L’Italia esporta sempre più armi: +138% e sale al sesto posto. Ora è il secondo maggiore fornitore del Medio Oriente. Il report Sipri

  • Postato il 10 marzo 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un aumento delle esportazioni di armi del 138%. È quanto registrato dall’Italia nel periodo 2020-2024 rispetto al quinquennio precedente, passando così dal decimo posto al sesto tra gli Stati che esportano di più al mondo. Un dato che emerge dal report diffuso dall’Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca della Pace (Sipri). Secondo i dati dell’istituto internazionale indipendente, fondato nel 1966, dall’Italia oggi arriva il 4,8% delle armi importate nel mondo, contro il 2,1% del periodo 2015-2019. L’Ucraina, negli anni della guerra, è diventata il più grande importatore mondiale di armi pesanti, mentre gli Stati europei spingono sempre più sul riarmo, con gli Stati Uniti che hanno ulteriormente aumentato la loro quota di esportazioni globali di armi al 43 percento.

In questo contesto l’Italia è il Paese che ha registrato nel quinquennio la maggiore variazione nel volume delle esportazioni di armi rispetto al periodo 2015-19: più 138% rispetto al 29% di aumento della Spagna, il +21% degli Usa e e il +11% di esportazioni delle Francia. Se nel report di Sipri del 2021 l’Italia si posizionava al decimo posto tra i principali esportato di armi al mondo, adesso è sesta superando Corea del Sud, Israele, Spagna e Regno Unito. Al primo posto si confermano gli Stati Uniti, seguiti da Francia e dalla Russia (scesa al terzo posto, con le sue esportazioni diminuite del 64 percento). Quarta la Cina e quinta la Germania.

I principali destinatari delle esportazioni di armi italiane sono il Qatar (28%), l’Egitto (18%) e il Kuwait (18%). La quota maggiore delle esportazioni di armi dell’Italia (il 71%) è andata agli Stati del Medio Oriente. Nella regione, infatti, l’Italia è il secondo maggiore fornitore, con il 13 percento delle importazioni totali di armi del Medio Oriente, preceduta solamente dagli Stati Uniti che forniscono, invece, più della metà degli armamenti (il 52%). Tra i maggiori importatori di armi, l’Italia è il secondo principale fornitore di Qatar (con una quota del 20% sulle importazioni totali), Egitto (27%), Kuwait (29%), Paesi Bassi (0,7%), Turchia (24%), e Taiwan (1,2%): mentre è il terzo più importante fornitore della Polonia (con il 3,5% delle importazioni), di Israele (1%), della Norvegia (2,4%) e del Brasile (11%).

Se l’Italia aumenta le esportazioni, diminuisce invece il numero di armi acquistate nell’ultimo quinquennio: le importazioni sono diminuite del 27%, con la quota che passa dall’1,5% globale all’1,1% posizionando il Paese al 24esimo posto tra gli importatori. I principali fornitori dell’Italia sono, ovviamente, gli Stati Unito con il 94% degli acquisti. Seguono Germania con il 2% e il Regno Unito con l’1,5%.

L’invasione da parte della Russia ha portato l’Ucraina a diventare il più grande importatore mondiale di armi nel quinquennio (con le importazioni aumentate di quasi 100 volte rispetto al 2015-19). Ma quello che si evince dal report di Sipri è anche la corsa al riarmo europea con un aumento significato delle importazioni: “I nuovi dati sui trasferimenti di armi riflettono chiaramente il riarmo in atto tra gli stati in Europa in risposta alla minaccia proveniente dalla Russia”, ha affermato Mathew George, direttore del programma sui trasferimenti di armi del Sipri. Intanto i membri europei della Nato hanno più che raddoppiato le importazioni di armi tra il 2015-19 e il 2020-24 (+105 percento), aumentando la dipendenza dalle armi fornite dagli Usa: gli Stati Uniti, infatti, ne hanno fornito il 64%, una quota sostanzialmente maggiore rispetto al 2015-19 (52%). Gli altri principali fornitori sono stati Francia e Corea del Sud (che rappresentano il 6,5 percento ciascuna), Germania (4,7 percento) e Israele (3,9 percento). “Con una Russia sempre più belligerante e relazioni transatlantiche sotto stress durante la prima presidenza Trump, gli stati europei della Nato hanno preso misure per ridurre la loro dipendenza dalle importazioni di armi e rafforzare l’industria europea delle armi”, ha affermato Pieter Wezeman, ricercatore senior del Sipri Arms Transfers Programme. “Ma la relazione transatlantica di fornitura di armi ha radici profonde. Le importazioni dagli Usa – spiega – sono aumentate e gli Stati europei della Nato hanno quasi 500 aerei da combattimento e molte altre armi ancora in ordine dagli Usa”.

Così, per la prima volta in due decenni, la quota maggiore delle esportazioni di armi statunitensi nel 2020-24 è andata all’Europa (35%) anziché al Medio Oriente (33%). Il volume complessivo dei trasferimenti di armi a livello globale però è rimasto più o meno allo stesso livello del 2015-19 e del 2010-14, perché l’aumento delle importazioni in Europa e in America è stato compensato da diminuzioni in altre regioni. I primi 10 esportatori di armi nel 2020-24 erano gli stessi del 2015-19, ma la Russia (che rappresenta il 7,8% delle esportazioni globali di armi) è scesa al terzo posto dietro la Francia (9,6%). “La guerra contro l’Ucraina ha ulteriormente accelerato il calo delle esportazioni di armi della Russia perché sono necessarie più armi sul campo di battaglia, le sanzioni commerciali rendono più difficile per la Russia produrre e vendere le sue armi e gli Stati Uniti e i suoi alleati fanno pressione sugli Stati affinché non acquistino armi russe”, ha sottolineato Pieter Wezeman.

Infine, nonostante la guerra in corso a Gaza, le importazioni di armi da parte di Israele sono rimaste sostanzialmente stabili. Nel 2020-24 gli Stati Uniti hanno fornito la quota maggiore delle importazioni di armi di Israele (66%), seguiti dalla Germania (33%) e dall’Italia (1%). In tutto questo “gli Usa sono in una posizione unica quando si tratta di esportazioni di armi. Con il 43 percento, la loro quota di esportazioni globali di armi è più di quattro volte superiore a quella del secondo maggiore esportatore, la Francia”, ha ribadito Mathew George, sottolineando che gli Stati Uniti continuano a essere il fornitore preferito “per capacità di attacco a lungo raggio avanzate come gli aerei da combattimento”.

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