Maggioranza spaccata sul “contributo” dalle banche. E Tajani boccia la rottamazione leghista: “Meglio spendere per la sanità”

  • Postato il 28 settembre 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La gestazione della legge di Bilancio entra nel vivo e fa emergere plasticamente tensioni e divisioni interne alla maggioranza. Da un lato Forza Italia, schierata in difesa delle banche e contraria a qualsiasi prelievo sugli extraprofitti, dall’altro la Lega che insiste sulla necessità di finanziare l’ennesima rottamazione delle cartelle esattoriali (che senza paletti costerebbe 5 miliardi) e per farlo punta proprio su un contributo” da parte degli istituti di credito. Matteo Salvini ha dalla sua il fatto che proporre un balzello sui maxi utili bancari è misura popolare, per quanto fin qui si sia tradotta in un mero anticipo di liquidità, e non può permettersi di cedere anche su questo dopo aver dovuto platealmente rinunciare alla promessa “cancellazione della Fornero“.

Il vicepremier leghista sabato aveva rilanciato: “Un italiano su due ha una cartella dell’Agenzia delle entrate, parliamo di cittadini, artigiani e imprenditori in difficoltà. Con le risorse delle banche possiamo aiutare 20 milioni di italiani e fare in modo che lo Stato incassi somme altrimenti irrecuperabili”. Concetto rafforzato da Alberto Gusmeroli, responsabile Fisco della Lega e padre della proposta di legge che consentirebbe di spalmare il dovuto su 120 rate, secondo cui “si sana il passato, si paga l’anno in corso e si aumenta la fiducia nell’economia”.

Ma Forza Italia non ci sta. Dal palco della festa azzurra a Telese, Antonio Tajani ribadisce per l’ennesima volta la contrarietà a nuove imposte sugli istituti di credito: “Finché saremo al governo, non ci saranno mai tasse sugli extraprofitti” che peraltro “nessuno sa cosa sono” ed “è una cosa da Partito comunista dell’Unione sovietica. Senza contare che “se io faccio una vessazione contro le banche”, compresa la Mediolanum che fa capo al gruppo della famiglia Berlusconi, “spavento i mercati e nessuno viene più a investire in Italia”. Poi il vicepremier e ministro degli Esteri si erge a paladino del fisco per sottolineare che “la rottamazione delle cartelle costa 5 miliardi e premia chi non ha pagato“. Con supremo sprezzo del pericolo, se si considera la condanna definitiva di Silvio Berlusconi per frode fiscale e i contenuti del ‘Manifesto della libertà‘ presentato proprio oggi da FI, che in memoria del fondatore definisce le tasse “male necessario“. Tant’è: la pace fiscale non s’ha da fare, “meglio spendere per la sanità e detassare i redditi più bassi, che non costa granché”.

Fratelli d’Italia continua invece a lavorare per il tante volte evocato taglio della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33%, pensato per sostenere il ceto medio, che piace anche a Forza Italia. Ma il proposito di estendere il beneficio ai redditi fino a 60mila euro – attualmente il 35% si applica sullo scaglione dai 28.000 ai 50.000 euro, mentre oltre scatta il 43% – sembra sfumare per problemi di coperture.

A tirare le somme dovrà essere il Tesoro, dove si lavora ai numeri del Documento programmatico di finanza pubblica da approvare mercoledì, che dovrà tradurre in cifre promesse e compromessi di una maggioranza profondamente divisa.

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