Migranti in Albania, uno già rientrato: non andava trasferito. Tra quelli rimasti c’è chi ha figli italiani

  • Postato il 14 aprile 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Quello trasferito nel centro per il rimpatrio (cpr) di Gjader, in Albania, è un mosaico di vite difficile da ricostruire. A differenza dei richiedenti asilo trasferiti nei mesi scorsi e subito riportati in Italia, gli stranieri sbarcati venerdì, tutti irregolari in attesa di rimpatrio, hanno percorsi diversi e differente sarà, probabilmente, il loro destino. Uno di loro, intanto, è già rientrato in Italia. Un ragazzo di 22 anni del Bangladesh, richiedente asilo almeno fino a dicembre e più di recente trattenuto nel cpr di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), da dove è stato portato a Brindisi per il trasferimento per l’imbarco sulla Nave Libra della Marina Militare. Ma una volta arrivato, sarebbe emerso un “problema legale”, è stato spiegato ai parlamentari italiani per giustificare l’imbarazzo di un foglio presenze che indicava 39 persone su 40 trasferite. E infatti il ragazzo non ha passato la notte nell’area destinata a cpr, ma in locali separati e l’indomani è ripartito. Senza le delegazioni sul posto di attivisti, legali e parlamentari, sarebbe passato tutto sotto silenzio. Il “problema”, a quanto risulta al Fatto, sarebbe la sospensiva della procedura di espulsione. Sospensiva legata al ricorso contro la bocciatura della domanda di protezione. Così fosse, il governo avrebbe deportato un richiedente asilo illegalmente, oltretutto coi polsi legati per almeno dieci ore.

Un elemento, questo della prolungata coercizione, che gli avvocati delle persone trasferite potrebbero evidenziare nelle future iniziative legali. Qualunque cosa intenda il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi con “pratica normalissima”, quanto accaduto pare disattendere le stesse direttive ministeriali (che citano quelle comunitarie) che non consentono la coercizione come misura preventiva, ma solo in caso di opposizione al rimpatrio del singolo individuo, fatti salvi i principi di necessità e proporzionalità e non per l’intero tempo del trasferimento. “A quanto riferito dai miei quattro assistiti, alla partenza da Brindisi non ci sarebbe stata alcuna ribellione, nessuna opposizione nonostante la totale mancanza di informazioni su quanto stesse accadendo, compresa la destinazione”, racconta al Fatto l’avvocata Rosa Guerra del foro di Bari, che si trovava in Albania per ragioni personali quando è stata contattata dal gestore del centro di Gjader a nome di quattro suoi assistiti, fino ad allora trattenuti nel cpr di Bari. Hanno precedenti penali e pene già scontate, e si trovavano nel cpr barese per non aver ottemperato a decreti di espulsione datati. “Due sono in Italia da più di 20 anni, uno è arrivato quando era bambino. Irregolari da alcuni anni, da quando i precedenti hanno impedito loro il rinnovo del permesso”, racconta Guerra. “Hanno genitori, fratelli e sorelle in Italia, tutti regolarmente residenti, che si sono allarmati perché il parente non rispondeva più al telefono che nel cpr di Bari è concesso mentre in Albania no”. L’avvocata Donatella Tanzariello, a Gjader con la delegazione del Tavolo asilo e immigrazione, a Gjader ha parlato con un uomo in Italia da 30 anni, con una compagna italiana, madre dei loro due figli, entrambi italiani. Impossibilità a rinnovare il permesso, lavori in nero e tuttavia, ha raccontato l’uomo, “una vita ordinaria, inserita in una comunità dove tutti mi conoscono: nel mio Paese non ho più nessuno, non saprei nemmeno dove andare”.

L’avvocata Guerra ricorda, ed è bene non dimenticarlo se si ha a cuore lo Stato di diritto, che si tratta di persone che hanno già estinto il loro debito con la giustizia. E che nonostante la profilazione criminale di alcuni trasferiti rilanciata dal ministro Piantedosi, quello nei cpr è un trattenimento amministrativo giustificato esclusivamente dalla condizione di irregolarità subordinata all’effettiva possibilità di rimpatriare la persona. Che per stessa ammissione del Viminale, è ancora da appurare per la maggior parte delle persone trasferite in Albania, compresa identificazione e collaborazione del rispettivo Paese d’origine che dovrà fornire il nulla osta al rimpatrio. Rimpatrio che, ha confermato al Fatto il Viminale, non potrà mai avvenire dall’Albania, ma solo dopo il preventivo rientro in Italia. Ma per alcuni il rientro potrebbe anche avvenire per altri motivi e prima di quanto si creda. “Due dei miei assistiti erano trattenuti a Bari da oltre due mesi, sono quindi prossimi al limite dei 90 giorni. A quel punto per prolungare la permanenza dovrà intervenire la proroga del giudice di pace”, spiega Guerra. E si dovrà tener conto dell’effettiva possibilità di rimpatrio. Ma come è noto, i Paesi d’origine che collaborano non sono molti, anzi. Ma ancor prima gli avvocati dei trasferiti potrebbero presentare istanza di riesame del trattenimento, anche alla luce delle condizioni di trasferimento e di trattenimento.

Le difficoltà a comunicare con i familiari e così le limitazioni a conferire col proprio avvocato di fiducia, potrebbero evidenziare il peggioramento delle condizioni di trattenimento. Non solo. I legali che vorranno presentare istanza di riesame non potranno rivolgersi al giudice naturale, quello che aveva convalidato il trattenimento nei cpr in Italia. Perché la competenza passa ai giudici di pace di Roma. Il trasferimento di competenze che esautora il giudice naturale per le istanze di proroga o di riesame del trattenimento è già stato segnalato dall’Asgi come possibile violazione della Costituzione. Per di più “in assenza di un provvedimento motivato da parte della Pubblica Amministrazione e senza criteri predeterminati dalla legge”. In altre parole, è la stessa Pubblica Amministrazione a scegliere il giudice competente a decidere, in evidente violazione del principio del giudice naturale e precostituito per legge sancito dall’art. 25 della Costituzione. Cosa che avviene anche coi trasferimenti tra cpr in Italia, ma che qui va letta con l’aggravante delle altre criticità: impossibilità a ricevere visite, tutela della salute non equivalente, minori possibilità di accesso a informazioni e tutela legale, e ostacoli alla richiesta di asilo; modalità di convalida del trattenimento a distanza che limitano l’effettività dei colloqui con il difensore, e difficoltà eccessive nel proporre ricorso per Cassazione dall’Albania; dubbia conformità con il diritto dell’Unione Europea, in particolare con la Direttiva Ue 115/2008 sui rimpatri, per quanto riguarda l’applicazione extraterritoriale e la concreta esercitabilità delle garanzie previste. Insomma, le cose potrebbero evolvere in modi ancora inaspettati.

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Il Fatto Quotidiano

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