La scelta del killer, il luogo dell’omicidio, il ritrovamento dell’auto: così il capo ultras ha organizzato l’assassinio del suo socio-rivale
- Postato il 10 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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A conti fatti, la storia recente della Curva Nord dell’Inter si porta in tasca due omicidi. O forse tre se si va alla notte di Santo Stefano del 2018, quando durante gli scontri prima di Inter-Napoli muore travolto da una macchina l’ultras nerazzurro Daniele Dede Belardinelli. Ma in realtà la macabra contabilità sarebbe dovuta arrivare a cinque, perché nei piani di Marco Ferdico dopo Vittorio Boiocchi doveva morire anche l’ex amico Andrea Beretta e molto probabilmente il suo killer. A sparare al Berro doveva essere Daniel D’Alessandro, il Bellebuono ormai uomo chiave di questo romanzo criminale. Ad ammettere il piano per la prima volta davanti al pubblico ministero Paolo Storari è lo stesso Ferdico che aggiunge alla novità un altro particolare inedito: Beretta doveva essere ucciso in Toscana e non, come emerso fino ad ora, nelle campagne attorno a Pioltello, comune di adozione di molti personaggi della Nord. Quel piano sarà poi svelato in anticipo da Bellebuono a Beretta, il quale, la mattina del 4 settembre 2024 uccide a coltellate Antonio Bellocco considerandolo tra gli ideatori del progetto omicida nei suoi confronti. Ferdico però, ed è un terzo inedito, scagiona il giovane boss della cosca di Rosarno. Spiega che Toto Bellocco era contrario. Tante novità insomma, rivelate il 9 settembre scorso.
Sono le 9,30 e al sesto piano della Procura nell’ufficio del pm Storari viene accompagnato Marco Ferdico. Ancora non lo sa, e certo lo sospetta, da lì a pochi giorni il giudice, accogliendo la richiesta di giudizio immediato, lo manderà a processo con altri per l’omicidio di Vittorio Boiocchi. Questa mattina però Ferdico sembra nervoso. O almeno lo è più del solito. Da quando ha iniziato gli interrogatori, ammettendo gli addebiti e non certo collaborando, si è sempre mostrato fermo, spiegando in modo chiaro e intelligente i fatti. Oggi però, l’ombra dell’ergastolo gli pesa forse più del solito. Sa che deve dire tutto, non nascondere. Storari sta davanti a lui e non parla. Solo dice: “Cosa vuole riferirmi che nel corso dei precedenti interrogatori non mi ha riferito? E nel caso in cui vi sia qualcosa ancora da riferire, perché fino ad oggi non me l’ha riferito?”. Insomma, la posizione del magistrato è dura. Ferdico lo sa bene e subito ammette: “Avevo manifestato la chiara volontà di ucciderlo”. E però è meglio partire dall’inizio. Come al solito e quando vuole Ferdico segue la logica e va dritto al punto. Sa che sta per svelare l’ultimo capitolo. Sa che deve dire tutto quantomeno per scampare all’ergastolo. E sul tavolo, qui al sesto piano con vista sul Duomo, mette i nomi: certo c’è Bellebuono, poi aggiunge tale Pinna. Ma è un soprannome, lui si chiama Giuseppe P. Se D’Alessandro non se la fosse sentita doveva essere Pinna a sparare a Beretta. Del resto in passato lo aveva già fatto, regolando conti nel traffico di droga a Quarto Oggiaro. Quindi chiude con tale Ambro Cn69.
Sospira ancora un po’, poi Ferdico inizia: “Già da tempo mi ero accorto che Beretta non manteneva i patti stipulati dapprima solo con me, con riguardo alla gestione della curva, e poi anche con Bellocco rispetto alla suddivisione dei guadagni che derivavano dall’utilizzo del marchio curva Nord Milano. In pratica c’eravamo accorti che dal negozio di merchandising Beretta sottraeva soldi senza dividerli con noi. Le somme erano cospicue, io credo che solo per la partita di Champions League (quella persa contro il Manchester City a Istanbul, ndr), facendo due conti, abbia sottratto minimo 400mila euro”. Poi precisa: “In un anno Beretta dal merchandising aveva guadagnato 400mila euro senza dividerli con noi due. Questo mi aveva fatto molto arrabbiare e in più occasioni, parlando con Bellocco, D’Alessandro, presente anche mio padre, avevo manifestato la chiara volontà di ucciderlo”. Il punto è fissato, Ferdico ammette e confessa la sua paura rispetto alle reazioni che potesse avere la cosca Bellocco. In sostanza se il denaro non entrava poteva anche essere colpa di Ferdico: “Ero sostanzialmente esasperato in quanto, oltre al profilo del denaro che ci era stato sottratto, avevo paura che i Bellocco pensassero che io partecipavo con Beretta a questa sottrazione e che fossi d’accordo con quest’ultimo, o comunque loro potevano pensarlo, con tutti i rischi che questo comportava per me. Questo è stato un mio pensiero, Bellocco non me l’ha mai manifestato”.
Quindi l’ex capo della Curva Nord oggi a processo per omicidio aggravato dal metodo mafioso svela il piano per fare fuori il Berro: “Parlavo anche con i miei interlocutori di come uccidere Beretta. Pensavo di ucciderlo e portare la macchina a Nizza simulando una sua scomparsa. Pensavo di ucciderlo in Toscana, dove lui andava in vacanza. Bellocco si opponeva a questa mia volontà, aveva timore che un omicidio potesse generare problemi sulla gestione dei ricavi della curva e comunque ci potesse essere tolta la curva. Secondo Bellocco la tematica si poteva risolvere in una maniera diversa”. Ma chi avrebbe dovuto sparare a Beretta una volta narcotizzato? Ferdico risponde e qua aggiunge l’ipotesi di un altro omicidio, quello del killer: “Nei miei progetti che manifestavo ai miei interlocutori l’ esecutore dell’omicidio avrebbe dovuto essere D’Alessandro e poi nei miei progetti vi era anche che, dopo l’uccisione di Beretta, D’Alessandro avrebbe dovuto sparire. Questa era una ipotesi che io facevo ovviamente non alla presenza di D’Alessandro”. Un’ipotesi che lo stesso Bellebuono intuisce tanto da raccontarla alla Squadra Mobile. Ed è forse anche per questo che i giorni prima del 4 settembre, giorno in cui Beretta uccida Bellocco, D’Alessandro andrà a raccontare tutto a Beretta: “Pertanto – va avanti Ferdico – posso pensare che quando D’Alessandro è andato ad avvertire Beretta dei progetti omicidiari, come ho letto nelle carte, lo avesse fatto anche perché aveva paura di essere lui il prossimo destinatario dell’omicidio oltre Beretta. Non vedo, almeno che io sappia, altri motivi di questa iniziativa”.
Comunque sia, Ferdico nel caso Bellebuono si fosse tirato indietro come poi farà, aveva una seconda scelta, quel Giuseppe. P che nel 2018 in via Arisa a Quarto Oggiaro aveva gambizzato uno spacciatore. “Mi ero già rivolto a tale Pinna (Giuseppe P., ndr), che lavorava in una carrozzeria e la notte tornava a Bollate. Effettivamente io ho proposto a P. l’omicidio Beretta e lui si è dichiarato disponibile, ma impossibilitato a farlo in quanto in quel momento sottoposto a una misura alternativa alla detenzione perché durante il giorno lavorava in una carrozzeria e la sera tornava in carcere a Bollate. Ho proposto l’uccisione di Beretta a P. in più occasioni e in una di queste era presente anche mio papà. Mio papà quando parlavo di uccidere Beretta non manifestava contrarietà”. Ora su Giuseppe P. pesa un piccolo mistero. Nel luglio scorso nel quartiere di Bruzzano in via Danubio davanti ai portici delle case popolari un soggetto ha esploso sei colpi di pistola in aria. L’ipotesi è che sia stato lo stesso P. Sul caso indaga la Squadra Mobile e al momento non si comprende il motivo di un tale gesto. Detto questo, il verbale di Ferdico volge rapidamente al termine. Ha detto tutto? Non proprio perché all’ultima domanda del pm Storari risponde così: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”. La domanda è questa: “Corrisponde al vero che Bellocco le ha sottratto una somma di circa 100mila euro per una vicenda attinente al traffico degli stupefacenti?”. Insomma, la storia criminale della Curva Nord non sembra affatto terminata.
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