Michelstaedter ha lacerato la modernità. Cioran l’ha seppellita
- Postato il 22 novembre 2025
- Antropologia Filosofica
- Di Paese Italia Press
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Pierfranco Bruni
Incoerenza e confusione. Sono due stilemi che caratterizzano questa nostra epoca. Sono il contrario di coerenza e ordine.
Un intreccio che chiama in causa due concetti filosofici: persuasione e retorica. Temi che entrano nella dimensione del post spirituale.
Soprattutto con Carlo Michelstaedter sulla quale problematica ha dedicato la sua tesi di laurea e successivamente pubblicata in un testo riferimento che supera la “logica” della ermeneutica espistemologica.
Da poeta Michelstaedter entra nella dimensione fenomenologica ponendo al centro l’uomo come vissuto di un esilio che attraversa le macerie di un’epoca, quella dell’Ottocento, per consegnarle a quella età delle ideologie moderno. Ovvero il Novecento.
Nella persuasione vive la coerenza come punto ultimo. Nella retorica il convitato porta alla esibizione tra linguaggio e comportamento.
Michelstaedter si ferma ai primi dieci anni del Novecento ma passa come Giovanni Papini dell’infinito al finito. L’uomo trascina la propria esistenza intorno alla consapevolezza del vivere come fine dentro la morte.
Vita e morte della sua poesia diventa il binomio fondamentale della morte come vita? Non arriva a definire questo interrogativo perché conosce la solitudine della disperazione e anticipa l’inconveniente di essere nati di Cioran.
Cosa hanno in comune? L’indagine nelle rovine di una civiltà che diventa il mosaico delle macerie della modernità.
Michelstaedter la annuncia. Cioran la disperde e la recupera rinchiudendola nella caduta in un processo di dissolvenza.
L’uomo moderno comunque è senza la capacità della persuasione e non comprende cosa possa essere la retorica. Il moderno non un tempo storico.
È un tempo che denigra il contemporaneo. I popoli muoiono nella modernità e le civiltà si suicidano perché smarriscono la tradizione.
La modernità non ha tradizione. Ha soltanto caos.
Dal caos non si esce se non ridotti in frammenti di macerie. Michelstaedter aveva individuato ciò. Cioran lo ha precisato. Michelstaedter ha lacerato la modernità. Cioran l’ha seppellita.
…

Pierfranco Bruni è nato in Calabria. Archeologo, direttore del Ministero dei Beni Culturali e, dal 31 ottobre 2025, membro del CdA dei Musei e Parchi Archeologici di Melfi e Venosa, nominato dal Ministro della Cultura; presidente del Centro Studi “Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 è stato Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura:
Presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
Presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
Segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse” e presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con studi su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e sulle linee narrative e poetiche del Novecento che richiamano le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale esplora le matrici letterarie dei cantautori italiani e il rapporto tra linguaggio poetico e musica, tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
Studioso di civiltà mediterranee, Bruni unisce nella sua opera il rigore scientifico alla sensibilità umanistica, ponendo al centro della sua ricerca il dialogo tra le culture, la memoria storica e la bellezza come forma di identità.
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