La vita potrebbe nascere dalle tempeste solari: il mistero cosmico che riscrive le origini dell’universo
- Postato il 31 ottobre 2025
 - Di Panorama
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Le tempeste solari, fenomeni che siamo abituati a considerare negativi per i loro effetti su tutto ciò che sulla Terra è elettrico, potrebbero invece favorire la nascita della vita sui pianeti. Anche noi umani potremmo essere la conseguenza di uno di questi eventi.
Le esplosioni stellari che creano la vita
Ecco come: per la prima volta è stata osservata nella sua interezza un’espulsione di massa coronale del Sole anche su un’altra stella, rivelando che quando queste violente esplosioni si verificano su stelle giovani, esse contengono abbastanza energia da poter innescare la chimica della vita su qualsiasi pianeta in orbita. E le stelle giovani possono essere molto più “tumultuose” di quelle più vecchie, almeno secondo la fisica che conosciamo. Del resto, durante gli anni di formazione del nostro Sole, esso pare emettesse brillamenti di radiazione ed espulsioni di massa coronale molto più potenti e frequenti rispetto a quanto accade oggi.
Cosa accade durante un’espulsione di massa coronale
Un’espulsione di “massa coronale” e il conseguente brillamento si verificano quando le linee del campo magnetico del Sole o di un’altra stella si spezzano rilasciando un’enorme quantità d’energia prima che le linee stesse si riconnettano. Tale energia si manifesta come un aumento della luminosità sulla superficie del Sole o della stella e può sollevare un’enorme nube di plasma direttamente dalla corona, ovvero lo strato esterno ultra-caldo della sua atmosfera.
Come si osservano le Cme sulle stelle lontane
L’umanità ha imparato a osservare tale fenomeno (in sigla definito Cme), quando avviene sul nostro Sole, ma su stelle lontane essi sono più difficili da individuare. Ciononostante, i telescopi terrestri che osservano le lunghezze d’onda tipiche dell’idrogeno-alfa (atomi d’idrogeno legato a un atomo di carbonio alfa), hanno rilevato plasma freddo e a bassa energia emesso da stelle giovani durante le Cme. E il passo successivo a questo, per gli scienziati, è stato quello di cercare il rilascio di Cme delle stelle giovani.
Il caso di EK Draconis
Lo sta facendo la squadra internazionale di astronomi guidato dal professor Kosuke Namekata dell’Università di Kyoto analizzando una giovane stella simile al Sole: si chiama EK Draconis e si trova a 112 anni luce dalla Terra nella costellazione del Drago. Si ritiene che essa abbia un’età compresa tra 50 e 125 milioni di anni, considerata molto giovane per una stella destinata a esistere per miliardi di anni. Ha una massa di 0,95 rispetto al Sole e mostra una temperatura superficiale molto vicina a quella della nostra stella. Ma è ovvio che la distanza tra noi e EK Draconis ci fa osservare un evento ben 112 anni dopo che esso è accaduto.
Le parole del professor Namekata
Intervistato dalla rivista Nature, Namekata ha dichiarato: “Ciò che ci ha ispirato di più è stato il mistero di come la violenta attività del giovane Sole abbia influenzato la Terra nascente; combinando i dati provenienti da osservatori situati Giappone, Corea e Stati Uniti siamo stati in grado di ricostruire che cosa potrebbe essere accaduto miliardi di anni fa nel nostro sistema solare.”
L’osservazione con Hubble, Tess e i telescopi terrestri
La squadra dello scienziato nipponico ha eseguito osservazioni simultanee di EK Draconis con il Telescopio Spaziale Hubble, con il Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa e con tre telescopi terrestri posizionati in Giappone e Corea. Le osservazioni di Hubble sono state effettuate in luce ultravioletta, il che ha permesso di rilevare le componenti ad alta energia di una Cme, mentre i telescopi terrestri hanno tracciato il plasma più freddo attraverso la sua emissione di idrogeno-alfa. Infine Tess ha osservato l’aumento di luminosità causato dal brillamento associato.
Le scoperte e la loro importanza
La visione ultravioletta di Hubble ha rilevato una nube di plasma caldo con una temperatura di 100.000 gradi Kelvin (180.000 gradi Fahrenheit). L’entità dello spostamento Doppler nelle linee spettrali ultraviolette della stella indicava che il plasma caldo era stato espulso a una velocità compresa tra 300 e 550 chilometri al secondo (da 670.000 a 10000 km/h). 1,2 milioni di miglia orarie). Dieci minuti dopo, è apparso un pennacchio di gas più freddo a circa 100.00, gradi °C), che si muoveva più lentamente a 70 chilometri al secondo.
La componente calda della Cme trasportava molta più energia del plasma più freddo e questa energia rilasciata regolarmente sarebbe abbastanza significativa da innescare reazioni chimiche nell’atmosfera di un pianeta, producendo gas serra in grado di mantenere caldo il clima, oltre a scomporre le molecole atmosferiche in modo che possano riformarsi in molecole organiche complesse. Queste, di conseguenza, potrebbero potenzialmente fungere da elementi costitutivi della vita.
Il ruolo delle stelle nell’origine della vita
I risultati di tale ricerca sono stati pubblicati il 27 ottobre sulla rivista Nature Astronomy, dove la considerazione finale della scoperta è che le osservazioni sono una rara rivelazione sul ruolo che le stelle possono svolgere nell’origine della vita. Ruolo che il nostro Sole potrebbe aver avuto 4,5 miliardi di anni fa e che altre stelle potrebbero svolgere oggi.