“Mio destro veloce e preciso, da quel momento i suoi occhi mi sono sembrati spenti”: Imparato ricorda il match che ha portato alla morte di De Chiara

  • Postato il 30 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Non c’è giorno in cui l’ex pugile Vincenzo Imparato, detentore del record di otto titoli italiani vinti nei pesi supermedi, non pensi a Fabrizio De Chiara. Il collega e amico scomparso tragicamente nel 1996, poche ore dopo aver condiviso il ring con lui per dodici riprese. “Anche solo per un secondo, ma a Fabrizio penso ogni giorno – racconta Imparato a ilfattoquotidiano.it – Io sono qui, mentre Fabrizio non c’è più. Prima di quel match valevole per il titolo italiano dei medi, ci eravamo già affrontati tra i professionisti e lui allora mi aveva sconfitto. Ma ci conoscevamo ancora da prima, dai tempi dei dilettanti, entrambi in Nazionale. In azzurro abbiamo condiviso tanti ritiri, talvolta anche la stanza”.

Imparato ha ancora in testa il film di quel match fatale. “I primi round sono stati a suo favore, ma sapevo che alla distanza sarei uscito fuori io. Alla settima ripresa, un mio destro veloce e preciso, difficile da vedere anche per l’arbitro, lo ha colpito. I suoi occhi mi sono sembrati da quel momento spenti”. Imparato riflette sulle circostanze che contribuirono alla tragedia: “Un fattore fu probabilmente il peso che allora si faceva il giorno stesso del match, senza quindi la possibilità di recuperare energie per la sera. Fabrizio poi non aveva mai disputato incontri da dodici round, quindi non arrivò gradualmente a quel livello. Non ha sicuramente aiutato il fatto che da Avenza, provincia di Carrara, sia stato portato in ospedale a Pisa, dove è morto il giorno seguente”. Il dolore per la perdita dell’amico fu immenso. “Ho chiamato i genitori prima del funerale e ho portato la bara del figlio. È stato difficile ripartire. O smetti completamente oppure ti fai forza e vai avanti. La boxe non è un gioco, è uno sport rischioso”.

Il giorno seguente alla esequie, Vincenzo è stato ospite di Massimo Giletti a I Fatti Vostri, il servizio si trova su YouTube. Davanti alle telecamere si è dimostrato coraggioso e sofferente. Allora c’erano state polemiche anche perché la Rai aveva trasmesso il match in differita di qualche ora, mentre già si sapeva che Fabrizio era in gravi condizioni. “Sul quadrato hai sempre di fronte un avversario, ma poi tra pugili si diventa amici. Hai visto cos’è successo qualche settimana fa tra Opetaia e Squeo?”, aggiunge Imparato, riferendosi a un recente match in cui la sportività e l’umanità del campione dei cruiser sono emerse dopo che il colpo da ko ha rotto la mandibola in due punti all’italiano, costretto ad operarsi in Australia. Opetaia gli ha dato tutto il supporto possibile pre e post intervento.

Ma se i pugili sono la parte sana di questo sport, la triste vicenda di De Chiara ha deluso molto il ragazzo nato a Vigevano. Ancora oggi è molto critico verso alcuni aspetti del mondo della boxe. “Ad esclusione dei pugili, al resto dei personaggi che gravitano in questo mondo, con delle eccezioni ovviamente, interessa solo dei soldi e pochissimo dell’essere umano”. Imparato ha continuato a combattere fino 2009, poco prima di compiere quarant’anni, dopo una carriera che lo ha visto protagonista in 41 incontri (con 26 vittorie, 13 sconfitte e 2 pareggi), sempre con il maestro Ciro Converti della Boxe Vigevano al suo angolo. Tra i suoi successi spiccano i titoli italiani vinti o mantenuti nei pesi supermedi, un vero record per la categoria. Nel complesso sono stati sedici i titoli italiani che ha disputato, in tre categorie diverse. Oltre a parecchi altri match valevoli per cinture internazionali.

Imparato ne ricorda alcuni. “Quello a cui sono più legato è il primo con Pompilio, un pugile forte ed esperto. Sono andato giù ma mi sono ripreso e ho vinto. L’ultimo match invece è stato con Versace, ho perso senza prendere neanche un pugno. L’arbitro ha fermato l’incontro senza motivo, l’avversario aveva un problema alla spalla e probabilmente non sarebbe arrivato alla conclusione. Era un giovane su cui si puntava, io ormai all’ultimo match. Mi è dispiaciuto molto concludere così una lunga carriera. Sono anche arrivato a fare 12 round con il campione del mondo, il tedesco Beyer, la maggior parte di essi con un timpano perforato da un suo colpo, ma ho resistito fino alla fine”.

La sua visione del pugilato italiano, dall’osservatorio di Staten Island, New York, dove vive oggi, è chiara: “Gli italiani non praticano più la boxe, non si guadagna abbastanza. Questo è uno sport che raramente viene praticato dai benestanti. Io parallelamente alla mia carriera professionistica, ho sempre lavorato in Telecom, poi con i soldi guadagnati ho aperto un bar”. La situazione non è molto diversa negli Stati Uniti. “Anche qui negli Usa, i pugili non si trovano a Manhattan, ma nei quartieri più complicati”.

Continua il racconto, Imparato. “Non ho mai cantato vittoria prima del tempo. Non mi sono mai esaltato, sono sempre stato con i piedi per terra. Non si diventa campioni, prima di esserlo davvero. Un tempo il professionismo era una cosa seria. Ricordo che per un match potevi guadagnare anche 20 milioni di lire. Dopo le Olimpiadi di Barcellona, quando ho fatto la riserva di Tommaso Russo, potevo entrare nei Carabinieri e prepararmi per i Giochi di Atlanta, ma ho preferito passare pro. Oggi non so come mi sceglierei”. Dagli Stati Uniti, dove è con la famiglia ormai da quindici anni, Imparato torna in Italia ogni 12 mesi circa. Quando andrà in pensione, spera di frequentare più spesso il suo Paese natale, magari trascorrendo qualche mese al mare. Ha intrapreso una nuova carriera come agente di commercio nel settore del caffè, anche se ormai è stanco di insegnare ai baristi americani come si prepara, limitandosi quasi sempre solo alla consegna del prodotto. “Gli italiani lo sanno fare bene – dice riferendosi al caffè – il barista è una professione, ma in America è una figura precarissima, spesso ricoperta da studenti per pagarsi l’università. L’ambizione qui è diventare manager di un’azienda“.

Nonostante la sua passione per la boxe, Vincenzo non ha mai spinto le sue due figlie verso questo sport, anzi, sarebbe stato pronto a dissuaderle. “No, non sarei stato contento, questo è uno sport bellissimo ma tanto duro“.

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