Questa è la lezione che mi ha spinto a dirigere e produrmi da sola i miei documentari”.
Tra gli episodi accaduti negli States anche un grande rifiuto: “Perché era Brad Pitt: troppo bello, mi metteva soggezione. La prima volta, a una festa a Los Angeles, lui, dall’altro lato della sala, viene diritto verso di me. Mi guarda e dice: “You look so beautiful”. Io muta, con la mascella aperta. Ogni volta che l’ho visto, mi ha chiesto il numero. Voleva prendere lezioni di italiano e gli consigliai di chiedere al nostro Istituto di Cultura. Pensi che genio”.
E poi la denuncia nel 2005 contro Naomi Campbell per aggressione: “Forse, quella sera era di cattivo umore. È alta due metri, muscolosa, io sono piccolina, me la sono ritrovata addosso, c’era sangue dappertutto. Eravamo amiche da anni, l’avevo raggiunta a Roma dove stava girando uno spot, ma lì disse che volevo rubarglielo: una follia. Le ho fatto causa soltanto perché volevo che si scusasse, ma non si è scusata”.
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